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nittoultimodi Redazione 19luglio1992.com
C'è un episodio, raccontato anche nel libro di Benny Calasanzio Borsellino (Capitano Ultimo. Il vero volto dell'uomo che arrestò Totò Riina), che fa riflettere e pone nuovi interrogativi sull'operato degli uomini del ROS nel periodo delle stragi del '92-'93.

Siamo nell'aprile 1993 a Terme Vigliatore, un paesino siciliano confinante con Barcellona Pozzo di Gotto, dove, nel gennaio dello stesso anno, viene ucciso il giornalista Beppe Alfano.
Alfano aveva confidato poche settimane prima, al PM Olindo Canali, che Nitto Santapaola si trovava in quella zona.
Il magistrato, dopo la sua morte, incontra un imprenditore, Mario Imbesi, collezionista d'armi, che ha detenuto 2 pistole calibro 22 a tamburo (arma rara identica a quella che è servita ad uccidere Alfano). Una è quella che Canali si fa consegnare il 28 gennaio 1993 e che poi restituisce al proprietario senza periziarla, pochi giorni dopo. L'altra è quella che era stata ceduta nel 1979 dall'imprenditore-collezionista al milanese Franco Mariani, persona legatissima al boss Barcellonese Rosario Pio Cattafi. La stessa pistola viene "persa", a seguito di due traslochi, da Mariani che ne denuncia la scomparsa nel 1999.

Il 15 marzo del 1993 il ROS di Messina, su delega di Canali, attiva delle intercettazioni telefoniche e ambientali negli uffici di un certo Domenico Orifici, cugino del boss Barcellonese Sam Di Salvo in via Verdi 7 a Terme Vigliatore. La villa di Mario Imbesi si trova poco distante, al numero 57 della stessa via.
Il 1 aprile viene captata una conversazione con un certo zio Filippo che, in dialetto catanese, parla di un pentito che lo accusa.
Il 5 aprile, lo stesso zio Filippo, negli stessi uffici, parlando del delitto Dalla Chiesa e di beni sequestrati, afferma "e lì ci hanno messo Totò Riina, me, Madonia". Un bravo investigatore avrebbe già capito che si trattava di Nitto Santapaola, ma ci pensa Orifici alle 17.05, non appena il boss latitante lascia gli uffici, a confessarlo al figlio: "quello era Nitto Santapaola".
Il 6 Aprile, come racconta nell'udienza del processo Mori-Obinu dell'8 gennaio di quest'anno l'allora comandante del Ros di Messina, Giuseppe Scibilia, Nitto Santapaola era di nuovo in quegli uffici.
Sempre il 6 Aprile accade un fatto misterioso. Ve lo raccontiamo con le parole del Capitano Ultimo (alias Sergio De Caprio), sentito dal PM di Messina:

"Quell'evento si svolse in maniera del tutto casuale e fu determinato dalla sproporzionata reazione del soggetto che poi scoprimmo essere del tutto privo di interesse investigativo. Ricordo che eravamo venuti a Messina per una normale riunione di coordinamento investigativo tra i vari reparti siciliani. Sulla via del ritorno, percorrendo la litoranea Messina-Palermo, in un tratto di strada ricadente nel comune di Terme Vigliatore, uno dei militari che era con me ritenne di individuare, in un soggetto a bordo di un fuoristrada nero, il latitante Aglieri. Fermammo il soggetto qualificandoci con i tesserini ma, ciononostante, questi – riuscendo a districarsi tra le nostre vetture che lo avevano in qualche modo circondato – riuscì a scappare. Una manovra tanto repentina e ingiustificata ci indusse a dare maggiore fondatezza alla nostra ipotesi poiché quel gesto appariva quello di un lucido criminale. L'inseguimento successivo, lungo i binari della ferrovia, confermò ulteriormente i nostri sospetti. Ritenemmo cioè che anche nell'ipotesi che non si trattasse di Aglieri doveva essere un soggetto che certamente aveva qualcosa da nascondere e che temeva fortemente di essere controllato. Solo alla fine, quando riuscimmo a vederlo bene in faccia, capimmo che non si trattava di Aglieri. Ricordo che il soggetto venne identificato. Posso dire che era di piccola statura ed esile e che si trattava di una persona giovane. All'epoca non mi risultava, né risultava al mio Ufficio, la presenza di Santapaola Benedetto nel territorio della provincia di Messina. Non sono mai stato incaricato di svolgere indagini in ordine alla cattura di Santapaola".

Il ragazzo esile inseguito da Ultimo era il figlio di Mario Imbesi.

Ricapitoliamo: il giorno 6 aprile si ha la certezza che Santapaola si trova a Terme Vigliatore e il giorno stesso Ultimo (e Giuseppe De Donno, uno dei 12 imputati del processo sulla "trattativa" Stato-Mafia) al ritorno da una riunione con il ROS di Messina (gli stessi che stanno intercettando Santapaola) decidono di fare 180 km di statale verso Palermo, anziché prendere l'autostrada, e si imbattono, scambiandolo per un boss latitante, nel figlio di Imbesi, che, guarda caso, abita nella stessa via dove, lo stesso giorno, è stato intercettato Santapaola. Questi lo inseguono e gli sparano mancandolo per un soffio. Il ragazzo si salva perché riesce a raggiungere la caserma dei carabinieri.
Sin qui si potrebbe pensare ad una coincidenza clamorosa.

Senonché qualcuno ricostruisce un'altra storia sull'accaduto. E' il dirigente del commisariato di Barcellona Pozzo di Gotto, Carmelo Castrogiovanni che, sentito dalla DDA di Messina nel 2004, afferma che fu organizzata dal ROS un'operazione di polizia nella zona di Terme Vigliatore nel corso della quale venne circondata la villa dell'imprenditore Imbesi e quando uscì il figlio (venticinquenne) venne scambiato per Nitto Santapaola (allora cinquantacinquenne) e inseguito. Castrogiovanni aggiunge che vennero sparati anche dei colpi a scopo intimidatorio.
Quindi, secondo il poliziotto, non fu un caso che il duo De Caprio - De Donno si trovassero lì: partecipavano a quell'operazione.
A confermarlo ci pensa lo stesso Canali in un memoriale del 2006. Canali ricorda che agli inizi di Aprile si verificò un fatto stranissimo: l'irruzione del ROS nella villa di Mario Imbesi e l'inseguimento con tanto di sparatoria alla macchina del figlio. A Canali non ci "volle molto per capire che il bersaglio reale fosse Santapaola".

I conti quindi non tornano, qualcuno sta mentendo. O il Ros era lì del tutto casualmente come afferma Ultimo, oppure no. E se fosse vera, come appare decisamente più probabile, la seconda ipotesi allora ci chiediamo:
perché il ROS, il giorno stesso in cui intercetta Santapaola negli uffici di Orifici, va a circondare la vicina villa dell'imprenditore Imbesi, che è legato ad una pistola venduta da Mario Imbesi ad un amico di Rosario Pio Cattafi identica a quella che uccise Beppe Alfano e spara al figlio ventenne, invece di tentare di arrestare Santapaola?

Dopo vent'anni, nell'udienza del processo Mori-Obinu dell'8 gennaio di quest'anno, è Giuseppe Scibilia, allora comandante del Ros di Messina, a mettere altri dubbi. Scibilia parla dell'inseguimento come di un incidente (quindi secondo Scibilia non ci fu un'operazione di polizia sulla villa di Imbesi), ma quando il PM Nino Di Matteo chiede che cosa secondo lui ci facessero De Caprio e De Donno in quella zona, non sa che rispondere. Alla domanda specifica del PM Di Matteo, che chiede se Scibilia era a conoscenza di una riunione operativa quel giorno a Messina, Scibilia risponde che non ci fu, smentendo quindi De Caprio.
La conferma di ciò che dice Scibilia viene da De Donno, sentito dopo di lui dall'avvocato Basilio Milio. Trovandosi a dover scendere da Napoli per fare delle indagini o in Calabria o in Sicilia (non ricorda bene) De Donno chiese a De Caprio, che stava a Palermo, un incontro per degli scambi informativi e gli propose di trovarsi a metà strada (Messina), poi, non ne ricorda il motivo, decise di andare a Palermo con De Caprio invece di tornare a Napoli, passando per la statale. Anche qui non si fa cenno a nessuna riunione di coordinamento investigativo tra i vari reparti siciliani.

Il 29 aprile Santapaola andò via da quella zona e la stessa mattina il ROS disattivò le intercettazioni.
Il 4 maggio Canali dispose lo stralcio di quelle intercettazioni dal fascicolo sull'omicidio Alfano.
Il 18 maggio Santapaola, dopo essere stato lungamente intercettato nel messinese dal ROS dei Carabinieri, viene invece arrestato dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, in provincia di Catania.

Tratto da: 19luglio1992.com

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