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giordano-pippo-webdi Pippo Giordano - 18 dicembre 2012
Non mi rivolgo, parlando del Capo dello Stato con la rituale locuzione con tutto il rispetto”, no! Il rispetto come mi è stato inculcato sin dall'infanzia, in quella che era ed è terra di mafia, assume un valore enorme nei rapporti coi propri simili. E, mi spiace ammetterlo io non mi sento affatto destinatario di “rispetto”, acclarato che mi si nega l'opportunità di conoscere il contenuto delle telefonate tra lo stesso Capo dello Stato e il cittadino di questo Paese, Nicola Mancino.

Non è questione di rispettare la decisione della Consulta, che si è pronunciata sul conflitto di attribuzione tra il Quirinale e la Procura di Palermo, il rispetto è intrinseco, ma la vera questione è che non si vuol far conoscere e quindi “ammucciare” (nascondere) il tenore di quattro telefonate. "Ai magistrati di tutta Italia - da quella Palermo dove 15 anni fa si concluse lo storico maxi processo, alle grandi città' del Nord, diciamo: andate avanti e fino in fondo, con professionalità' e rigore, nel rispetto delle regole e delle competenze, e nel rispetto dell'equilibrio dei poteri. Siamo cosi', limpidamente, al vostro fianco" Questa dichiarazione è del presidente della Repubblica e non intendo commentarla, se non per aggiungere che tutta questa limpidezza nei confronti dei magistrati italiani io non l'ho vista: forse ero girato dall'altra parte o forse dormivo. Però mi sovvengono nitidamente le accuse di Silvio Berlusconi rivolte a tutta la magistratura italiana. Personaggio, che oggi risulta condannato a quattro anni e che pretende di dirigere nuovamente l'Italia. Un'Italia colma di contraddizioni evidenti che disquisisce sulla candidabilità di condannati e pregiudicati al Parlamento, quando l'etica e morale dovrebbe impedirlo. E, come non far riferimento al concorso esterno alle associazioni mafiose, norma tanto cara ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ed ora invisa al magistrato di Cassazione, Francesco Iacovello. Invero, un Paese davvero democratico dovrebbe impedire la sola stretta di mano o il semplice abbraccio tra il politico e il mafioso. Eppoi, mi si chiede di portare rispetto, giammai! L'unico rispetto che ho è verso i miei colleghi poliziotti. carabinieri, magistrati e politici che della loro missione ne fanno modello di vita integerrima. Il mio rispettoso e ossequioso pensiero non può che andare a quei magistrati che per questo benedetto Paese si sono fatti ammazzare per l'onestà del loro comportamento e pur essendo consapevoli che sarebbero stati uccisi, non son scappati. L'elenco è lungo e mi limito ai caduti della sola Procura di Palermo.

Pietro Scaglione, Procuratore Capo di Palermo, che ha indagato sulla strage di Ciaculli, inquisendo, già nel 1963 Salvo Lima, Vito Ciancimino e tanti altri politici. Il suo pensiero era “... che i mafiosi di maggior rilievo bisogna snidarli nelle pubbliche amministrazioni”. E' stato assassinato a Palermo nel 1971.

Gaetano Costa, Procuratore Capo di Palermo, un uomo incorruttibile e che nonostante avesse un'auto blindata, si è rifiutato di usarla. E' stato assassinato nel 1980 mentre passeggiava da solo in una via centrale di Palermo. Ai suoi funerali hanno partecipato pochissime persone e pochi magistrati.

Rocco Chinnici, Consigliere Istruttore presso il Tribunale di Palermo, ho avuto l'onore di conoscerlo e col quale ho condiviso talune attività investigative. Ucciso nel 1983 e che ahimè, poteva essere salvato se fosse stata considerata la telefonata non anonima, giunta alla Questura di Palermo che preannunciava lo scoppio di un'auto bomba.

Dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ho poco da aggiungere e tuttavia, mi preme evidenziare che anche loro potevano essere salvati. Per l'attentato di Falcone, Cosa nostra qualche tempo prima della strage di Capaci, ha imbottito una cunetta di una strada pubblica del palermitano facendola saltare in aria con l'esplosivo. Nessuno ha visto o sentito nulla? L'attentato di via D'Amelio, invece rappresenta l'anomalia italiana: è lo specchio del più grande depistaggio della Storia di questo Paese e la cosa che mi fa star tanto male è che coloro che intendono erigersi a paladini della Giustizia, di fatto, nascondono la verità. E allora mi chiedo, come mai ai solerti propugnatori delle “vicinanze” ai magistrati non viene in mente di fare completa luce sulla strage di via D'Amelio? Come mai ancora oggi non si fa chiarezza su quell'uomo di paglia, al secolo Scarantino? Chi lo ha messo sul piedistallo dei testimoni, quando invece è risultato essere un pataccaro? E perchè questo accanimento terapeutico nei confronti della Procura di Palermo, dove un giorno sì e l'altro pure, vengono riversati ogni sorta di contumelie e accuse? Ecco, presidente Napolitano, oltre alle quattro telefonate, io attendo verità e giustizia e solo allora potrò essere rispettoso e orgoglioso delle nostre Istituzioni. Il mio malessere diffuso, deriva proprio dai tanti miei amici che hanno pagato con la vita. Presidente, mi dia l'opportunità di inginocchiarmi davanti le loro tombe e dire “picciotti finalmente conosco la verità!” A settembre di quest'anno, davanti le tombe di Ninni Cassarà, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, l'ho promesso: “mi batterò per voi, perchè mi sento in colpa d'essere rimasto vivo!

Intervento di Pippo Giordano alla manifestazione “Noi sappiamo” – Roma 15 dicembre 2012

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