di Giuseppe Di Fini - 20 luglio 2012
Da piccolo, quando l’11 aprile 2006 vidi le immagini dell’arresto di Bernardo Provenzano, cominciai a chiedermi cosa fosse la mafia. Da quel momento, insieme all’indifferenza che cresceva intorno a me, cominciò anche una vera e proprio amicizia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; un’ amicizia che potrei definire “meta-fenomenica”; proprio per la loro “non presenza” fisica, questo legame diventa sempre più forte.
In molti mi hanno allontanato per paura e rassegnazione; “Ma chi te lo fa fare? E’ una battaglia persa in partenza”. Purtroppo, cercando di approfondire, mi rendo perfettamente conto che la proteiforme criminalità organizzata muta così spesso le sue caratteristiche che si arriva inevitabilmente a formulare le tesi che liberarci dalla mafia sia un’utopia (l’Idea della giustizia della quale scrisse Platone). Anche in quest’ultimo caso, continueremo sempre, in ogni modo, a contrastare il potere della criminalità organizzata fino in fondo.
Recentemente, a causa delle indecenti polemiche sollevate negli ultimi giorni dalle più alte cariche dello Stato, è stato più volte citato l’art. 90 della Costituzione; io, invece, vorrei citare l’art. 52; la difesa della patria, infatti, è sacro dovere del cittadino; è arrivato il momento di difenderla.
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