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di Enrico De Angelis - Video
Presentato a Torino il libro di Baudino "La Repubblica punciuta"

“Punciuto” è il termine in dialetto siciliano che letteralmente significa puntura ma, al contempo, è la parola che dà nome al rito di iniziazione per i membri di Cosa nostra. Osservando la storia della Repubblica italiana, che ha visto rapporti di connivenza, di interessi e trattative tra mafiosi ed esponenti politici ed istituzionali, protagonisti della scena italiana, diventa possibile parlare di "Repubblica punciuta". E venerdì, a Torino, si è parlato proprio di questo tema, grazie alla presentazione del libro di Stefano Baudino, "La Repubblica punciuta", presso la sede del Campus Einaudi. Accanto all'autore era presente anche Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, magistrato d’eccellenza impegnato nella lotta alla mafia, ucciso il 19 luglio del 1992 assieme ai ragazzi della propria scorta. L’evento è stato introdotto e moderato da Oscar Vento, attivista del movimento Agende Rosse. Durante il suo intervento, nella prima parte della conferenza, Baudino ha ripercorso la cronologia degli eventi che hanno disegnato la storia politica e sociale italiana degli ultimi 30 anni, ricordando come pezzi dello Stato abbiano avviato quella che da Salvatore Borsellino stesso è stata definita un “scellerata trattativa” fra il suddetto Stato e “Cosa Nostra”. Ha tenuto a ricordare come la famosa “trattativa Stato-Mafia” abbia ridefinito i contorni del rapporto fra le due parti in un periodo in cui Cosa Nostra vedeva i propri referenti politici perdere potere all’interno del Parlamento e come, di conseguenza, la stessa trattativa sia stata la traccia iniziale per definire l’agenda politica italiana dai primi anni ’90 ai giorni nostri.
Illustrando il suo libro, Baudino ha tracciato quello che appare ormai essere il quadro più probabile della intricata situazione politico-istituzionale, parlando di come gli eventi processuali, da allora ad oggi, siano stati inquinati e depistati al fine di ritardare, o peggio sopprimere, l’emersione della verità. Un tentativo fatto da molti altri illustri giornalisti e protagonisti della scena culturale e sociale nel corso di almeno tre decadi, ma che ancora oggi non vede affermare l’effettiva esistenza di una trattativa fra Stato e Mafia come verità acquisita. Si è parlato poi della campagna stragista immediatamente successiva agli attentati in cui trovarono la morte Falcone e Borsellino e di come la trattativa abbia addirittura reso più aggressiva la strategia della mafia di quegli anni, allo scopo di rafforzare il proprio “potere contrattuale”. Si è sottolineato come la sequenza di eventi e l’ascesa di certe forze politiche nel corso degli anni sia sta la diretta conseguenza di quella stessa trattativa.

borsellino pres torino la repubblica punciuta 2

Nella seconda parte dell’incontro è intervenuto Salvatore Borsellino. Con un intervento accorato, di grande impatto emotivo, Borsellino ha commosso il pubblico parlando del rapporto fraterno che legava il fratello Paolo a Giovanni Falcone. Ha raccontato di come i due magistrati procedessero quasi di pari passo verso un unico obiettivo, la verità, seguendo un difficilissimo percorso a ostacoli. Ostacoli perlopiù posti da quegli stessi pezzi dello Stato e della magistratura che avrebbero dovuto invece aiutarli e coadiuvarli nella difficile ricerca delle verità processuali. Ha tracciato un profilo umano del fratello, sottolineando quelle qualità che chiunque negli ultimi 30 anni abbia avuto modo di approfondire il lavoro del magistrato, darebbe per scontate. Dalle parole di Salvatore emerge un personaggio dalle profonde qualità umane, un uomo totalmente sacrificato alla verità e all’amore, un uomo capace di vivere fino all’ultimo giorno il suo dramma senza cedere mai il passo alla paura. Come ha ricordato parlando di una delle ultime telefonate, avvenuta il giorno stesso della morte di Paolo, fra il magistrato e il procuratore di Palermo Pietro Giammanco, in cui quest’ultimo gli affidava le deleghe delle indagini sulla mafia palermitana già dal giorno successivo, il 20 luglio. Borsellino ha anche raccontato di come la cognata Agnese, moglie di Paolo, assistendo alla telefonata, al termine della stessa lo vide sbattere la cornetta con impeto e pronunciare le parole “La partita comincia adesso”, pur sapendo che quello sarebbe stato probabilmente il suo ultimo giorno di vita. Borsellino aveva infatti la percezione dell’imminente fine grazie ad alcune intuizioni e ad informazioni riservate carpite da suoi informatori. Ma la sua tenacia e il suo coraggio ebbero sempre la meglio sulla paura di essere ucciso. Il suo obiettivo era cambiare il Paese e a costo della vita avrebbe fatto qualunque cosa per raggiungere quel difficilissimo traguardo. Una sua frase, citata dal fratello Salvatore, testimonia questo spirito: ”Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare."
Con questo aforisma ci piacerebbe ricordare tutti la grandezza di quest’uomo. Una grandezza pari solo a quella del suo amico fraterno Giovanni Falcone, con il quale, per un lungo periodo ha reso servizio a quell’umanità che non si piega di fronte all’arroganza dei prepotenti, che aspira ad abitare un mondo senza l’ignobile sozzura della mafia, un mondo dove gli apparati governativi combattano con tutte le proprie forze questa deviazione umana e non ci vadano a braccetto.
L’incontro si è concluso con alcune domande dal pubblico e con una catartica standing ovation per Salvatore Borsellino, segno di grande rispetto per lui, per il suo faticoso lavoro a favore del ripristino della verità, ma soprattutto per il fratello Paolo, che con il suo sacrificio ha indicato una via da seguire. Ad ognuno di noi il compito di raccogliere il testimone.

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