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di Jean Georges Almendras - Fotogallery
"Il mondo gira e crea perché esiste l'amore" (Víctor Jara)

"Io sono un lavoratore della musica, non sono un artista. Il paese ed il tempo diranno se sono artista. In questo momento sono un lavoratore, un lavoratore che ha la consapevolezza di far parte della classe lavoratrice che lotta per costruire una vita migliore".
Così si era espresso Víctor Jara appena un mese e dieci giorni prima di essere assassinato con 44 proiettili dalla dittatura di Pinochet nel settembre del 1973. Si esprimeva in questo modo perché era così che concepiva il suo talento di musicista, compositore e cantante, come lavoratore che lotta per una vita degna e per un mondo più giusto. Un lavoratore combattente, che proprio per questo suo modo di essere così diretto e puro nelle sue idee (sempre a favore della vita e dell'uguaglianza), pagò con la sua vita il confrontarsi tanto appassionatamente contro il potere e contro il sistema.
Víctor Jara che oggi, nonostante sia assente fisicamente, è ancora vivo tra noi.
Tra noi, i giovani di Our Voice ed i redattori di Antimafia Dos Mil, che abbiamo visitato la Fondazione che porta il suo nome, in un’abitazione in Via Almirante Riveros al 067, nel Comune di La Providencia.
Mentre prendevamo posto in un settore all’ingresso della struttura ci ha accolto Cristian Galaz, direttore esecutivo della Fondazione. Una Fondazione nata 26 anni fa.
"Io non lo l’ho conosciuto personalmente, ma lo vedevo cantare, lo vedevo nelle manifestazioni, perché Víctor Jara si era trasformato in un vero attivista dei diritti sociali, in un'epoca in cui il Cile viveva un periodo molto particolare. Gli eventi di quel tempo lo portarono in prima linea in un movimento culturale artistico che accompagnava quel processo sociale e politico. Lui si esibiva in grandi luoghi ma anche in posti molto piccoli. L'ultima esibizione la tenne, accogliendo l’invito di una piccola scuola, in località San Bernardo dove cantò per gli alunni. Era la vigilia del colpo di Stato. Egli era presente nel grande e nel piccolo. Per lui non c'erano differenze. E si vedeva. Per questo motivo la gente lo amava e lo ama fino al giorno d’oggi. Il popolo lo ama e lo porta nel suo cuore".
Víctor Jara, come molti alunni e professori dell'Università in cui si trovava, decise di rimanere sul posto ed accompagnare la resistenza, quell’11 settembre del 1973.
"Lui avrebbe potuto non rispondere all’appello che alcuni mesi addietro era stato fatto per difendere il presidente Allende, ma scelse di rispondere a quella chiamata, per andare incontro, alla fine, come tanti altri, alla tortura e alla morte. Victor era molto conosciuto e molto amato. Grazie a questo lui oggi non è un desaparecido in più. Cercarono di occultare il suo corpo ma la gente lo riconobbe nel luogo dove era stato abbandonato. Grazie a questo i suoi resti furono portati all'obitorio. Oggi il posto dove collocarono il suo cadavere è indicato come luogo di memoria accanto alla ferrovia, a fianco di un muro divisorio del Cimitero Metropolitano, nel comune di El Espejo. Lo lasciarono lì Victor, senza vita, ed un vicino lo trovò.
Successivamente nell'obitorio, il suo corpo fu nuovamente riconosciuto da un funzionario, Héctor Herrera, che vive ancora oggi, e che è per noi un eroe. Un eroe perché all’epoca lui aveva 20 anni e decise in quel momento di fare qualcosa, decise che Victor non fosse un corpo da destinare ad una fossa comune. Dopo, Herrera rintracciò la moglie di Victor, Joan Thorn, che avrebbe poi preso il cognome di Victor, Joan Jara. Herrera portò a Joan all'obitorio per il riconoscimento finale. Possiamo solo immaginare cosa significò quel momento per Joan. Héctor Herrera la accompagnò in quei momenti tragici ed insieme ad un caro amico di Joan, seppellirono Victor, loro tre. Fu un momento molto duro per tutti loro. Quando Héctor racconta quei momenti si emoziona sempre tantissimo. Queste tre persone sono ancora vive e quando si incontrano per commemorare Victor, ricordano tutto questo, con molto rispetto. E lo ricordano perché si sentono accompagnati da Victor, come noi che anche qui ci sentiamo accompagnati da lui”.


Cristian Galaz
ha continuato il suo racconto. I giovani di Our Voice non perdevano il minimo dettaglio di ogni suo racconto. Di ognuno dei suoi ricordi.
Non ho alcun dubbio che se Victor vivesse vi avrebbe accolto. E non solo vi avrebbe ricevuto, ma avrebbe suonato la chitarra con voi ed avrebbe cantato con voi. Sono sicuro di questo. Lui sarebbe stato qui. Io mi sento sopraffatto nel cercare di trasmettervi tutto su di lui. Ma lui è qui. Tra queste pareti. È presente in cio’ che ha fatto che è molto di più di quello che io posso raccontarvi".
*Vi invito a visitare la casa. Ci sono foto. Potete vedere una parte di una gran esposizione di 44 pannelli. Sono foto di due fotografi che fotografarono Victor in tempi ed epoche differenti, Due fotografi che lo accompagnarono in diversi momenti del suo tempo. Un tempo di attore e direttore di teatro. Ed un tempo di cantante e musicista"
Tutti abbiamo accolto l'invito. Tutti abbiamo percorso la struttura. Vivendo ognuno nella propria intimità le riflessioni e le emozioni che scaturivano dai racconti ed evocazioni che Cristian aveva voluto condividere con noi per farci capire che il messaggio lasciato da Victor è un messaggio rivolto al mondo. Un messaggio simile a quello che oggi Our Voice vuole trasmettere.
I giovani di Our Voice, i giovani di questo millennio, si sentono in sintonia con Víctor Jara. Lo si vede nella loro espressione. I loro volti ed i loro occhi evidenziano che c'è una comunicazione tra loro e Víctor Jara. Una comunicazione che va oltre l'arte, perché è una comunicazione tra attivisti di molte cause giuste e difensori di diritti civili e diritti umani. E della vita. Dell'amore per il lavoro. Dell'amore per lo strumento che suonano. Dell'amore per la terra. Dell'amore per il prossimo.
"Benvenuti quindi. Questa è la vostra casa" ha insistito Cristian.
E Sonia Bongiovanni ha aggiunto: "Per noi è qualcosa di immenso essere qui. La lotta di Victor è la stessa che sentiamo noi. Io credo che lui è vivo. È immenso essere qui".
Cristian ha acceso lo schermo di un televisione. Abbiamo visto Víctor Jara presente con una forza incredibile, con la sua musica, il suo canto, le sue parole. Trascorrevano i minuti. Fluivano i ritmi musicali ed i testi di una poesia eterna che ci riempie di vita e che ci riempie di speranza.
Dietro, molto indietro nel tempo e nello spazio, ci sono gli assassini di Víctor Jara, in quei giorni di orrore. Gli assassini ai quali diciamo che Víctor Jara non è morto, perché i morti sono quelli che spararono sul suo corpo torturato. Gli assassini ai quali diciamo che Víctor Jara è rinato. È rinato per risvegliare i giovani. Affinché amino la vita, il canto e siano liberi.
(31 agosto 2019)

Tratto da: ourvoice.it

Foto © Our Voice

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