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di Aaron Pettinari e Karim El Sadi
Dai familiari delle vittime di mafia al questore Cortese: "Qui per chiedere verità e giustizia per le stragi"

"Quelli sono i nostri ragazzi!". Gridava così una donna, dietro le transenne, durante i concitati funerali seguiti alla strage di via d'Amelio rivolgendosi a quel che restava nelle bare dei corpi degli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli ed Emanuela Loi. Oggi, a distanza di 27 anni, quello spirito indefettibile, secondo il quale le forze dell'ordine "appartengono al popolo e alla cittadinanza", si rinnova davanti all'ufficio scorte della Caserma Lungaro di Palermo. Un luogo suggestivo dove gli agenti di scorta di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tanti altri, sono passati centinaia e centinaia di volte per raggiungere le personalità che dovevano proteggere.
E i protagonisti dell'appuntamento di questa mattina, che rientra nel programma di eventi "Via d'Amelio... Fare memoria insieme" del Sindacato di Polizia Siap, sono stati proprio alcuni dei famigliari di quegli agenti che in quelle stragi hanno pagato dazio.
Da Luciano Traina, passando per Giuseppa e Tommaso Catalano fino ad arrivare a Salvatore Borsellino e Antonio Vullo (l'unico sopravvissuto di quella scorta nel giorno della strage di via d'Amelio); ma anche Vincenzo Agostino, padre dell'agente di polizia Antonino ucciso assieme alla moglie Ida il 5 agosto 1989, che con la sua barba lunga ci ricorda quotidianamente l'attesa di verità e giustizia su quell'omicidio.
Una richiesta che unisce padri, fratelli e sorelle di quegli uomini caduti per mano di Cosa nostra ma anche tante persone venute da più parti d'Italia. Un'iniziativa che il Siap, in concerto con la Questura di Palermo, organizzano ormai da sei anni. E anno dopo anno si rafforza quel senso di unione tra tutte le componenti che partecipano (ragazzi di diverse parti del mondo, membri della società civile, semplici cittadini, familiari vittime di mafia, appartenenti al mondo dell'associazionismo antimafia, istituzioni e Forze dell'Ordine) si ritrovano ancora una volta ad essere "Insieme", così come ha ricordato Luigi Lombardo, segretario del Siap di Palermo.
E il senso di questo essere presente lo ha ribadito Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo: "Da anni dico che questa cerimonia è quella con la quale si potrebbero chiudere i giorni di memoria di via d'Amelio perché è una cosa bellissima alla quale assisto da sei anni". "I ragazzi della scorta che se ne sono andati con Paolo li vengo a trovare qui e non al cimitero, perché è qui che hanno vissuto, è qui che li sento vivi" ha aggiunto. Di quegli "angeli" che proteggevano il giudice in quel disgraziato 19 luglio è rimasto in vita Antonino Vullo, anche lui presente in Caserma all'appuntamento di stamattina, il quale ha voluto ricordare i bei momenti passati durante le interminabili ore di servizio insieme ai suoi colleghi. Un ricordo che però molto spesso lascia il posto alle immagini indelebili seguite all'esplosione dell'autobomba.


"Vorrei tornare a vedere le immagini belle dei miei colleghi e del giudice Borsellino e non quelle che mi sono ritrovato, e tutt'ora mi ritrovo, a sopportare soffrendo da quel giorno che sono sceso dalla macchina. Ancora oggi non mi spiego come sia stato possibile che l'auto non sia esplosa nel momento in cui ci trovavamo tutti davanti all'autobomba. Fu un tempo lungo, eppure l'auto esplose dopo, quando già il giudice ed i colleghi erano entrati nel cortile. Io ero convinto che potevano essere entrati. Così non è stato ed ancora ci troviamo a non avere giustizia". Una testimonianza, quella di Vullo, toccante quanto importante, perché, come hanno detto Tommaso Catalano, prima e Roberto Greco dopo: "Lui veramente c'era in via d'Amelio in quel giorno e può raccontare ogni attimo di quello che è accaduto". Anche Luciano Traina ha accompagnato il ricordo del fratello al dolore per quanto avvenuto dopo, con una verità sempre più lontana e ancora negata, anche nascosta da persone che "indossavano indegnamente la divisa".
Quindi a prendere la parola è stato Vincenzo Agostino che ha ricordato a tutti i presenti come "il 5 agosto sono trent'anni che grido verità e giustizia". "In questo lasso di tempo - ha aggiunto - questa verità e giustizia non mi è mai arrivata perché ci sono stati tanti segreti e misteri. Come il fallito attentato all'Addaura il 21 giugno 1989 per assassinare il giudice Giovanni Falcone. E a me non mi hanno mai fatto sapere cosa c'era in quell'armadio dove mio figlio aveva indicato di guardare qualora gli fosse successo qualcosa". Carte che sono andate distrutte, secondo quanto detto dall’ex agente della mobile Guido Paolilli, intercettato mentre parlava con il figlio ("Nell’armadio c’era una freca di cose che proprio io ho pigliato e poi ne ho stracciato"). Una sparizione simile, in quanto avvenuta per mano di uomini delle istituzioni, a quella dell'agenda rossa dalla borsa del giudice Borsellino.
"Ho perso mia moglie, una madre in attesa di verità e giustizia anche dopo la morte e così ho dovuto scrivere nella lapide. - ha concluso trattenendo a stento le lacrime - Io chiedo verità e giustizia così che mia moglie possa riposare in pace".
La parola è poi stata data ai rappresentanti delle associazioni, dei rappresentanti della scuola di Susa, e successivamente ai segretari del Sindacato di Polizia SIAP, che hanno chiesto al governo che l'attuale ufficio scorte di Palermo venga trasformato e riconosciuto come reparto, ed al Questore di Palermo, Renato Cortese. Quest'ultimo ha ricordato il sacrificio degli uomini della Polizia di Stato, ribadendo che proprio la Polizia è stata una vittima di quelle stragi e che pertanto è un dovere ed una necessità "chiedere verità e giustizia su quella stagione senza smettere di fare memoria e cercando di trasmettere quel ricordo alle giovani generazioni".
Con la deposizione della corona di fiori davanti alla stele con i nomi delle vittime delle stragi ed i minuti di silenzio al suono di tromba risuonati all'ingresso dell'ufficio scorte e davanti i resti della Quarto Savona Quindici (auto di scorta in cui viaggiavano gli agenti Dicillo, Schifani, Montinaro), si è conclusa la mattinata. Una nuova occasione per rinnovare l'impegno di lotta comune per ripagare quel debito di riconoscenza che ogni cittadino ha verso chi ha sacrificato la propria vita per difendere il prossimo.

Foto © ACFB

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