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di Adriano Aru
Filmati sugli avvenimenti tragici del ’92, presentazione libro, lettura di brani dello stesso, mostra quadri, video messaggi, intervista esclusiva in diretta al collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, interessantissimo dibattito con gli studenti, tutto questo ci ha riservato la mattinata al Liceo Scientifico, Classico e delle Scienze Umane “Galileo Galilei” di Macomer. Ci torniamo dopo un anno e mezzo, dopo aver portato, con grande successo, lo spettacolo teatrale “L’arte uccide la mafia” del gruppo Our Voice. Si era organizzata stavolta la presentazione del libro di Aaron Pettinari “Quel terribile ‘92” e una piccola mostra dei quadri di Mutolo, il tutto previsto per circa due ore di tempo, invece con grande sorpresa si è rimasti insieme oltre tre ore e mezza; gli studenti ottimamente preparati dalla Dirigente Prof.ssa Gavina Cappai e dai docenti, con in prima linea il Prof. Salvatore Manchinu, hanno seguito con attenzione e partecipazione attiva i vari interventi, ponendo osservazioni e domande molto pertinenti e interessanti sia al giornalista Pettinari che al collaboratore e pittore Mutolo. Il liceo è da moltissimi anni impegnato nella educazione alla legalità con varie iniziative e si è fatto trovare pronto per questa giornata addirittura acquistando, qualche settimana prima, una decina di copie del libro, facendo in modo che i ragazzi potessero visionarlo prima e trarne spunto per gli interventi che, sarebbero stati più numerosi se ci fosse stata la possibilità. La cittadina di Macomer è molto attiva culturalmente, ogni anno ai primi di aprile si svolge il festival della legalità “Conta e Cammina”, quest’anno lo slogan era “La legalità appartiene al tuo sorriso” e ha avuto come partecipanti Alessandro Blasioli, Daniele Nicastro, Alberto Calvi, Sonia Scalco, Manuel Ferreira, Giulio Cavalli. Noi abbiamo avuto l’onore di fare da anteprima al Festival presso la Libreria Emmepi Ubik, dove un attento e colto pubblico ci ha accolto con molta attenzione. Le bravissime Luciana e Stefania hanno ospitato nella loro libreria, un luogo meraviglioso, la mostra di Gaspare Mutolo per ben tre settimane, posizionando ben dodici quadri in ogni dove, libri e quadri si integravano perfettamente in questo luogo dove si fa cultura tutti i giorni con molta professionalità, inventiva e tanta simpatia.

La mattinata al Liceo inizia con la presentazione degli ospiti da parte del Professor Manchinu, lo scrittore e giornalista di Antimafia Duemila Aaron Pettinari, Noemi Camaioni voce narrante di alcuni passi del libro e Maria Santamaria, curatrice delle mostre dei quadri di Gaspare Mutolo. Si inizia dicendo perché sono stati intervistati rappresentanti della società civile, 25 insoliti testimoni in occasione dei 25 anni dalle stragi di Capaci e Via D'Amelio e 25 anni di Tangentopoli. Sono stati scritti tanti libri su queste tematiche ma quasi mai, o mai, è stata data voce al cittadino, al semplice cittadino che in qualche maniera fa parte della storia. Come canta De Gregori, “La Storia siamo noi”, noi viviamo e facciamo parte della storia, ne siamo all'interno e quindi abbiamo il diritto, se non il dovere, di raccontarla, ricordando ma anche facendone parte, muovendo le nostre azioni. Ecco perché la scelta di scegliere 25 personaggi più o meno famosi. Il libro non è un libro di inchiesta ma di memoria, sembra giusto, in una situazione come quella di oggi, ricordare anche queste cose per farci le domande e capire se ci sono risposte che mancano e che eventualmente dobbiamo pretendere. Questo per il semplice fatto che senza la verità su questi fatti, noi non siamo veramente liberi, democraticamente liberi di scegliere. Se ci manca la verità, manca qualcosa in ognuno di noi! La passione del giornalismo c’è sempre stata nello scrittore, inizialmente quello sportivo, ma grazie agli amici del giornale Antimafia Duemila, dopo aver visto le immagini delle stragi, girate dai vigili del fuoco, immagini raccapriccianti, ha deciso di andare più a fondo e cercare di capire il perché di tanti fatti successi nel nostro paese. Di quei filmati ricorda una mano trovata a svariati piani di altezza rispetto al punto dello scoppio, oppure i capelli di Emanuela Loi, di questa terra sarda, l'unica donna che era presente in quel giorno a proteggere la vita di Paolo Borsellino, il cui corpo è stato riconosciuto da due cose: la prima da una ciocca di capelli biondi attaccati a un albero e l'altra perché un pezzo di corpo era un seno, ed essendo l'unica donna, non poteva essere che suo! Il nostro è uno Stato che dimentica, e dimentica a tal punto che, per quanto riguarda la restituzione delle salme, questo lo racconta la famiglia Loi, fu chiesto un pagamento alla famiglia per la restituzione delle salme. Il trasporto lo pagò la famiglia, non lo Stato! Quindi appunto, siamo uno Stato che dimentica! Da quel momento in poi ha deciso di andare più a fondo e cercare di capire perché fosse stata sventrata l'autostrada, perché fosse accaduta la strage di Via D'Amelio appena 57 giorni dopo di Capaci. Anche questo ci deve far riflettere su come sia possibile che due magistrati vengano colpiti così, uno dopo l'altro appena 57 giorni di distanza l'uno dall'altro. Che cos'è che non ha funzionato! Com'è possibile che davvero lo Stato non si aspettasse che sarebbe accaduto un qualcosa del genere? Durante la mattinata la giovane Noemi Camaioni, già presente a Macomer con il gruppo Our Voice, legge alcuni passi del libro, tra cui le testimonianze di Flavio Tranquillo, Fiorella Mannoia, Giobbe Covatta, rendendo ancor più piacevole la narrazione di fatti successi e cronache processuali, anche attuali, che Pettinari snocciola con molta perizia e ricchezza di particolari. La lettura di Fabio Tranquillo porta il discorso su Falcone e Borsellino, i due nomi sono inseparabili anche nell'immaginario collettivo. Falcone e Borsellino vengono detti insieme, non puoi parlare di Falcone se non pensi a Borsellino e viceversa. Non puoi non conoscerli anche se, amaramente, quando fai la domanda in giro ancora c'è gente che non sa bene la storia di Falcone e Borsellino o che non sanno bene chi sono. Come si fa a non conoscere i due magistrati più importanti d'Italia? Come si fa a non capire l'importanza di quello che stavano facendo. Alcuni ricordano bene il lavoro di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il Maxiprocesso è il primo vero processo che ha portato alle condanne della mafia in Italia, dimostrando l'esistenza dell'associazione mafiosa criminale. Fino a quel momento non è che non c'erano mai stati processi contro la mafia ma, sempre, i mafiosi venivano assolti oppure si beccavano quei pochi anni necessari e utili per poi continuare a fare carriera criminale perché era un pregio andare in galera per i mafiosi. Da quel momento, nel 1992, con il Maxiprocesso si otterrà proprio il “fine pena mai” per Totò Riina e i capi mafiosi. Da quel momento in poi nasce la “strategia stragista” di Totò Riina. La strategia stragista per vendetta perché c'erano i magistrati, Falcone e Borsellino, che avevano lavorato e venivano uccisi, viene ammazzato un politico come primo atto nel marzo del '92, Salvo Lima, il braccio destro di Giulio Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio, in Sicilia. Quello fu un atto di vendetta rivolto ai politici che, in qualche maniera, non avevano mantenuto i patti. Questa strategia stragista proseguirà anche dopo, quindi non solo per vendetta ma forse anche per qualcos'altro: un attacco diretto alle nostre Istituzioni e allo Stato per avere in cambio qualcosa ed è per questo che nasce il processo sulla “Trattativa Stato Mafia” che si invita ad approfondire le connotazioni e gli aspetti. Accade che anziché i magistrati e i giudici, nel '93 vengono colpiti monumenti, il primo monumento che viene colpito è la “Galleria degli Uffizi” in via Dei Georgofili. Praticamente morirono degli innocenti, oltre alla piccola Nadia Nancioni moriva anche Caterina, la sorella più piccola di appena tre mesi. Ecco l'attacco allo Stato, l'attacco alle Istituzioni, l'attacco alla popolazione. A luglio ci saranno altre due stragi a Milano e a Roma, la prima porterà delle vittime in via Palestro; la seconda no, soltanto perché viene fatta di notte, a Roma e vennero colpite due chiese San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro.

Giovanni Falcone si poteva conoscere un po' di più perché all'epoca, andava spesso in televisione, andava alla trasmissione di “Maurizio Costanzo Show”, ma partecipava anche ad altri programmi. Visto che viviamo nei tempi della tecnologia, è utile andare su YouTube, è pieno di programmi dove ci sono i due magistrati che raccontano o dicono qualcosa o che partecipano alle trasmissioni. E' molto interessante andare a risentire queste cose! È utile anche cercare l'ultimo discorso di Paolo Borsellino perché nel suo ultimo discorso pubblico, a Casa Professa il 25 giugno del 1992, dirà una cosa importantissima ovvero: “Io sono un testimone di quello che è successo a Giovanni Falcone, so delle cose inerenti alla sua morte, ma queste cose non le posso dire a voi, ma le voglio raccontare all'Autorità Giudiziaria”. Ebbene, secondo voi dopo quella volta Paolo Borsellino è stato sentito da qualche magistrato o autorità giudiziaria? Non è stato mai chiamato a testimoniare!

Si chiede ai ragazzi presenti “Cos'è la mafia per voi? Cosa caratterizza il fenomeno mafia?” E in tanti dicono: “omertà!”

Sicuramente la mafia non è solo l'organizzazione criminale chiamata Cosa Nostra, 'Ndrangheta, Camorra, Sacra Corona Unita, mafia non è solamente quell'immagine che troppe volte ci viene restituita: quella della coppola e della lupara! Mafia forse è qualcos'altro, mafia è omertà; mafia può essere paura; mafia può essere prevaricazione dell'altro; mafia può essere, forse, un atteggiamento che può essere insito anche dentro ognuno di noi. Per sconfiggere la mafia, noi dobbiamo prima sconfiggere la mafia che è dentro ognuno di noi. Quanti di noi si scelgono la via più facile nel vivere quotidiano, esempio saltare la fila dal medico, saltare la fila nel prendere un appuntamento per una radiografia, oppure il gesto di cortesia che si fa tra automobilisti? Fare gli abbaglianti per avvisare un posto di blocco, e vi sembra una cosa giusta? Si pensa raramente che in quel gesto, che è una cortesia, si potrebbe essere complici di favoreggiamento mafioso di qualche criminale perché la persona che viene dall'altra parte che ne so chi è e cosa porta dentro la macchina? Se porta della droga, se porta un uomo morto nel bagagliaio, può capitare! E magari quella persona, visto che tu l'hai avvista del posto di blocco, cambia strada per un nostro semplice gesto di fratellanza automobilistica! Piccole cose che in qualche maniera fanno la differenza. Si possono riportare anche altri esempi come diceva Don Padre Puglisi: “Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto”, senza fare chissà quali grandi gesti o decisioni per rispetto delle regole. Rispettare le regole non significa non protestare in maniera giusta e nelle regole, quando una regola è ingiusta.

La lettura di Fiorella Mannoia offre lo spunto per parlare dell’informazione. Se uno ci pensa bene l'informazione ha un ruolo fondamentale all'interno della costruzione della società e del pensiero, della cultura e della diffusione della cultura. Forse assieme alla scuola ha il ruolo più importante nella formazione della società del presente e anche del domani. Come diceva Fiorella, l'informazione ha abdicato alla satira, ha abdicato un ruolo. Rinuncia a raccontarci i fatti secondo la verità, abbiamo sempre la sensazione che ci sia sempre qualcosa che manca e spesso si da più credibilità alle notizie che danno i vari Crozza, Guzzanti che a quelle che passano per il telegiornale. Rifacendoci al processo sulla “Trattativa Stato Mafia” c'è stato un momento clou quando è stato sentito il capo dello Stato Napolitano, in quel momento tutti gli occhi dei media erano attorno a questo processo, e da quel momento in poi si è spento l'interruttore fino alla sentenza di cui si è parlato per pochi giorni, per poi oggi, non parlare più degli effetti di quella sentenza che, anche se è di primo grado, ci conferma che c'è stato un dialogo tra mafia e istituzioni, mentre Riina e i suoi sodali mettevano le bombe nel nostro paese. Noi dobbiamo anche pretendere che il tema mafia diventi il tema centrale all'interno del nostro paese, all'interno dell'informazione. Non se ne parla quasi mai, se non in qualche lodevole fiction. È possibile che l'informazione non ci parli del potere della mafia? Prima si è parlato di omertà, violenza, paura e quant'altro, ma qual è il vero potere che hanno le mafie, oltre al manifestare la violenza? Il vero potere è il denaro! Le stime per difetto dicono che ogni anno le mafie guadagnano 150 miliardi di euro all'anno, la 'Ndrangheta detiene il monopolio del traffico di stupefacenti in tutto l'emisfero occidentale e ha iniziato ad investire anche nell'orientale. Pensarla come cifra è impossibile! Con 150 miliardi di euro all'anno, frutto di estorsioni, del traffico di stupefacenti cosa si può fare, perché non se ne parla? Perché la politica non mette quasi mai, nei primi punti dei loro programmi, la lotta alla mafia? È possibile che non si riesca a contrastare il fenomeno mafioso? Perché diventa importante parlare oggi a Macomer di mafia? Con tutti quei soldi che hanno, 150 miliardi, cos'è la cosa più facile che possano fare, oltre che a comprare gare d'appalto, corrompere? Hanno un grande potere di corruzione anche se non sempre corruzione è uguale mafia, ma la mafia usa il fenomeno della corruzione perché il reato di mafia subisce delle condanne molto più alte rispetto a quelle di corruzione. In tempo di crisi è ancora più forte l'incidenza che hanno le mafie, con quella liquidità possono acquisire il controllo di ditte che sono in difficoltà. Oggi c'è un ribaltamento storico, se prima era il mafioso che andava dall'imprenditore a chiedere il pizzo, oggi è l'imprenditore che chiede aiuto al mafioso per avere dei favori.

La scuola è costretta a rinunciare a qualche ora di lezione di qualche materia per raccontare queste cose. L'informazione oggi è cambiata, perché? Qual è lo strumento che oggi abbiamo alla portata di mano di tutti? La tecnologia, internet, l'informazione veloce, i social, pensate che il tempo medio della lettura di un articolo, in internet, è molto inferiore al minuto! Oggi non si ragiona più, e qui sono responsabili gli organi di stampa perché non si fa più un approfondimento, perché non ci si ferma più a ripetere. In parte è anche colpa della società che si è velocizzata; in parte è anche colpa del cittadino che dovrebbe avere bene in testa che la nostra Costituzione dice che c'è un diritto: “il diritto di informare e di essere informati” che non è il diritto del solo giornalista. Quando uno dice “la libertà di stampa” perché è importante che ci sia? La libertà di stampa è importante perché così possiamo conoscere; perché così noi possiamo essere informati su ciò che accade; perché così l'informazione è a disposizione di tutti, prima non era così! Quindi abbiamo una responsabilità, appunto, che è quella di informarci e informare e capire. Solamente così noi possiamo veramente scegliere anche chi ci rappresenta nelle istituzioni. Pettinari fa una esortazione agli studenti: “L'impegno passa dal singolo cittadino e soprattutto da voi ragazzi perché voi sarete il domani, sarete le nuove generazioni, sarete i rappresentanti della politica, i giornalisti e gli imprenditori di domani. Qualunque cosa voi vogliate essere, potete raggiungerla e io spero veramente che si possa trarre esempio dai martiri, perché è questo che hanno fatto i nostri martiri, hanno dato l'esempio. Non erano dei pazzi che si mettevano contro la mafia con la consapevolezza di poter morire! Al tempo sono stati lasciati soli, al tempo non c'era una coscienza civile tale da poterli proteggere. Solamente dopo le stragi si è creato il movimento antimafia. “Libera” nasce dopo le stragi. “Addio Pizzo” a Palermo nasce dopo le stragi”. È importante avere la consapevolezza di quello che accade e la conoscenza delle cose. Ognuno di noi deve assumersi questa responsabilità perché la responsabilità del cambiamento non è solamente per qualche magistrato, per qualche uomo delle forze dell'ordine ma è di tutti i cittadini. Paolo Borsellino diceva “di essere ottimista, perché era sicuro che le giovani generazioni un domani avrebbero avuto più strumenti per conoscere, e la forza di fare quello che noi non siamo riusciti a fare” Lui si diceva ottimista esattamente il 19 luglio 1992!

Il tempo scorre veloce e dopo questa piacevole lezione di storia, cronaca, mala politica, legalità arriva il momento delle domande degli studenti. La prima è sulla lotta alla mafia: “Abbiamo visto il suo punto di vista sulla lotta alla mafia, ma se i politici non prendono delle posizioni probabilmente è perché è molto rischioso. Penso che un partito che dichiara apertamente di andare contro la mafia, probabilmente in Parlamento non ci entrerebbe mai. Sarebbe sabotato dalla mafia stessa, sarebbe troppo rischioso magari!”. La mafia ragiona puntando su alcuni cavalli, su alcune persone, a loro non importa chi vince o chi perde, perché loro hanno il sistema della corruzione che si diceva prima, a loro fanno comodo quei 150 miliardi. Anche se è più comodo, non si può ragionare dicendo “non parlo perché così rischio”, perché se si fa questo ragionamento allora, tutte quante quelle persone che hanno sacrificato la propria vita per andare contro quel tipo di sistema, hanno perso la propria vita invano. Innanzitutto non possiamo saperlo cosa potrebbe succedere se un politico mette nei primi cinque punti la lotta alla mafia, è vero che probabilmente le grandi Lobby non lo voterebbero. Il cambiamento passa dai cittadini, perché se i cittadini hanno consapevolezza che le regole del gioco si possono cambiare, il sistema migliora. Se in noi crediamo in un sistema basato sul diritto e sulla parità di diritti per tutti e quindi che ci sia una meritocrazia, obbligatoriamente devo essere contro le mafie e rifiutare quel tipo di sistema che è illegale. Se i nostri politici non lo fanno per primi, io, da cittadino, mi dovrei fare la domanda del perché non lo fanno. Seconda cosa bisognerebbe dire loro che noi la vogliamo la meritocrazia e che se non lo fanno, non riceveranno i voti. Un'altra cosa che noi dovremo fare è quella di scendere in piazza a protestare, voi giovani avete fatto una grande manifestazione contro l'inquinamento e a favore del clima, e questa è stata una cosa straordinaria, bellissima. Ho visto anche tanti politici che ci hanno appeso il cappello a quella manifestazione e che quindi, voi giovani, a quei politici li dovreste prendere a pedate. E dirgli apertamente: “Caro politico tu sei lo stesso che vuole mettere le trivelle davanti alla Maddalena? Vuoi mettere le trivelle nel mar Adriatico? Sei lo stesso che continua a portare avanti l'ILVA? Voi politici parlate di cambiamenti climatici e poi portate avanti l'ILVA, gli idrocarburi,.... ma ci state prendendo in giro?”. Voi giovani avete una grande forza perché voi sarete gli elettori di un domani e questo i politici ne dovranno tenere conto. La politica ne deve tenere conto! Quello che stiamo facendo oggi a scuola, stiamo parlando di politica ma anche di cose concrete perché l'origine della parola “politica” deriva da “polis”, non è per forza solo quello che accade in Parlamento. Noi dobbiamo chiedere conto di queste cose!

La domanda successiva è incentrata sulla droga: “Lei ha detto che il traffico di stupefacenti è in mano alla 'Ndrangheta, crede che, magari, rendendo legali le droghe leggere, come è stato in molti paesi, prendendo delle misure, e rendendolo magari Monopolio di Stato, si potrebbe risolvere in parte il problema?” Parliamo di droghe leggere e per quanto riguarda le stesse, marijuana, cannabis. Questa è una riflessione che merita di essere fatta, come discussione, proprio a livello generale come hanno fatto paesi come il Portogallo e come l'Uruguay che l'hanno già adottato. Bisogna vedere quali sono i reali effetti! In questo momento, mi risulta che questa situazione, ha portato in Uruguay all'uso di sostanze stupefacenti di droghe leggere, moltissimi minori che le hanno a portata di mano. E quindi qualcosa che non va già c'è! È un falso storico che legalizzando la droga risolvo il problema delle mafie che trafficano stupefacenti, per più motivi. Primo loro trafficano nelle droghe pesanti tipo eroina, cocaina, soprattutto cocaina. I grandi numeri li fanno contrabbandando cocaina che viene dalla Colombia, che viene dal Sud America o dall'eroina che proviene dagli altri stati orientali. Quindi non si risolve il problema ma continuano a fare affari nella stessa maniera. E anche, comunque se venissero legalizzate le droghe leggere, le mafie, in quanto padrone del monopolio farebbero comunque un prezzo molto più vantaggioso di quello che farebbe lo Stato. L'unica cosa in più è che accetti che c'è questo tipo di fenomeno e ci guadagno qualcosa sopra anche io! Questo è più o meno è il rischio che si vede e non è accettabile, fermo restando che le droghe, in generale, come le sigarette, fanno male. Perché devo inquinare la mia salute psichica-mentale? Salvo in casi estremi, dove la droga è utilizzata per motivazione terapeutica, semplicemente perché quella persona sta soffrendo veramente tanto, non ci sono motivazioni che ci portano a dire di darla a tutti. “Questa è la mia opinione anche se mi rendo conto che questo è un tema molto sensibile e importante che andrebbe trattato, perché ci sono pareri discordanti su questo fronte. Ci sono, per esempio, magistrati che sono d'accordo per legalizzarla e altri no. Se sei interessato, approfondiscilo questo tema. Io sono qui solo per darvi la mia opinione e il mio pensiero ma voi dovete farvi la vostra idea, la vostra opinione confrontando tutte le notizie e le informazioni anche su internet. Dovete essere interessati e partecipare alle cose che accadono, come ad esempio partecipare a un processo”.

L’intervento successivo è di un ragazzo che ha letto il libro e ha notato che molti intervistati parlano del ’92 come un anno di cambiamento epocale, di un anno spartiacque, e che alcuni hanno fatto riferimento ai fatti accaduti a Genova nel 2001 in occasione del G8. La sua domanda è questa: “Secondo lei noi giovani, le nostre generazioni, per il nostro futuro e per il nostro domani, che cosa possiamo fare per far sì che il ricordo di grandi uomini come Falcone e Borsellino non sia un ricordo passivo, come possiamo mobilitarci e come possiamo combattere quella che è la cecità di molte persone, perché la maggior parte crede che la mafia non esista più, che sia un discorso ormai passato, che è accaduto 25 anni fa. Che cosa possiamo fare noi oltre che ricordare passivamente?

Quello che accade con Tangentopoli, è visto come una rivoluzione perché viene vissuta come un riscatto da parte di tanta povera gente, era un modo anche di partecipare alla vita politica molto forte rispetto a oggi. Tangentopoli aveva portato un grande senso di rivoluzione, quella rivoluzione in molti l'hanno sentita mancata o non completata. Della mafia, in Sicilia, fino a quegli anni, non se ne poteva parlare nelle scuole. Non se ne poteva parlare liberamente, l'imprenditore Libero Grassi si era ribellato al pizzo, in maniera forte, ed è stato ammazzato! E questo perché era da solo nella ribellione. Era l'unico che aveva capito quello che stava accadendo e, da solo, come quasi tutti quelli che sono stati uccisi perché erano da soli, si erano messi a combattere contro un mostro più grande di loro. Quando si arriva al Maxiprocesso e alle condanne, si arriva a Falcone che sceglie di andare all'ufficio “Affari Penali”, lasciando la Magistratura, recandosi a Roma per cambiare le leggi antimafia, leggi che oggi noi abbiamo grazie anche al suo sacrificio. Leggi come quella sui collaboratori di giustizia, leggi come quella sul 41 bis (il carcere duro per i mafiosi), leggi importanti. Quando vengono colpiti Falcone e Borsellino, per molti, è stato uno stop e per altri è stato l'inizio di una rivoluzione, infatti l'Associazione Libera nasce da quel fatto, Palermo era invasa da lenzuola bianche, nascono movimenti di rivoluzione sociale da quelle stragi. Poi qualcosa si è rotto nel modello e processo di trasformazione probabilmente perché abbiamo creduto che quel nuovo che avanzava era veramente nuovo mentre invece quel nuovo che stava avanzando, nuovo non era, ma aveva cambiato pelle, aveva cambiato strumenti. Per questo bisogna parlare di queste cose. Di fronte a una mafia che cambia, a una mafia che rinuncia a fare violenza e preferisce corrompere, che diventa mercato che investe al nord noi dobbiamo acquisire nuovi anticorpi. Il problema della rivoluzione che è mancata è proprio in questo, nel cuore di questi avvenimenti, perché in quegli anni cambia il modo di fare informazione, cambia la televisione, non ci sono più programmi veramente culturali, c'era “il grande fratello”, “l’isola dei famosi” e altri programmi, che annebbiano il nostro cervello e non ci fanno riflettere su quelli che sono veramente i veri problemi.

Il giornalista poi si rivolge direttamente ai ragazzi e alla domanda su cosa possano fare risponde così: “Cosa potete fare voi giovani oltre all'azione quotidiana che già vi ho detto prima, ricordate che la mafia è un atteggiamento, un modo di porsi di fronte alla società! Oltre a quello, per far sì che la memoria sia la memoria di tutti i giorni, che non sia la memoria del singolo giorno della commemorazione, si può scegliere innanzitutto da che parte stare. Se qualcuno ti offre uno spinello, per ritornare al percorso di prima, devo sapere che in quel momento sto prendendo un qualcosa che potrebbe, foraggiare quel sistema criminale mafioso di cui vi parlavo prima e che mi fa entrare, con quel semplice gesto, in quegli 80 miliardi di euro all'anno. Se qualcuno vi propone soldi o altro, bisogna farsi la domanda di cosa c'è dietro. Al Sud questo accade quasi tutti i giorni ma oramai sta accadendo in tutta Italia. Succede quando un imprenditore è in crisi e ti viene quella persona che ti propone di finanziarti e ti finanzia 20 milioni di euro o 30 e ti chiede, magari, il 5% del ricavato della tua azienda promettendo di risollevarti. Non sai chi è in effetti quella persona oppure, come molti, lo sanno e li fanno entrare pensando che li possano gestire e poi, invece, accade che quella partecipazione del 5% poi diventa del 15, del 20 fino a estromettere, completamente, il proprietario di quell'azienda. Quindi ci sono le scelte che ognuno può fare in base al suo ruolo e poi c'è quella dell'impegno. Impegnarsi significa sostenere le famiglie vittime delle mafie; partecipare quando ci sono i grandi eventi nazionali che parlano di queste cose; significa informare l'amico, informare la famiglia, parlare di queste cose; parlatene alla radio, ai giornali, alle televisioni. Uno può impegnarsi anche attivamente. Ci sono dei ragazzi, il gruppo “Our Voice” che alcuni di voi hanno conosciuto, che hanno scelto di impegnarsi facendo arte e parlando ad altri giovani come loro di quello che è il fenomeno mafioso che è fatto di tante cose. Informarsi è leggere un libro; si può agire in tanti modi facendo una campagna di sensibilizzazione su determinati temi; partecipare agli eventi andando a Palermo; andare in qualche terreno dell'Associazione Libera confiscato alle mafie e capire come si confiscano questi beni”

Una ragazza parla della sua esperienza personale, è venuta a conoscenza dei fatti di Genova quando, nel 2016 è andata a Genova per un presidio scolastico, “ci hanno fatto entrare nella via dove è successo quello che tutti ricordano, e io iniziavo a farmi un'idea di queste situazione, a 16 anni non ne avevo mai sentito parlare. Quest'anno mi sono trovata a votare per la prima volta. Nel momento in cui ho cercato di informarmi, in realtà mi sono confusa, non sono riuscita a trovare delle informazioni chiare e precise, anche cercando su internet, ho trovato più che informazioni vere e proprie, degli specchi per le allodole. La mia domanda è come informarsi in maniera sicura?”

Pettinari apprezza la domanda sulla informazione e chiude l’incontro con le sue ultime riflessioni e gli ultimi consigli. “L'informazione è fondamentale, dicevi giustamente del fatto che scompaiono le notizie, scompare la notizia e viene relegata, magari, in terz'ultima pagina oppure oggi, molti non sanno, parlando proprio di Bolzaneto e Diaz, ed è proprio di pochi giorni fa la notizia che la Cassazione impone allo Stato di pagare per quelle vittime e troppo spesso si dimentica. Troppo spesso l'informazione si è adeguata a un sistema che sta andando veloce e secondo me il problema è proprio perché nasce nel momento in cui, in Italia, l'informazione, è legata alla politica. Ha un legame con la politica molto stretto. I quotidiani sono spesso di partito; la nostra TV di Stato, la RAI, dovrebbe essere libera e indipendente ma gli amministratori e il consiglio direttivo viene votato dal parlamento. Di fronte a queste situazioni, diventa tutto quanto molto più complesso e più difficile, oltre al problema che le notizie scompaiono, non si da il giusto risalto alle notizie o addirittura non se ne parla o se ne parla poco. Del processo “Trattativa Stato Mafia” se n'è parlato poco; del depistaggio di Via D'Amelio se n'è parlato pochissimo perché magari sono coinvolte figure vicine o rappresentanti di Stato; della stessa Diaz si parla pochissimo; della stessa Bolzaneto se ne parla pochissimo. Pensate che non si sa, o pochi sanno, che molti dei responsabili di quel massacro hanno fatto carriera, anche “dorate carriere”, dobbiamo dire! Questa è una grande ingiustizia di cui noi, alla giustizia, dobbiamo chiedere conto perché a Bolzaneto come alla Diaz, voi non potevate esserci, perché ancora non eravate nati nel 2001, magari io potevo esserci o potevano esserci i vostri genitori lì. Non è capitato per una pura casualità. Tornando all'informazione, ha un ruolo fondamentale e noi dobbiamo far valere il nostro diritto a informare ed essere informati. Come ci si difende dalle tante informazioni perché comunque diventa difficile e complicato come diceva Fiorella Mannoia occorre prendere la prima notizia, confrontarla con la seconda, con la terza e via di seguito, oggi l'informazione ufficiale passa sempre tronca. Allora bisogna cercare di vedere con i propri occhi, cercare il più possibile quel giornalismo o quegli organi di informazione che sono il più possibile svincolati dalla politica, non perché non devono parlare di politica ma perché non sono pagati per dare un'informazione sbagliata. Per dimostrarvi quello che sta facendo oggi la politica sul tema dell'informazione, hanno detto di fare la legge per togliere il finanziamento pubblico ai giornali. Potrebbe anche essere giusta e corretta, presso la RAI in primis, però crea un altro tipo di problema perché ci sono, a volte, dei giornali che fanno vera informazione che ora avranno grandissima difficoltà e rischiano di chiudere. Ci toglieranno un grandissimo canale di informazione, penso, per esempio, a Radio Radicale, su questa radio fanno un servizio fondamentale per queste notizie qui, trasmettono in diretta i processi, le riunioni del parlamento e altro. Se voi cercate, troverete conferenze stampa del '92, manifestazioni, processi, processo Ruby, processo Diaz processo Stato Mafia, processo Borsellino I,II,II,IV, processo Capaci e altro; è diventato un archivio storico eccezionale! Quindi non fermatevi al mio racconto e alle mie parole, ma dovete sentirlo con le vostre orecchie quello che io vi racconto o vedere una manifestazione dove c'è tale giudice o tale persona che sta raccontando, esempio Di Matteo, che se volete sapere cosa dice e racconta, potete cercarlo, oggi, su internet e YouTube ci sono tanti video conferenze. Radio Radicale lo fa in maniera non di parte, ecco il merito che da l'informazione ai cittadini che poi possono scegliere e farsi un quadro. Questo bisognerebbe fare, il giornalista dovrebbe raccontare i fatti secondo verità, raccontarli tutti, raccontare tutti gli aspetti non secondo quello che gli conviene. Questo non significa che io non debba avere la mia opinione, io posso dire la mia opinione, do la mia analisi di un fatto, ma i fatti, comunque sia, e su questo dobbiamo essere tutti quanti d'accordo, non si possono cancellare perché sono sempre quelli, il fatto intanto è quello e dopo si possono fare le valutazioni del perché vengono fatte le cose e sia giusto o no”.

Si è giunti alla conclusione di questo incontro con i ragazzi, anche questa volta andiamo via molto contenti, pieni di soddisfazione per tutto quello che abbiamo visto, sentito e detto, una partecipazione attiva e interessata e ricca di spunti. Siamo certi che ci torneremo presto, arrivederci Macomer!

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