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tescaroli mafia capitale c imagoeconomicada polesine24.it
Il pm adriese ha condotto le indagini che hanno portato a “Mafia capitale”. Adesso, a 53 anni soltanto, lo attende il nuovo incarico di procuratore aggiunto a Firenze

C’è anche, anzi soprattutto, l’opera di un adriese dietro la sentenza della terza Corte d’appello di Roma che ha riconosciuto l’associazione mafiosa nell’azione criminale comunemente nota come “Mafia capitale”.

E’ la firma di Luca Tescaroli, pubblico ministero della direzione distrettuale di Roma, titolare dell’inchiesta, professionalmente “cresciuto” nella procura di Caltasinetta con le indagini sulla strage di Capaci, quando approdò nell’isola alla giovanissima età di 27 anni. Le indagini di quel pool portarono a 26 ergastoli, tra cui quello di Giovanni Brusca. Significativo l’apprezzamento della presidente della Corte Rosanna Ianniello, la quale, l’altro giorno, prima di entrare in camera di consiglio, tra i ringraziamenti, ha sottolineato “in particolare il lavoro del pm Luca Tescaroli che si è contraddistinto per professionalità”.

Qualche giorno fa, Tescaroli è stato nominato dal Csm, Consiglio superiore della magistratura, procuratore aggiunto di Firenze, incarico che assumerà entro al fine dell’anno: all’età di 53 anni è un traguardo quanto mai prestigioso, ormai ai vertici della struttura investigativa nazionale, una tappa importante di una carriera già straordinaria.

Sia pure nato a Lonigo, dove ha trascorso la prima infanzia, classe 1965, Luca Tescaroli è figlio della città etrusca dove ha vissuto tutta la gioventù fino agli anni dell’università. Il padre Nereo è molto noto in città e ben oltre i confini polesani avendo svolto l’incarico di segretario comunale ad Adria e Venezia, quindi a Palazzo Celio e in altri enti pubblici; invece al riparo dei riflettori è la madre Alberta Giano, casalinga. Molta nota anche la sorella, Stefania, di qualche anno più giovane, avvocato e insegnante di diritto alle superiori, ex assessore ed ex presidente del consiglio comunale, da qualche anno ritiratasi dalla politica attiva, ma non ancora “pensionata”.

Dopo l’esperienza siciliana, approdato a Roma, è stato incaricato di seguire il processo per l’omicidio del banchiere Roberto Calvi, trovato impiccato a Londra il 18 giugno del 1982 sotto il ponte dei Frati neri e concluso nel 2007 con l’assoluzione in primo grado di tutti gli imputati contro i quali aveva chiesto la condanna all’ergastolo di Pippo Calò, Ernesto Diotallevi, Silvano Vittor e Flavio Carboni. La Procura, arenatasi su una questione di rogatorie internazionali, ha fatto ricorso in appello. Dal 2011 rappresenta la pubblica accusa nel caso cosiddetto “Maddoff dei Parioli” per la megatruffa da 300 milioni ai danni di vip e professionisti della capitale.

Nonostante gli impegni professionali, Tescaroli è molto attivo sul piano editoriale, ha al suo attivo diversi libri: per Rubettino “Perché fu ucciso Giovanni Falcone” 2001, “Le faide mafiose nei misteri della Sicilia” 2003 e “Le voci dell’oblio” 2005; quindi “Colletti sporchi” Rizzoli 2008, “Obiettivo Falcone. Dall’Addaura a Capaci misteri e storia di un delitto annunciato” ancora Rubettino 2011; è editorialista del quotidiano “la Repubblica” per le questioni di mafia.

In un’intervista di qualche anno fa, in occasione dell’uscita del libro “Colletti sporchi”, alla domanda perché la mafia ancora non è stata annichilita, ha risposto: “Una delle più importanti ragioni che hanno consentito questa coesistenza, tra struttura mafiosa e Stato, è sicuramente rappresentata dalla circostanza che la linea di discrimine tra il bene e il male non è così netta. Vi sono forti aree di compenetrazione e questo spiega perché ancora ci troviamo dinanzi a questo problema. Ancora vi è l’esigenza di portare avanti cammini e percorsi di legalità per far capire questa realtà. Nella pubblicazione abbiamo cercato, attraverso l’analisi dei casi concreti, di far capire come e perché accadono questi fenomeni. Perché accade questo fenomeno della compenetrazione. E sono state prese in rassegna tutta una serie di tipologie criminali e non di condotte, che corrodono la democrazia, i nostri rapporti sociali, l’economia e il mondo del lavoro”.

Tratto da: polesine24.it

Foto © Imagoeconomica

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