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strage capaci bologna via dameliodi Enza Galluccio
L’apertura degli archivi di Stato per desecretare gli atti sulle principali stragi italiane potrebbe essere un’arma a doppio taglio.
Come ben chiarisce Gianni Barbacetto su Il Fatto Quotidiano (mercoledì 1 e venerdì 3 agosto 2018, ndr), le procedure che metterebbero in atto la declassificazione degli atti secretati per procedere alla loro resa pubblica sarebbero nelle mani delle amministrazioni dello Stato, servizi segreti compresi.
Secondo quest’analisi la discrezionalità su cosa rendere pubblico e cosa no, paradossalmente, potrebbe ricadere nelle stesse “intenzioni” degli apparati che per anni hanno tenuto nell’ombra pesanti responsabilità istituzionali, con depistaggi ormai accertati nelle motivazioni delle sentenze relative a i processi Borsellino quater e trattativa Stato-mafia (ma ci sono anche altri precedenti come quelli della strage del 2 agosto a Bologna in cui fu condannato Licio Gelli per aver aver favorito l’azione depistante del Sismi, con il coinvolgimento di uomini della P2).
Già nel 2014, la Direttiva Renzi, annunciava l’apertura delle porte degli archivi statali per quegli atti legati alle stragi avvenute tra il ’69 e l’ ’84 e i risultati erano stati a dir poco insoddisfacenti proprio a causa di quella discrezionalità che citavo prima: l’elenco dei documenti da rendere pubblici non ha retto il paragone con tutto ciò che si è scelto di mantenere nell’ombra.
Come riportato in uno degli articoli di Barbacetto, il magistrato Leonardo Grassi ritiene che la gran quantità di episodi d’eversione e terrorismo portati alla luce, pur essendo meritevoli d’attenzione, non compensava l’assenza(né la giustificava) di ben altri fascicoli che il “comitato d’alto profilo” aveva scelto di mantenere nell’ombra di quegli archivi. Tra questi, erano compresi quelli contenenti informazioni su strutture parallele come Gladio o sui gruppi eversivi di estrema destra, spesso coprotagonisti negli episodi stragisti.
La chiave di lettura finale porterebbe all’amara deduzione che le presunte verità rese pubbliche risulterebbero così legittimate pur essendo “affette” da una drammatica parzialità, con il rischio che ciò che non è stato reso manifesto potrebbe anche non essere mai più cercato.
Inoltre, secondo un’altra riflessione dello stesso Grassi, che arriva a citare la celeberrima Hannah Arendt, nello specifico della strage alla stazione di Bologna si sarebbero rese evidenti le volontà devianti di certe ricostruzioni dei fatti, offerte da collaboratori (o presunti tali):
“Qui i miei imputati erano valenti funzionari dei Servizi, gente rispettabile, con cravatta e famiglia, con i problemi di molti, di carriera, di soldi, di prestigio. L’accusa contro queste persone era di aver protetto gli stragisti, di aver deviato le indagini contro di loro in nome delle ragioni di quello "stato occulto" che aveva incoraggiato o, se non altro, tollerato la strategia della tensione. "La banalità del male" è il titolo di un libro in cui Hanna Arendt descrive la rete di connivenze di gente qualunque, di gente apparentemente per bene, che ha consentito la consumazione dell’olocausto. Ecco, avevo a che fare con la banalità del male. Ricordo strani personaggi che si atteggiavano a collaboratori e che, in un gioco intellettuale in un certo senso raffinato ma in realtà allucinante, nel senso letterale del termine, offrivano all’indagine complesse ricostruzioni dei fatti del 2 agosto con l’unico scopo di scagionare quelli che nel primo processo per l’attentato di Bologna erano già stati riconosciuti colpevoli”.
La rinnovata promessa di apertura degli archivi di Stato, offerta dall’attuale ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, pertanto, dovrebbe tener conto del rischio legato alla discrezionalità e, quindi, dell’autorevolezza e dell’integrità delle figure incaricate di stilare i nuovi elenchi relativi agli atti da declassificare.
Dunque, il messaggio che filtra sembra essere quello di un’apertura sì, ma totale. In caso contrario, potrebbe esserci il pericolo di perdere definitivamente l’opportunità di confrontarci con verità pur scomode ma essenziali all’integrità etico-politica dello Stato, e non solo di chi lo governa. La mancanza di necessarie precauzioni, potrebbe concedere a qualcuno la possibilità di porre una pietra tombale su quanto in quegli anni è realmente accaduto.

Foto a destra © Imagoeconomica

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