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di Andrea Braconi - Video
Con un invito a denunciare ingiustizie sociali e infiltrazioni criminali, è stata Sonia ad aprire a Casette d’Ete l’incontro della rassegna Incipit, organizzata dall’associazione Santa Croce, che ha visto protagonista Lorenzo Baldo, vice direttore di AntimafiaDuemila. “Siamo ragazze e ragazzi di diverse parti del mondo - ha spiegato la giovane attivista del movimento culturale internazionale Our Voice, che ha una delle sue sedi proprio a Sant’Elpidio a Mare, oltre che in Friuli, Argentina, e Uruguay - e ci battiamo attraverso l’arte. Realizziamo spettacoli, andiamo nelle scuole e cerchiamo sempre di espandere questo nostro desiderio di giustizia”.

Jamil, altro membro dell’associazione, ha elencato i prossimi appuntamenti, tra cui l’incontro del 12 maggio al Teatro dell’Aquila di Fermo incentrato sulla sentenza riguardante la trattativa tra Stato e Mafia, i viaggi a Palermo di fine maggio e di metà luglio per ricordare personaggi come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, fino alla marcia Perugia-Assisi di ottobre. “Il nostro è un messaggio di solidarietà, che faccia capire alle persone che dobbiamo pretendere la verità”.

Ad Elena, invece, il compito di riproporre in maniera teatrale un passaggio del film “I cento passi” sulla figura di Peppino Impastato, di cui il 9 maggio ricorre il 40° anniversario dell’omicidio.

Poi la voce di Lorenzo Baldo, giornalista da sempre impegnato sul tema delle mafie, autore del libro “Suicidate Attilio Manca” nel quale racconta particolari inquietanti sulla morte del 34enne urologo originario della Sicilia, ritrovato cadavere il 12 febbraio 2004 a Viterbo.



“Attilio era un luminare con una carriera folgorante davanti a sé - ha ricordato Baldo - ma la sua fine è costellata di misteri. La Procura di Viterbo ha escluso subito tutte le piste, dichiarando che Attilio era morto per overdose, ma, studiando le carte, insieme a tanti esperti ho trovato superficialità nel referto, anomalie nell’autopsia e diversi punti fragili dell’investigazione. Ci sono elementi che fanno pensare che Manca sia stato ucciso perché sapeva troppo riguardo al boss Bernardo Provenzano. Non ci sono prove certe che lo stesso Attilio Manca abbia operato Provenzano a Marsiglia, ma da un’indagine condotta da un altro giornalista è stato accertato come alla fine dell’ottobre 2003, quando cioè Provenzano si è fatto operare alla prostata in terra francese, Manca non fosse in servizio nel suo ospedale. E poi la sua è stata una morte troppo violenta per esser legata ad un overdose. C’è poi il ruolo del cugino Ugo Manca, vicino ad ambienti mafiosi”.

Baldo ha accennato anche alla recente sentenza di primo grado che ha sancito lo stretto rapporto tra pezzi dello Stato ed esponenti della mafia siciliana per far cessare le stragi tra il 1992 ed il 1993. “In questo contesto così ampio se Attilio è stato testimone di una rete di protezione intorno a Provenzano è chiaro che doveva essere ucciso. Significava che aveva capito qualcosa di troppo, forse persino chi proteggeva quel vecchietto che aveva operato. Quindi, ucciderlo era una necessità. Se Viterbo ha chiuso subito per suicidio, Roma dopo anni ha aperto un’inchiesta per omicidio contro ignoti. La speranza è che a metà giugno il giudice accolga le richieste degli avvocati, non archivi e chieda invece un supplemento di indagine. Ma a marzo il pronunciamento della Commissione Antimafia è stato una sorta di boomerang, con la relazione di maggioranza che si è rivelato qualcosa di aberrante. E pensare che Rosy Bindi era stata la prima a dire che quello non era un suicidio, ma ad un certo punto la Commissione si è appiattita sull’investigazione di Viterbo. Mentre la speranza della famiglia di Manca era proprio incentrata sulla relazione di maggioranza. Stando per tanto tempo con questa famiglia ho vissuto qualcosa di emotivamente molto impattante. È stato un viaggio incredibile, che mi ha cambiato tanto; ho vissuto il loro dolore sordo e anche il loro coraggio messo a durissima prova, situazione per la sua parte vissuta anche dal fratello Gianluca.

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Un ultimo passaggio Baldo lo ha dedicato a quei giornalisti e soprattutto alle giovani generazioni che tanto si stanno spendendo sul fronte della legalità. “Nel mio lavoro avverto una forte ostilità, anche senza azioni eclatanti. Ma è necessario andare avanti, tutti insieme. Certo, in questo Paese di stragi di Stato e di silenzi la verità riesce ad emergere in un periodo di tempo piuttosto lungo, ma dobbiamo avere la forza di continuare a raccontare che c’è una parte di Stato sana - e penso a tanti esponenti dei Carabinieri, della Polizia, della Guardia di Finanza e della Magistratura - con la quale si può costruire un futuro migliore”.

Tratto da: cronachefermane.it

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