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casablanca lesiciliane n 53Non si può restare a guardare
di Graziella Proto - PDF

Ci fu un periodo in cui a Catania l’esistenza dei comitati d’affari era chiara. Si urlava l’indignazione, si facevano convegni, i partititi di opposizione ne organizzavano le offensive. Facevano progetti e proposte più o meno affascinanti e coinvolgenti.
Oggi spiegare “’o sistema Catania” come intreccio tra politica, imprenditoria, informazione e affari non è semplice. Nemmeno breve, perché bisognerebbe sempre partire da lontano, quando la percezione dell’ambiente affaristico-mafioso era una percezione terribilmente chiara. Non c’era il rischio di sbagliare mira perché le posizioni erano definite.
Per farsi un’idea tuttavia basterebbero poche foto d’epoca, due tre foto storiche a dimostrazione di come imprenditori, mafiosi, politici, faccendieri, magistrati hanno fatto sempre comunella. Senza alcun imbarazzo. Alle feste, all’inaugurazione di locali o semplicemente al ristorante. Appunto un sistema.
Sicuramente la storia degli ultimi cinquant’anni di Catania è raccontata nei numerosi faldoni depositati per il processo - in atto al tribunale di Catania - al padrone della città, l’editore-direttore del quotidiano “La Sicilia”, Mario Ciancio Sanfilippo. Un artista degli affari. Affari a tutto tondo. Soprattutto acquista immobili in quartieri da risanare. Terreni agricoli che godranno della variante e diventeranno edificabili. Vecchi agrumeti secchi da trasformare in alberghi, piscine, campetti da golf e cinema grazie al Pua (Piano urbanistico attuativo Catania Sud).
A Catania a giugno prossimo si andrà a votare per il nuovo sindaco. Inutile dire che i muri dell’intera città, comprese le periferie dove di solito si reca pochissima gente oltre gli abitanti, sono tappezzati di faccioni tondeggianti, allungati, spigolosi, quadrati. Tutti comunque sorridenti e ammiccanti. Tutti maschi - almeno fino ad adesso. Le riunioni sono più o meno segrete per stabilire gli equilibri. Magnifiche sedi per i comitati elettorali sono state inaugurate. Poco, anzi per niente si sente parlare di programmi, del bene della città.
C’è un manifesto con il volto di un giovane - non simpatico a dire il vero - che nel suo slogan parla di amore. La sua faccia gira da parecchi mesi e, cosa straordinaria, fino adesso sul cartellone tre per sei non appare alcun simbolo politico, nessuna traccia di destra o sinistra, solamente la sua faccia e la sua decisione a voler fare il sindaco della città. Poche parole. Parole d’onore!
Forse dovremmo capire? E forse qualcuno ha capito?
Catania forse è l’unica città al mondo in cui il fratello di un pregiudicato, condannato per estorsione e minacce e ritenuto vicino al clan Mazzei (i carcagnusi) si candida a sindaco della città.
È vero, in passato ci sono stati dentro il Palazzo degli elefanti parentele di rango… mafioso. Certamente siamo tutti convinti che le colpe sono personali, ma non è questo il discorso.
“Lui”, il candidato, da parte sua non ha avuto mai imbarazzo, anzi rivendica la sua amicizia con Carmelo Mazzei figlio del boss. Un fatto che non gli ha impedito pochi mesi fa di essere eletto alla regione. Qui si sa, siamo spregiudicati!
Durante la campagna elettorale nel suo quartiere era tassativamente proibito andare ad ascoltare i comizi di altri candidati. Un modo per dire agli altri concorrenti di non andare in quel rione - non ci sarebbe stato nessuno ad ascoltare. Parola d’onore.
Ma la sua strada sembrerebbe ancora in salita perché contro la sua autocandidatura nello stesso partito Forza Italia ci sarebbe un cavallo vincente che non vuole rinunciare alla candidatura ed è ben visto dal partito.
Bene, “Lui”, dichiara che ha le sue truppe e gareggerà lo stesso.
Fra i tanti candidati comunque nessuno potrà proporre bianche primavere, tutto lascerebbe pensare a dei malinconici autunni… ma come disse il poeta, la speme è l’ultima dea a fuggire.

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