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matteucci annadi AMDuemila - Foto
In occasione della presentazione del libro “Suicidate Attilio Manca”, tenutasi lo scorso 9 settembre presso la “Casa degli Artisti” di Fossombrone, l’artista Anna Matteucci ha esposto alcune sue opere. Riportiamo di seguito alcune sintesi elaborate dalla stessa che riassumono la memoria, il dolore, l’impegno e il riscatto che riaffiorano dalle sue composizioni.

OTTANTAQUATTRO
Da alcuni anni è stata istituita la giornata della memoria per ricordare le vittime innocenti delle mafie, sotto l’egida dell’Associazione Libera, che tra le molte attività di contrasto alle mafie pone l’educazione alla legalità come una priorità assoluta. Ogni 21 marzo in un luogo concordato si svolge una grande manifestazione che oltre a riunire i parenti delle vittime, raduna un gran numero di partecipanti, soprattutto scolaresche. Insieme assistono alla lettura di tutti gli ottocentoquarantadue nomi di coloro che a partire dal 1893 fino ad oggi sono caduti in questa guerra, di cui forse non si ha la giusta percezione ma devasta il nostro paese in molti modi, impedendone di fatto una crescita normale. E’’ stato assistendo alla lettura che ha preso forma l’idea di poter dare visione della tragedia nella sua enormità, cucendo un ‘vestito’, uno per ciascuno, come anticamente si cuciva un sudario, un abito per l’aldilà.

Mentre studiavo attentamente la lista delle vittime, una lista di guerra, sono stata colpita dai tanti nomi di donna ed ho quindi deciso di iniziare il lavoro rendendo omaggio a queste ‘sorelle’ a me sconosciute, forse perché l’affinità femminile me le faceva sentire più vicine, se possibile ancora più vittime nell’essere uccise mentre avevano per mano i figli, o l’anziana madre, nei gesti quotidiani dell’accudimento e della cura, che parlano del perpetrarsi della vita, lontani anzi opposti ai gesti della violenza e della morte. E se forse un oscuro presagio può essere passato nella mente della poliziotta o della giornalista, colpisce l’insensatezza, la banalità del male dove leggiamo che la morte è avvenuta per caso, per sbaglio, perché “passava”, perché “si trovava nei pressi”.

“Ottantaquattro” è un’opera dedicata alle donne vittime innocenti di tutte le mafie, dalla fine dell’’800 ai giorni nostri. Si tratta di una lista di nomi simbolica, sicuramente incompleta in quanto l’infiltrazione mafiosa nel nostro paese è talmente antica e radicata che si può supporre un numero molto più alto di vittime di cui non è stato possibile raccogliere notizie certe. A tutte coloro che non conosciamo e a quelle di cui sappiamo è dedicato questo lavoro attraverso il quale ho voluto rendere visibile la presenza, simbolica, eppur drammaticamente tangibile di ottantaquattro abiti bianchi, uno per ognuna di loro. Il gruppo delle tuniche è corredato e completato dalla nominazione ossia dalla lettura dei nomi.

matteucci ottantaquattro vestito rose

Il 6 marzo 2016 alla Chiesa della Maddalena a Pesaro, Anna Matteucci ha presentato OTTANTAQUATTRO.
Sulle note dell’‘Adagio per archi’ di Samuel Barber, sei lettori, guidati da Silvia Melini, si sono alternati nella lettura dei nomi di tutte le donne con qualche breve nota biografica.
Matteucci ha infatti eseguito una accurata ricerca su di loro, chi erano e come sono state uccise, completandola dove era possibile con ritratti fotografici che sono stati proiettati nella stanza di ingresso della Chiesa.
L’installazione è stata patrocinata dal Comune di Pesaro, e realizzata in collaborazione con Pesaro Musei.

IL VESTITO DI GELSOMINA VERDE
Il vestito di Gelsomina Verde vuole essere una citazione di “A fior de piel” un’opera di Doris Salcedo, la coperta di petali di rose dedicata ad una infermiera torturata e uccisa dai narcotrafficanti, in Colombia, paese devastato da violenze e criminalità.
Nel 2004 a Napoli, in Italia, Gelsomina Verde viene uccisa con le stesse atroci modalità, durante una guerra di camorra.
La tunica coperta di petali di rose rosse “freedom” a stelo lungo, che normalmente si usano per un gentile omaggio alle signore, offre un cortocircuito visivo per il suo assomigliare alla carne e al sangue.

MADONNA DELL’INCHINO
A colpo d’occhio lo stendardo da processione è una immagine comune e familiare di Madonna con Bambino benedicente.
In realtà, le parti in metallo dorato che formano le corone e le collane delle due figure sono composte con bossoli di armi di vario calibro, recuperati in un tirassegno, e la dalmatica, ossia il ricco vestito rigido, si apre su di una sottoveste formata di pizzo e buste di polvere bianca.
La ‘Madonna dell’inchino ‘ allude alla pratica di far fermare la processione che si tiene in occasioni solenni in alcuni paesi del sud, davanti la casa del boss locale per una sorta di ‘omaggio’.

matteucci madonna dellinchino

Anna Matteucci
Dopo alcuni anni dedicati alla scrittura con saggi e romanzi pubblicati, Anna Matteucci si è avvicinata alle arti visive passando anche attraverso esperienze di lavoro presso importanti atelier d’artista.
Diplomata al I e al II livello al Dipartimento di Arti Visive Contemporanee dell’Accademia di Belle Arti di Urbino, ha al suo attivo diverse mostre nazionali ed internazionali. Da alcuni anni il suo lavoro si è concentrato su tematiche sociopolitiche, con la convinzione che l’arte debba servire ad accendere una riflessione sul problema più scottante e devastante per il nostro Paese. Sull’argomento ha scritto un saggio dal titolo ‘L’arte in tempo di guerra’ sul ruolo dell’artista oggi.

Info Anna Matteucci: facebook.com/profile.php?id=100014739705733

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