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frase voltaire liberta pensierodi Sara e Sabrina
Decidemmo di aprire questa pagina Facebook pochi giorni prima l’inizio del rito ordinario del processo Aemilia a Reggio. Non sapevamo nemmeno noi che utilizzo farne. Il nostro obiettivo era, inizialmente, raggruppare tutti gli articoli inerenti al processo a farli convogliare in questa pagina. Ma una volta entrate in aula, durante la prima udienza, capimmo che quel progetto non bastava. Dovevamo fare di più. Armate semplicemente di carta e penna,  i primi giorni annotavamo tutto e riportavano sulla pagina, a grandi linee, ciò che avveniva in aula. Ma uno smartphone non bastava, ed iniziammo ad utilizzare un Tablet. Ma anche quello, a lungo andare, risultò uno strumento non adatto per il lavoro che, piano piano e senza neppure accorgercene, stavamo compiendo. Non bastava entrare dentro quell’aula, sedersi, ed ascoltare ciò che veniva detto. Dovevamo fare di più, ancora una volta. Ed allora iniziammo a studiare. Sì, studiare. Articoli di giornale, libri, carte giudiziarie, documenti. Ci siamo improvvisate addirittura studentesse di giurisprudenza, tentando di comprendere il codice penale e tutti quei termini complicati che vengono pronunciati durante le udienze. Insomma, tutto ciò che ci avrebbe permesso di arrivare dentro quell’aula di tribunale consapevoli di ciò che stavamo raccontando. I primi sei mesi di processo sono stati, per noi, un lavoro estenuante. Non lo nascondiamo. Sentivamo che la pagina stava crescendo, ed insieme ad essa le nostre responsabilità. Non è semplice raccontare per nove ore circa cosa avviene in un’aula di tribunale. Ma lo abbiamo fatto. E lo abbiamo fatto senza chiedere e soprattutto volere alcuna ricompensa, perché volevamo farlo. Capendo che neppure Facebook bastava più abbiamo scelto di essere presenti anche fuori dai social aprendo il sito “processo aemilia”, dando la possibilità di leggere il resoconto delle udienze anche a chi non è presente sui sociale network. Sono stati tantissimi i dubbi, le perplessità, le domande sorte in tutti questi mesi. Ma di una cosa siamo e saremo sempre pienamente convinte: la nostra onestà intellettuale. È questa onestà intellettuale che ci permette di entrare ogni giorno dentro quell’aula di Tribunale senza alcun pregiudizio. Abbiamo maturato la capacità di spogliarci di tutte le nostre convinzioni e lasciarle fuori quell’aula. Ed una volta entrate, ed una volta aperto quel computer, non eravamo più Sara e Sabrina, e non appartenevano più nemmeno alle Agende Rosse. Eravamo semplicemente voci senza volto. Ci siamo tramutate in occhi e voci per chi non poteva assistere alle udienze. E lo abbiamo fatto con onestà intellettuale e con responsabilità. E questa responsabilità l’abbiamo avvertita soprattutto nei confronti degli imputati e dei loro familiari. Perché è di loro che si parla in questo processo, delle loro storie e delle loro vite. Lo abbiamo fatto per quell’articolo 21 previsto dalla nostra meravigliosa Costituzione. Lo abbiamo fatto perché il nostro è un paese democratico. Ed è proprio questa democrazia che ci permette di essere dentro quell’aula di Tribunale. Ed è sempre questa stessa democrazia che non solo permette a voi, imputati, di essere sottoposti a un giudizio imparziale, ma vi fornisce anche tutti gli strumenti per dimostrare la vostra innocenza, da voi tante volte ribadita. La nostra priorità è il processo e se la Corte riterrà la nostra presenza non dannosa per la buona riuscita di esso, noi continueremo ad entrare dentro quell’aula di Tribunale, aprire quel computer, e fare semplicemente il nostro dovere da cittadine: scrivere, scrivere e scrivere. Partecipare alla vita democratica di questo paese. La libertà è partecipazione, disse una volta qualcuno. Il resto sarà storia che racconteremo a chi verrà dopo di noi.

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