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caruso francesco maria ytdi Sara Donatelli
Il Presidente del Tribunale di Bologna, nonché Presidente della Corte del maxiprocesso Aemilia, Francesco Maria Caruso (in foto), rischia un procedimento disciplinare davanti al Consiglio Superiore della Magistratura che ha aperto una pratica in Prima commissione per verificare eventuali profili di incompatibilità funzionale. Il tutto arriva in seguito alla pubblicazione, da parte della Gazzetta di Reggio, delle parole scritte dal giudice sul proprio profilo Facebook. Parole forti, quelle utilizzate da Caruso, il quale ha espresso liberamente la propria opinione in merito al referendum costituzionale e la propria posizione in difesa della Costituzione sulla quale ha prestato giuramento. “Un ultimo e decisivo appello nel quale impegno tutta la mia storia, la presente e la passata”, lo definisce Caruso. È il 29 novembre, quando sulla Gazzetta di Reggio compaiono le parole del giudice e non tardano ad arrivare le reazioni politiche. L’ex deputato PD Pierluigi Castagnetti parla di un “delirante manifesto per il no” e con un volo pindarico aggiunge “non vorrei essere un politico o un cittadino schierato per il sì costretto a sottoporsi al suo giudizio in tribunale”. Gli fa eco Michele Del Rio “Lui (Caruso) è a capo del più importante tribunale dell’Emilia Romagna. Domani potrebbe essere chiamato a giudicare chi ha giudicato sui giornali”. Ed ecco qui il nodo principale della questione. A Michele Del Rio sfugge infatti un particolare: il Presidente Caruso non ha rilasciato nessuna intervista alla Gazzetta di Reggio e non ha pronunciato quelle parole di fronte ad alcun giornalista. Lo ha fatto sul proprio profilo Facebook, un profilo privato, rivolgendosi solo ed esclusivamente ai propri contatti. Un post preso e inserito all’interno delle pagine di un quotidiano gestito da un direttore che evidentemente non ha ritenuto necessario alzare la cornetta del telefono e chiedere al diretto interessato una conferma, una smentita o una rettifica a quelle frasi. O, più semplicemente, l’autorizzazione per pubblicare quelle parole sulle pagine di uno dei giornali più importanti della nostra regione. E il risultato di questa decisione, aldilà degli attacchi contro il Presidente Caruso, è il rischio concreto di un procedimento disciplinare da parte del Consiglio Superiore della Magistratura che potrebbe culminare addirittura con un trasferimento. Aldilà delle parole utilizzate da Caruso, verso il quale sono state tante anche le manifestazioni di solidarietà, ciò che questa vicenda ha posto in primo piano è stata l’ennesima occasione persa per un giornalismo “eticamente corretto”. Larry J. Sabato, politologo americano, ha spesso parlato nei suoi saggi di “feeding frenzy”, frenesia famelica, una sorta di trance bulimica che colpisce molti giornalisti alla ricerca disperata di “notizie” con cui riempire le pagine di un giornale. Rincara la dose Jules Witcover che ha utilizzato la definizione di “piranha-like frenzy” frenesia famelica tipica dei piranha. Quante volte il Presidente Caruso ha espresso pubblicamente la propria posizione in difesa della Costituzione? Tantissime. Ed è lui stesso a confermarlo all’interno del famoso post: “Siamo andati ovunque, nelle scuole, nelle comunità, nei circoli, a raccontare la Costituzione, la legalità, la democrazia, l’uguaglianza, i diritti, la partecipazione democratica, la cittadinanza, a spiegare che la nostra Costituzione unisce e include, dà il diritto a tutti di contare in un quadro di regole comuni e condivise, scritte in un’epoca storica che dava spazio ai più grandi valori della civiltà europea”. E quante volte le sue parole sono state riprese dai giornali? A voi la risposta. Eppure quel post è stato preso, letto, pubblicato e dato in pasto ad una gogna mediatica resa concreta da persone e personaggi che hanno colto l’occasione per mettere in dubbio non solo la caratura morale di Caruso, ma anche e soprattutto la sua “adeguatezza” a svolgere il ruolo di Presidente del Tribunale di Bologna e (soprattutto) il ruolo di Presidente della Corte di Aemilia. C’è il tempo, in tutto questo correre, spingere e smania di arrivare primi, per una riflessione sui limiti del diritto di cronaca? Sul rischio che il diritto ad informare si trasformi in uno spettacolo di cattivo gusto? Chi ha preso la decisione di pubblicare quel post, perché non ha ritenuto necessario chiedere l’autorizzazione a Caruso? E ancora, non c’erano gli estremi per comprendere, o almeno immaginare, quali potevano essere le conseguenze di tale decisione? L’equazione “è su internet quindi è di dominio pubblico” è sufficiente? O bisognerebbe forse chiedersi se il diritto all’informazione è prevalente rispetto a diritto alla privacy dei protagonisti dei fatti? Non a caso, è lo stesso Caruso a precisare che “la pubblicazione ha l’evidente scopo di sollevare una polemica giornalistica alla quale il ruolo istituzionale impone di rimanere estraneo”. Il Presidente precisa che, pur confermando integralmente i contenuti del messaggio, le stesse idee e gli stessi concetti sarebbero stati presentati in forme diverse, se sin dall’inizio  destinati ad un pubblico più ampio. Un’ennesima occasione persa, dicevamo. Peccato. Un’ultima considerazione, questa volta strettamente  personale. Come Movimento delle Agende Rosse Gruppo Mauro Rostagno di Modena e Brescello, io e Sabrina Natali abbiamo seguito tutte le udienze del Processo Aemilia. Siamo state dentro quell’aula, fortemente voluta dallo stesso Caruso, ore ed ore, ascoltando e riportando tutto ciò che avveniva o veniva detto. Abbiamo provato, in questi mesi, a comprendere ciò che è avvenuto nella nostra regione, attraverso i racconti e le storie dei protagonisti ed attraverso le loro voci. Ma, per noi, non è stato solo un semplice ascoltare e riportare. Abbiamo avuto modo, udienza dopo udienza, di comprendere le dinamiche che nascono all’interno di un processo di tale portata e di studiare i ruoli che ogni personaggio svolge o può svolgere. Sono state tante le domande sorte, in tutti questi mesi, poche le risposte, pochissime le certezze. Anzi, una. L’estrema professionalità e la grande capacità del Presidente Caruso di gestire questo processo. Un Presidente che ha dato la possibilità agli studenti di assistere alle udienze, nonostante alcuni pareri contrari iniziali. Un Presidente con una lunga storia alle spalle, una lunga carriera che è passata per processi storici, importanti e difficili. Come il processo per la strage di Via D’Amelio, o quello per l’uccisione di Federico Aldrovandi. Una storia iniziata e passata per la Sicilia, stuprata e benedetta terra. E stuprata e benedetta terra è anche l’Emilia Romagna, terra di Resistenza, che oggi più che mai ha bisogno di uomini come Francesco Maria Caruso.

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