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zucchetto calogerodi Pippo Giordano - Video
Il premio Nobel Luigi Pirandello disse: “La lealtà è un debito, è il più sacro, verso noi stessi, anche prima che verso gli altri. Tradire è orribile.” Un ragazzo siciliano, che alla pari di tanti altri, incarnò la bellezza della lealtà si chiamava Calogero Zucchetto, “Lillo”, giovane agente della Squadra mobile di Palermo. Lillo, morì non tradendo. Esempio della migliore gioventù siciliana. Sono trascorsi 34 anni da quando i killer di Cosa nostra spensero la sua giovane vita. Era domenica quel maledetto 14 novembre del 1982. Quel giorno ero di riposo a casa, quando nel pomeriggio, mia mamma mi chiamò dicendomi: “Scendi, c'è un tuo collega al telefono che ti vuol parlare”. Presi la cornetta e il mio caro amico e collega della V° sezione di Ninni Cassarà non mi diede nemmeno il tempo di salutarlo: “Hanno ammazzato Lillo. Non ti muovere da casa che veniamo a prenderti”. Io soggiunsi: “Ma, che cosa stai dicendo?…”

“ Pippo, purtroppo è vero. Gli hanno sparato in Via Notarbartolo……Pippo, sei ancora in linea?”
“….Sì. Oh mio Dio”.
“Cassarà ha detto di non muoverti, veniamo noi a prenderti”.

Non diedi retta. Sconvolto, presi la mia auto e mi recai prima alla Mobile e poi alla camera mortuaria, guidai l’auto come un automa, mi sembrava impossibile una cosa del genere. Giunsi da Lillo e nel vederlo steso in quella lastra di marmo, mi piombò il mondo addosso; un giovane ragazzo, assassinato a 26 anni, per compiere il proprio dovere. Avevamo trascorso poco più di due mesi insieme, ma era come se l’avessi conosciuto da sempre: mai una parola a sproposito, prima di parlare ponderava sempre quello che diceva. In quei pochi giorni avevo apprezzato, anche alla luce della confidenza datami, che l’onestà, la lealtà e l’amicizia contavano più d’ogni cosa. Mi ricordai l’episodio della pizzeria ove io l’avevo elogiato per il suo comportamento davvero responsabile e degno di un giovane siciliano. Aveva incontrato in una pizzeria un latitante mafioso che conosceva bene. Egli era in compagnia della fidanzata e rimase seduto senza fare gesti inconsulti. Il mafioso, in compagnia di altre persone, notando Lillo come segno di rispetto uscì dal locale salutandolo col cenno del capo.

Conoscevo bene, ahimè, la camera mortuaria per aver visto tanti cadaveri di mafiosi ammazzati e ora ero lì per il mio Lillo: ero il suo capo pattuglia. Nel vederlo immobile, senza vita, vita spezzata inopinatamente da individui senza scrupoli, sentii che una parte di me giaceva accanto a lui. In vita mia non ho mai pianto, e non lo feci nemmeno guardando Lillo. Ma rividi il film della nostra amicizia. E mentre lo guardavo, nacquero in me sensi di colpa, giacché la morte di Lillo fu causata dalla cattura del capo famiglia Salvatore Montalto, arresto compiuto proprio grazie ad una “soffiata” che avevo ricevuto da un confidente. Un collega, mentre ero intento a guardare Lillo, mi raccontò la fase dell’agguato: “E’ uscito dal bar di Via Notarbartolo, in una mano aveva un panino e nell’altra le chiavi della sua Renault…e un killer gli ha sparato alle spalle”.

A pochi metri dal luogo in cui fu ucciso Lillo, dopo 10 anni fu collocato “L’Albero” di Falcone; un Ragazzo ed un Uomo, che ebbero il torto di aspirare ad una Sicilia libera dalla mafia.

Lillo, non piango ma lo farei volentieri se tu fossi accanto a me. Sono 34 anni che la mia anima è inquieta costringendomi alla solitudine; sono 34 anni che per quietare la mia mente, rivedo i nostri appostamenti, la nostra rabbia per non aver interrotto quel summit mafioso. Rivedo le tue espressioni di dolore e rabbia, quando mi confidavi episodi condannabili commessi da altri colleghi. Quindi voglio ricordare, quell'ultimo nostro abbraccio del sabato mattina, innanzi alla nostra Mobile, quando ti dissi: “Lunedì vieni prima che dobbiamo lavorare per prendere Michele Greco”. Tu mi abbracciasti felice come un bambino. Quanta lealtà e onestà c'era in quel tuo dolce sorriso. Ciao Lillo, sappi che non ho mai smesso di pensarti.

Tratto da: 19luglio1992.com




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