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Le storie di cinque giornalisti minacciati dalle mafie. E attraverso i loro occhi, e il loro lavoro, uno sguardo inedito sull'Italia di oggi e di domani.

Parte il 9 gennaio alle 23.25 su Rai1 “Cose nostre”: cinque documentari che racconteranno la vita e l'attività, difficile e piena di insidie, dei giornalisti che con coraggio e professionalità raccontano spesso in solitudine storie di mafie, malaffare, corruzione e poteri illegali.

Cose nostre”, attraverso gli occhi e ripercorrendo il lavoro dei giornalisti, racconterà alcune tra le più inquietanti e drammatiche storie del nostro Paese, svelerà gli affari della 'ndrangheta nel porto di Gioia Tauro e ricostruirà gli equilibri criminali nello storico quartiere Forcella di Napoli, racconterà il controllo del territorio di Cosa nostra nel Palermitano (da Partinico a Cinisi), svelerà le relazioni pericolose tra le mafie straniere e i terroristi islamici. Punterà i riflettori sui nuovi affari dei clan, dal gioco d'azzardo ai beni confiscati, e svelerà i tentativi di infiltrazione delle cosche nelle istituzioni. E racconterà anche storie di assassini e pentiti, omicidi di innocenti e stragi impunite.

Cose nostre” inoltre accenderà un faro sul rapporto sempre più difficile nel nostro Paese tra buon giornalismo e mafie. Un fenomeno molto preoccupante, di cui s'è occupata di recente anche la Commissione Parlamentare Antimafia con una relazione ad hoc: sono oltre 2000 (fonte Osservatorio Ossigeno per l'informazione) gli episodi di violenza, intimidazione e minaccia nei confronti dei giornalisti italiani, contati dal 2006 al 2014. Fatti che si uniscono agli otto giornalisti uccisi dai clan nella storia del nostro Paese.

Automobili date alle fiamme, aggressioni, minacce, lettere intimidatorie, pallottole inviate per posta, incursioni dentro casa, querele temerarie. Sono questi i modi con cui le mafie tentano di condizionare la stampa italiana. Segno che per i clan il il consenso, il controllo del territorio e l'impunità passano anche dal silenzio imposto ai giornalisti. E sono molti i cronisti (della carta stampata, della televisione, del web) che, nonostante tutto, continuano nel loro lavoro prezioso di informare le cittadine e i cittadini.

Seconda puntata - dedicata al giornalista Michele Albanese
Sabato 16 gennaio 2016 in seconda serata

Vivere sotto scorta per avere fatto con onestà e rigore il proprio lavoro. Può accadere nella Calabria di oggi se come giornalista ti occupi degli affari delle cosche e dell’ndrangheta. È quanto accaduto a Michele Albanese, cronista del Quotidiano del Sud e collaboratore dell’agenzia Ansa, di recente insignito con il premio Borsellino. 
Ripercorrendo alcune delle inchieste più importanti condotte da Michele Albanese, “Cose nostre” rivolgerà lo sguardo su una delle zone a più alta denistà mafiosa d’Italia: la Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria

Terza puntata - dedicata alla giornalista Amalia De Simone
Sabato 23 gennaio 2016 in seconda serata

I reportage sulla terra dei fuochi e il lavoro serrato sul clan dei Casalesi, la scoperta dei rapporti oscuri tra clan, politica ed economia e le denunce sul mercato della droga della camorra, l’impegno come direttrice di Radio Siani e i documentari Rai per “La storia siamo noi”, fino al lavoro di videoreporter d’inchiesta per Corriere.it che - dalla Campania -  l’ha portata a occuparsi anche di terrorismo internazionale.
Sarà la giornalista e videomaker Amalia De Simone la protagonista della terza puntata di “Cose nostre”, il nuovo programma di Rai1 che racconta la vita dei giornalisti minacciati dalle mafie.
“Cose nostre”, attraverso il punto di vista di Amalia De Simone, accenderà i riflettori su alcune delle vicende più oscure del Mezzogiorno. Racconterà la storia passata e presente dei villaggi turistici abbandonati di Castelvolturno (Caserta), simbolo dello sviluppo mancato della Campania e divenuti luogo di degrado, povertà e criminalità. E in quel pezzo d’Italia infatti che vivono i cosiddetti invisibili, gli immigrati irregolari in cerca di un tetto e di un lavoro.
Ed è proprio sul litorale Domizio che ha messo le sue basi la mafia nigeriana che -  nel silenzio dei media - traffica droga e gestisce il mercato della prostituzione ed è riuscita a costruire importanti collaborazioni con la camorra e persino alcune organizzazioni terroristiche internazionali come l’Isis e Boko Haram.
Nel corso della puntata, “Cose nostre” ripercorrerà inoltre la storia drammatica della strage di San Gennaro che, proprio a Castelvolturno, ha visto il clan dei Casalesi organizzare un blitz e uccidere sei migranti e un cittadino italiano. Era la sera del 18 settembre 2008: un fatto gravissimo a cui la comunità straniera di Castelvolturno rispose con una rivolta imponente capace di conquistare le pagine dei giornali di tutto il mondo.

In un percorso lungo cinque puntate, “Cose nostre” mostra l’Italia da un nuovo e originale punto di osservazione e accende l’attenzione sul lavoro e le difficoltà di chi svela vicende di criminalità, corruzione e poteri illegali nel nostro Paese e che, per questa ragione, è costretto a subire i tentativi di condizionamento delle mafie. È un rapporto molto difficile quello tra buon giornalismo e clan. Un fenomeno molto preoccupante, di cui di recente s’è occupata anche la Commissione Parlamentare Antimafia: sono state oltre 2000 in pochissimi anni (dal 2006 al 2014, secondo l’Osservatorio Ossigeno per l’informazione) gli episodi di violenza, intimidazione e minaccia nei confronti dei giornalisti italiani. Giornalisti che, nonostante tutto, grazie alla loro passione e al loro rigore professionale continuano nel loro lavoro prezioso di informare le cittadine e i cittadini.

Nelle prossime puntate le storie di:

Pino Maniaci, siciliano, direttore di Telejato.
Giovanni Tizian, calabro-emiliano, giornalista dell’Espresso.

Nelle puntate precedenti “Cose nostre” ha raccontato le storie di:
Arnaldo Capezzuto, napoletano, blogger del fattoquotidiano.it


Cose nostre in onda in seconda serata per cinque settimane su Rai1 è un programma di Emilia Brandi, Giovanna Ciorciolini, Tommaso Franchini
scritto con Danilo Chirico, Francesco Giulioli, Giovanna Serpico.
La regia è di Andrea Doretti

Quarta puntata - Pino Maniaci
Sabato 30 gennaio 2016 in seconda serata

Sabato 30 gennaio alle 23.45 su Rai1 nuovo appuntamento con “Cose nostre” che racconta le storie di cinque giornalisti minacciati dalle mafie. E attraverso i loro occhi, e il loro lavoro, uno sguardo inedito sull'Italia di oggi e di domani. il protagonista della quarta puntata sarà Pino Maniaci, direttore di una piccola televisione locale, Telejato,  che rappresentano una insopportabile spina nel fianco per la mafia siciliana. Una storia che viene dalla lunga tradizione del giornalismo antimafia isolano, dai Siciliani di Pippo Fava a Radio Aut di Peppino Impastato.
Pino Maniaci, dal 1999 alla guida dell'emittente comunitaria con sede a Partinico nel cuore della Sicilia, a causa delle sue denunce ha subito decine di intimidazioni: gli uomini dei clan lo hanno minacciato e malmenato, gli hanno più volte incendiato l'automobile e il ripetitore della televisione, hanno impiccato platealmente i suoi cani. Azioni pressanti e costanti che non hanno tuttavia impedito al giornalista siciliano di continuare a fare il suo lavoro con coraggio. E di costruire un nuovo modo di fare informazione antimafia, un modello e un punto di riferimento per giornalisti di tutto il mondo che vogliono raccontare la Sicilia e gli affari e le attività della mafia, numerosi percorsi di formazione per i giovani di tutta Italia.
Attraverso gli occhi e le passioni di Pino Maniaci, “Cose nostre” racconterà i boss siciliani, da Totò Riina a Matteo Messina Denaro, l'azione della magistratura e le attività dei clan di Cosa nostra, il rapporto perverso tra mafia e politica, la battaglie territoriali di Telejato – da quella contro la distilleria di Partinico fino a quella per la demolizione delle stalle divenute il quartier generale del clan Vitale – fino alle denunce delle falle del sistema dell'antimafia siciliana (come nel cosiddetto caso Saguto).

Quinta puntata - Giovanni Tizian
Sabato 6 febbraio 2016 in seconda serata

Il giornalista dell'Espresso Giovanni Tizian è il protagonista dell'ultima puntata di “Cose nostre” in onda su Rai1 alle 23.40 sabato 6 febbraio. La storia di Tizian, vincitore tra l'altro dei premi Biagio Agnes ed Enzo Biagi nel 2012, nasce in Calabria, a Bovalino, un piccolo centro della Locride. Proprio lì ha inizio il racconto di “Cose nostre”, dalla 'ndrangheta degli anni Ottanta, quella dei sequestri di persona, della guerra tra clan che provocò nella sola provincia di Reggio Calabria oltre 700 morti. Quella stessa ‘ndrangheta che incendiò l'azienda di famiglia di Tizian che non voleva cedere al racket, e che uccise suo padre Giuseppe, integerrimo funzionario di banca, il 23 ottobre 1989. Fatti che ancora oggi non hanno un colpevole.
Il racconto di “Cose nostre” prosegue in Emilia Romagna, a Modena, dove la famiglia Tizian decise di trasferirsi e dove Giovanni iniziò la sua attività di giornalista alla Gazzetta di Modena. Un lavoro da cronista che lo portò ben presto a scoprire che le mafie si erano radicate da tempo anche al nord e che lo videro denunciare gli affari dei clan. “Cose nostre” ripercorrerà le denunce sempre più stringenti – e spesso in solitudine – di Tizian sulle infiltrazioni della 'ndrangheta e della camorra nel sistema economico e politico emiliano e racconterà come oggi i clan condizionano l'edilizia e il commercio, il turismo e hanno affari milionari nel gioco d'azzardo, hanno relazioni con il mondo politico e con le classi dirigenti del nord del nostro Paese.
“Cose nostre” ricostruirà anche le minacce di morte subite da Tizian per il suo lavoro sul gioco d'azzardo, l'inizio della vita sotto scorta dal dicembre 2011, il lavoro per il settimanale l'Espresso. Minacce, intimidazioni e tentativi di condizionamento che sono finiti anche nelle aule di tribunale nel processo Black Monkey tuttora in corso a Bologna. Fatti che, grazie al coraggio del giornalista calabrese e al sostegno delle associazioni antimafia, non impediscono a Tizian di continuare a svolgere il suo lavoro.

Tratto da: rai1.rai.it

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