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di Salvo Vitale
I problemi di sempre riscoperti nel tempo del virus

Da alcune settimane la scuola è l’argomento al centro di tutti i giornali e telegiornali come prima, seconda o terza notizia, con l’immancabile collegamento con qualche istituto scolastico e l’intervista al docente referente, che illustra come il suo istituto si sta attrezzando per affrontare l’imminente rientro a scuola. Ogni testata si sente impegnata a fare il suo immancabile servizio, quasi si trattasse dell’obblòigo o della regola del momento. Riflettori accesi, presumibilmente in fase di attenzione vigile sino alla riapertura, e successivamente in fase di scatenamento di critiche con l’inizio dell’attività e l’emergere concreto dei problemi. Banchi che non arrivano, specie quelli con le inutili rotelle, mascherine, prodotti igienizzanti, ambienti da igienizzare, saponi liquidi, e soprattutto tamponi. Mai c’è stata una tale morbosa attenzione al mondo della scuola, mai sono venuti a galla, come adesso, problemi di sicurezza e di gestione degli spazi, legati a una maggioranza di plessi scolastici non ancora a norma, sia per gli impianti, sia per le condizioni delle aule, spesso umide, fatiscenti, prive di riscaldamento, non cablate, con scuole prive di palestre, di biblioteche, di laboratori attrezzati, di docenti e tecnici in grado di gestire le nuove tecnologie, per integrare la normale lezione frontale.
Il clichet dei servizi televisivi è identico in ogni telegiornale e passa dall’individuazione di alcuni problemi: il primo, che sembra irrisolvibile, è quello degli spostamenti con i mezzi pubblici o privati per raggiungere la scuola. Gli autobus che trasportano i pendolari nelle sedi scolastiche sono stati sinora sovraffollati e ai ragazzi è stato dato un contributo, pagato per lo più dai comuni o dalle regioni, per il trasporto e l’abbonamento: si tratta del “veicolo” più pericoloso di trasmissione dell’eventuale virus, dato che non ci sono distanze e l’eventuale mascherina, che difficilmente i ragazzi metteranno per tutta la durata del tragitto e che costituisce una difesa troppo debole. Ancora non ci sono indicazioni, ma è chiaro che se si vorrà mantenere un minimo di distanza, bisognerà dotarsi di altri automezzi, anzi, raddoppiare il parco-autobus. I comuni per primi, i treni, le metropolitane, le ditte private di autobus, saranno in grado di aumentare i mezzi e di assicurare le distanze? Il dubbio è d’obbligo e c’è chi spetra che non si faccia niente per continuare a non far niente.
Seguono i problemi all’interno di ogni scuola: per prima cosa va individuato lo spazio e il numero degli alunni che esso potrà ricevere, nel rispetto delle distanze obbligate: sinora la maggior parte delle classi ha un numero che si aggira tra le 25 e le 30 unità, per non parlare delle cosiddette “classi pollaio”, che a volte raggiungono le quaranta. Considerata la sistemazione in banchi monoposto, la distanza di un metro tra un banco e l’altro, lo spazio per cattedra e lavagna o altri strumenti didattici, si possono ipotizzare classi con un massimo di 20 alunni, per gli istituti che dispongono di grandi aule. Per gli altri bisognerà trovare altri spazi e altri docenti. Il numero delle cattedre, e quindi quello dei docenti che le andranno a ricoprire, viene stabilito in rapporto alle iscrizioni e al numero dei promossi e non promossi. In genere si aspettano i risultati del recupero autunnale dei debiti formativi e questo crea ritardi nell’avvio dell’anno scolastico, in attesa delle nuove nomine, successive ai trasferimenti, per cui gli inizi sono di norma convulsi, con orari ridotti, improvvisazioni varie, in attesa di una sistemazione che generalmente avviene nel mese di ottobre. Da tutto questo trambusto non sono esclusi i dirigenti scolastici, nominati secondo criteri di dubbia trasparenza, ai quali, in caso di carenza e vuoti viene dato il sovraccarico di gestione di più istituti, e il personale non docente, dai bidelli, pardon “collaboratori scolastici”, al personale di segreteria, dove spesso si incrociano provenienze amministrative diverse, comunali, ex-provinciali, regionali, statali, con presunzioni di competenze e incompetenze, secondo un gioco a scaricabarile, specie per l’espletamento dei lavori di pulizia.
A quest’aria grigia, di competenza del dirigente amministrativo, si associa quella di competenza del dirigente scolastico, ex preside, che riguarda la gestione dei congedi, dei permessi brevi, le esenzioni per la legge 104, la dispensa da alcuni lavori, a seguito di particolari patologie, spesso esistenti solo sulla carta, ed è in tale contesto che quest’anno cercano di collocarsi i soliti furbetti all’italiana, che vogliono essere dispensati dall’insegnamento, a causa del pericolo di contagio, che non vogliono sottoporsi al tampone, che si dichiarano incompetenti nell’uso delle più recenti tecnologie, comprese quelle della didattica a distanza. Un argomento di più vaste proporzioni è quello della programmazione e dell’individuazione dei piani di lavoro e delle strategie didattiche, che passano dall’approvazione del Collegio dei docenti: alcune convocazioni relative alla riapertura dell’anno scolastico, sono state annullate non essendo disponibili spazi per accogliere tutto il corpo docenti, formare le commissioni e distribuire gli incarichi per un corretto funzionamento didattico, in relazione agli obiettivi educativi da conseguire.
Ci sono poi gli strumenti richiesti per difendersi dal virus, primo fra tutti la mascherina: a che età bisognerà indossarla, chi dovrà fornirla, se ogni giorno occorrerà una nuova mascherina per docenti, non docenti e alunni, quando bisognerà portarla, se si potrà togliere nel corso dell’interrogazione, se al momento della ricreazione, per mangiare il panino e se, al suono della campanella, bisognerà rispettare le distanze, o correre, come succede, in massa, quasi in fuga verso l’uscita, a chi affidare la sorveglianza e il rispetto delle disposizioni che arrivano dall’alto. Si è parlato di un docente referente per il covid, ma sarebbe più opportuno e più corretto prendere in considerazione la ventilata ipotesi di affidare tale compito a un medico scolastico, figura che si pensa di ripristinare, ma per la quale occorreranno fondi e indicazioni precise di competenze, comprese quelle di effettuare tamponi o di decidere le misure da adottare in caso di positività.
Una volta individuate problematiche e criticità si passa poi alle dichiarazioni, specie a quelle di minoranza, la cui strategia politica non è di suggerire soluzioni, ma di calcolare il numero di possibili elettori pronti a dare il consenso all’espressione del malessere o all’individuazione dei limiti di una decisione politica. Questa volta, accanto alla questione dei migranti, che non perde mai il suo impatto emotivo, malgrado la sua irrilevanza come emergenza nazionale, si pesca su milioni di famiglie che in questo momento non trovano la tranquillità nel pensare ai pericoli del loro figlio a scuola. E così, in una sorta di marea montante, si sta preparando giorno dopo giorno il terreno per arrivare poi all’esplosione di quanto emergerà nel primo giorno di scuola, da presentare come il coronamento di un fallimento preannunciato. In tal senso tale conclamato fallimento, identificato nell’incompetenza presunta della ministra Azzolina, è stato da tempo conclamato, deciso, accertato, molto prima che sia verificato o possa realizzarsi. Come avvertire l’indigestione prima di aver mangiato o avvertire un dolore prima che succeda qualcosa che lo provochi. La ministra, che in verità ha qualche difetto di comunicazione, agisce con un pool di esperti e ne segue consigli e indicazioni, ma è stata, con una trovata stupida, ma creduta ad effetto, “bocciata” dal prof. Salvini, che sta disponendo una mozione di sfiducia nei suoi confronti, come già è stato fatto con il ministro Bonafede e come presumibilmente si farà col ministro Lamorgese, sapendo di perdere tempo, ma contando sugli effetti mediatici e sul ritorno elettorale di tali strategie.
Difficile oggi prevedere se lo “spazio scuola” con servizio d’obbligo nel telegiornale, continuerà ad esistere e(o se una volta avviato l’anno e risolte alcune criticità tutto tornerà all’abituale silenzio o se, co la pervicace volontà distruttiva dell’opposizione, si continuerà a battere il chiodo alla ricerca delle infinite altre criticità da scaricare sempre sulle spalle del ministro “incompetente”. Al momento l’unica incompetenza sembra quella delle voci dei tre partiti d’opposizione, incapaci di indicare proposte e soluzioni, ma capaci di avanzare solo e sempre critiche.

Foto © Imagoeconomica