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di Salvo Vitale
Tutto ferve per il prossimo festival di Sanremo, un evento che tutto fagocita, cantanti, canzoni, presentatori, ospiti, scene. Fagocitato è stato, nell’arco di una notte anche Luigi Tenco, scomparso nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967: in occasione di quel tragico fatto non si volle neanche fermare il festival: come cantò Donatella Rettore nel 1977, “E’ morto un artista e invece di piangere fanno festa”. A 53 anni di distanza, a ricordare quello che fu uno dei primi e dei più grandi cantautori italiani ci ha pensato Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato, con un incontro presso l’ex casa Badalamenti, dal tema “Sanremo Story, 60 anni di canzoni, la misteriosa morte di Tenco, l’impegno civile”. Le vicende della storia di Sanremo sono state ripercorse da Claudio Porchia, autore del libro “Sanremo Story”, mentre Aldo Colonna, storiografo del cantautore, ha parlato degli “Atti relativi alla morte di Luigi Tenco” evidenziando una serie di particolari emersi dalle successive indagini, e dall’autopsia, fatta solo nel 2006, dalle quale emergono una serie di punti oscuri su quello che frettolosamente fu classificato come un suicidio determinato dalla delusione per la scarsa valutazione data alla sua canzone, “Ciao amore ciao” con l’aggiunta del gossip su una presunta e tormentata relazione amorosa con la cantante francese Dalida, che aveva cantato con lui il brano e col biglietto finale di addio: «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e ad una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi.». Giovanni Impastato, che di Tenco è stato da sempre un ammiratore e cultore e che da anni fa parte degli amici del “Club Tenco”, nato per valorizzare la canzone italiana d’autore, ha definito la morte di Tenco un omicidio camuffato da suicidio e le indagini un depistaggio, creando un parallelo con quanto successo con l’omicidio di Peppino Impastato. Tra i pochi a saper leggere cosa si nascondeva dietro quel tragico evento, il poeta Salvatore Quasimodo, che il 10 febbraio 1967, su “Il Tempo” scrisse:Luigi Tenco ha voluto colpire a sangue il sonno mentale dell'italiano medio. La sua ribellione che coincideva con una situazione personale di uomo arrivato alla resa dei conti con la carriera, ha però ancora una volta urtato contro il muro dell'ottusità. Chi non è in grado di domandare un minimo di intelligenza a una canzone non può certo capire una morte".
Che rimane di Tenco oggi? Tantissimo: senza dubbio la sua rivoluzione artistica e la sua rottura nel mondo della musica tradizionale italiana degli anni '60, l’introduzione di temi sociali e politici, come quello della guerra, dell’emancipazione femminile, dell’emarginazione, della profondità dei sentimenti, dell’amore in tutti i suoi risvolti, dal sesso all’incompiutezza del rapporto, alla mancata realizzazione dell’uomo nella società in cui vive, al “non sapere nulla in un mondo che sa tutto”, all’insoddisfazione, alla speranza e all’attesa che qualcosa cambi. Centinaia di cantautori si sono ispirati a questi temi che Tenco ha lasciato in eredità nella breve parabola dei suoi 28 anni. Lo stesso Fabrizio De André ha dichiarato che “senza Tenco io non ci sarei stato”. Dall’altra parte “del pianeta” purtroppo è cambiato ben poco e a nulla è servito il sacrificio di Tenco: dilagano gossip, banalità, superficialità, scandaletti studiati a tavolino per “lanciare” il personaggio, interessi di case discografiche, meteore che esauriscono la carriera ini una sola canzone, emergenti e boss del canto affermati che non si rassegnano a finire nel dimenticatoio, talenti autentici ignorati o incompresi, culto dell’immagine che copre il valore del pezzo musicale e dei testi. Rispetto a questo trionfo dell’effimero Tenco è morto invano e con Sanremo ha ben poco da spartire, ne è una vittima.

Foto © Ansa

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