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azoti nicola di Pietro Scaglione
Nel quartiere Bonagia di Palermo, Via dell’Ermellino diventerà Via Nicolò Azoti, in onore del sindacalista ucciso nel 1946 dopo un’esistenza vissuta al fianco dei diritti dei contadini. Lunedì 27 gennaio alle ore 930, sarà inaugurata ufficialmente l’ultima strada dedicata ai protagonisti della vita sindacale siciliana, nell’ambito dell’iniziativa “Le vie dei diritti”, promossa dal Comune di Palermo e dalla Cgil.
Nicolò Azoti, sindacalista della Cgil e segretario della Camera del Lavoro di Baucina (Palermo), fu ucciso il 21 dicembre del 1946. Distinto, brillante ed elegante, Azoti era un intellettuale appassionato di musica, teatro, cinema e sport. Spesso chiedeva passaggio per recarsi a Palermo per assistere alle rappresentazioni nel maestoso Teatro Massimo. Azoti conosceva le opere a memoria e suonava il “bombardino”, voluminoso strumento a fiato.
Non era ricco ma era di gran lunga più colto di molti suoi coetanei benestanti della zona, che i familiari della futura moglie Mimì avrebbero preferito. Musicista del corpo di banda di Baucina, Azoti decise di aprire una falegnameria perché non avrebbe potuto vivere soltanto di cultura e perché avrebbe voluto convincere i suoi futuri suoceri. Nonostante la sua nuova attività, il matrimonio fu ostacolato e avvenne, in gran segreto, nella chiesa palermitana di San Nicola da Tolentino.
Fondatore della Cooperativa Agricola San Marco, Azoti sfidò latifondisti, mafiosi, gabelloti e campieri. Subito dopo l’agguato, il 21 dicembre del 1946, la figlia Antonina aveva soltanto 4 anni ed attendeva spasmodicamente l’imminente festa di Natale. Insieme al fratellino, fu svegliata dagli spari e poi fu stordita dal viavai degli inquirenti, ma non ebbe cognizione di cosa fosse successo. La gravità di quel delitto politico era annacquata da un clima generale non favorevole alle vittime e alle lotte sociali.
Con il passare del tempo, Antonina approfondì il tema e si accorse che suo padre era uno dei numerosi eroici sindacalisti impegnati al fianco degli oppressi e per il riscatto della Sicilia. Nel suo libro “Ad alta voce” scritto nel 2005, ipotizzò che “quella brutale eliminazione aveva lo scopo di azzerare i cambiamenti messi in atto e distruggere, sul nascere, quei principi di giustizia e di democrazia che avrebbero dato dignità ai lavoratori. Guidando e sostenendo i poveri e gli analfabeti sia nella conoscenza delle procedure previste sia nella compilazione dei moduli e delle domande, informando i lavoratori sui diritti che le nuove leggi sancivano, papà dava loro una consapevolezza nuova”.