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di Luca Grossi
A Udine uniti nella solidarietà, nel ricordo e nell’impegno in nome di Nadia Orlando

Tra il 2000 e il 2018, secondo l’Eures 2018, in Italia si sono verificati 3.100 casi di femminicidio con il 72% delle vittime uccise da un parente, da un partner o da un ex partner. Il 25% per liti o dissapori, il 22,2% per disturbi psichici, il 12% per disabilità della vittima, il 30,6% per possesso/motivi passionali. Una cruda realtà, quella della violenza sulle donne, non più tollerabile che va affrontata con serietà e determinazione.
Anche per questo mercoledì sera, al Teatro Nuovo di Udine, l’Associazione Andos, (Ass. nazionale donne operate al seno) ha organizzato un evento di raccolta fondi e sensibilizzazione dal nome “La solidarietà con il cuore dei cori”, dove si è parlato del problema. E’ stato possibile grazie ad ospiti come l’attrice Annalisa Insardà, che ha interpretato un monologo sul femminicidio, ufficiali dei Carabinieri, la Polizia Municipale di Udine e i familiari di Nadia Orlando, la ragazza uccisa dell’ex fidanzato nella notte tra il 30-31 luglio 2017: il padre Andrea Orlando, la madre Antonella Zuccolo e il fratello Paolo Orlando.
Un importante contributo alla serata è stato offerto anche dai cori di Udine: i Grop Coral Vidules, il coro Alpino “Monte Nero”, i “S.Maria di Lestans”, la “Vintage Gang” e i “Vox Nova”, che hanno intrattenuto il pubblico con una molteplicità di canzoni, ognuno con un proprio stile, ma tutte con un obiettivo comune: raccontare la realtà della donna, le sue gioie, i suoi drammi e i sacrifici.
Sono stati loro ad introdurre la serata.
Del resto l’arte si rivela da sempre un importante strumento per raccontare fatti e realtà che altrimenti non troverebbero spazio nella nostra società frenetica fatta di statistiche e numeri, ma grazie a queste iniziative si può ancora trovare il tempo per fermarsi e contemplare contenuti profondi del nostro tempo.
Dopo i cori ha fatto il suo ingresso la presidente dell’Associazione Andos Mariangela Fantin, nel suo intervento ha ricordato che: "La cosa più importante è cercare di dare delle risposte, la violenza sulle donne non è solo la morte, ma anche uno schiaffo e le parole possono fare male, è importante anche parlare ai giovani di quanto sia importate il rispetto per se stessi”. Le donne vittime di violenza sono tante, più di quelle che si riesce a scorgere attraverso lo schermo della televisione, in quanto la maggior parte di loro non denuncia per paura di essere giudicate, per il “bene dei figli” o per non subire delle ripercussioni.
E’ necessario parlarne per riuscire ad aiutare quelle donne che sono ancora imprigionate in una vita fatta di umiliazioni, pestaggi e morte.
Lo ha ricordato anche il medico e assessore Barillari: “Le donne vittime di violenza molte volte non denunciano, per paura o per vergogna, bisogna avere il coraggio di affrontare i problemi quando ci sono, non bisogna scappare”. Il femminicidio è un problema che il Governo Italiano ma in generale ogni Paese del mondo non hanno ancora affrontato in maniera efficace; da anni la soglia dell’emergenza è stata superata senza prendere gli adeguati provvedimenti. In un recente report del Sole24Ore si legge che secondo i dati del ministero dell’Interno: “Sono state 149 le donne vittime di omicidi volontari nel 2016 in Italia” e “quasi 3 su 4 di questi delitti sono stati commessi nell’ambito familiare: 59 donne sono state uccise dal partner, 17 da un ex partner e altre 33 da un parente”.
Dati e statistiche drammatiche che non lasciano spazio a dubbi riguardo alla gravità della situazione.
Dopo l’intervento dell’assessore è stata l’attrice Annalisa Insardà a salire sul palco e donare un momento di riflessione con il suo monologo dal titolo “Ero Mia”. Un momento emozionante in cui sono stati ripercorsi i drammi silenti di una donna umiliata e picchiata dal marito.
Un impegno sociale e civile, quello dell’attrice, che si è sempre manifestato nel corso della sua carriera come quando andò alla Camera dei Deputati per denunciare l’omicidio del famoso urologo siciliano Attilio Manca per mano del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Un caso che è stato ricordato ancora una volta dalla stessa Insardà, durante la serata: “Il collegamento tra l’omicidio di Attilio Manca e Bernardo Provenzano è evidente a tutti, tranne a chi si doveva occupare del caso”.


Nel suo monologo è stata grande l’energia nella denuncia di un Paese che è attanagliato dalla mafia e dalle ingiustizie. Così si è vissuta l’amarezza di una coppia dove ormai c’è solo la costante minaccia delle botte e degli insulti. “Non sono le botte che fanno paura - ha recitato - perché quello è dolore fisico e passa, quello che fa paura è lo sguardo! Lo sguardo da bestia che non sai mai se al prossimo attacco ti ferirà o ti ucciderà!”
E’ quel continuo “sguardo” feroce che fa la differenza tra una cosa passeggera e un incubo ad occhi aperti.
Un incubo da cui si potrebbe uscire se non fosse per lo scoglio più grande, che paradossalmente non sono le percosse fisiche ma le persone intorno a noi.
“Io mi vergogno per quelli che biasimano le donne che denunciano!” ha detto ancora Annalisa verso la fine del monologo, per poi ricordare che tutta la società si deve impegnare a garantire i diritti delle donne poiché “se un giorno è toccato a me, un giorno potrebbe toccare a una delle vostre figlie!”.
Dov’è insomma l’uomo con la “U” maiuscola? Quello che protegge, ama, si prende cura della sua famiglia e sopratutto fa tutto questo per davvero e non dietro una maschera ipocrita?
Nell’ultima parte della serata sono è salita sul palco la famiglia di Nadia Orlando, assieme alla presidente Mariangela che ha consegnato loro una targa come ringraziamento della loro presenza.
La storia di Nadia ci tocca da vicino. All’età di 21 anni è stata uccisa dal suo ex-fidanzato, Francesco Mazzega, nella notte fra il 30 e il 31 luglio 2017 verso le 21.30 sulle rive del fiume Tagliamento a Vidules.
I presenti si sono immedesimati nei genitori e nel dramma che hanno vissuto.
E' stato come essere il padre, in giro per tutta la notte a cercarla, o la madre, attaccata con lo sguardo al telefono e il cuore rivolto a Dio, sperando che alla propria bambina non sai accaduto nulla di grave. Il Mazzega aveva scritto a Nadia per invitarla ad un ultimo confronto, la ragazza accettò il fatale invito.
Non è dato sapere cosa è esattamente accaduto negli attimi precedenti all’omicidio. Secondo la versione dell'ex fidanzato Nadia avrebbe confessato una relazione nascosta, cosa che poi verrà smentita dalle indagini. Ma il particolare più macabro è come sia stato eseguito l’omicidio.
Deceduta per strangolamento verso le 21.07, la ragazza trovò la morte solo dopo cinque/sette minuti di agonia.
L’omicida guidò per 12 ore con il cadavere sul sedile passeggero, per poi andare costituirsi alla Caserma della Polizia Stradale di Palmanova.
Nelle motivazioni della condanna è scritto che Mazzega aveva ucciso Nadia per “punirla per la disobbedienza manifestatagli nell'aver voluto rivendicare il suo diritto di partecipare all'impegno della sagra in compagnia delle amiche, ma soprattutto per avergli ribadito, la sera del delitto, la ferma volontà di porre fine alla loro relazione”.
Condannato a 30 anni di reclusione, con rito abbreviato, Francesco Mazzega sta attendendo il processo d’Appello ai domiciliari, a casa dei suoi genitori.
“Non è ammissibile questa impunità! Mia figlia è stata ammazzata e il paradosso è che il suo assassino attende il processo di appello a casa dei suoi genitori, non c’è giustizia in questo Paese!” ha detto in lacrime di rabbia la mamma di Nadia, Antonella Orlando.
Una donna di grande spirito che, dopo l'evento si è avvicinata ai ragazzi presenti confidando di ricevere ancora tanta energia dalla figlia. “Lei ci dà forza dall’alto, ma andiamo avanti grazie alle persone che ci sostengono - ha detto -. Perché la giustizia tarda troppo ad arrivare e ogni giorno è sempre peggio”.
E non ci si può che stringere attorno a questa famiglia, così com a tutte quelle che hanno perso un caro e che ora chiedono giustizia.
Sicuramente eventi come questo danno un importate contributo alla lotta per garantire pari opportunità e diritti alle donne, da sempre colonne portanti della famiglia e dell’educazione dei figli. Ci auguriamo che il messaggio di speranza e solidarietà di mercoledì sera arrivi a tutte quelle vittime che ancora subiscono in silenzio e che trovino il coraggio di denunciare e di liberarsi.

Foto © ACFB

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