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di Salvo Vitale
Buro-crazia spesso diventa burocra-nonna per i tempi che portano alla vecchiaia, prima che si risolva un problema. Lo schifo che la caratterizza, la puzza che essa promana, l’oscenità che la pervade, ci fanno stare lontano, almeno fino a quando è possibile, perché prima o poi bisogna farci i conti. Ed è come il filo di una matassa che, piano piano, avvolge il cittadino, lo stritola, ne succhia ogni possibilità di decisione autonoma.
Tutto ruota attorno alla gestione spregiudicata e spietata di ogni briciola di potere, di lavoro, di ricchezze e di risorse su cui applicare cappelli e surplus. Tutto è in assoluto privatizzato e riutilizzato in funzione della prosecuzione del potere che dà la carica di cui è detentore il boss, nel senso di chi sta più in alto ed è padrone.
I livelli d’informazione del cittadino sono scarsi perché l’informazione per tutti non è elettoralmente produttiva quanto lo è invece la diffusione tra pochi di un’informazione criptata intorno a un’opportunità qualsiasi di lavoro per il quale presentare richiesta dietro qualche sotterraneo suggerimento. Funzionano a ritmo pieno decine di sedi di patronati, legati a un sindacato o indipendenti da esso, dove il disbrigo delle pratiche per la pensione, per l’integrazione dell’olio d’oliva, per un progetto di piantumazione, per una domanda di disoccupazione o per gli assegni familiari, per la preparazione della dichiarazione dei redditi e altre incombenze burocratiche si rivelano poderose macchine di consenso elettorale. Una volta questi erano ruoli dei sindacati, adesso i sindacati hanno smobilitato, fagocitati in gran parte dall’inutilità del loro ruolo, spesso complice o succube di chi detiene il potere.
Ma non è solo questo: la vedi nella segreteria di una scuola, quando vai a chiedere un certificato, magari nel cartello “la segreteria riceve nei giorni….”, solo perché così salta in testa al capufficio oppure al preside, sommerso da comunicazioni alle famiglie, libretti di giustificazione, permessi per le gite d’istruzione, avvisi per i corsi di sostegno, elenchi dei fornitori, vincoli per il rispetto della privacy e altre amenità fuori da ogni logica; la vedi nelle lunghe file, anche per pagare un semplice bollettino, alle poste o alle banche, che hanno deciso di risparmiare limitando il personale e sacrificando i bisogni dell’utenza, la vedi davanti al tavolo del maresciallo, oppresso da montagne di pratiche, dal piccolo furto allo smarrimento dei documenti, la trovi negli uffici comunali se, oltre al solito certificato o alla richiesta di residenza, ti azzardi a chiedere di parlare col sindaco o con l’assessore o a segnalare un guasto. Per non parlare di strade che restano interrotte per mesi o per anni, a seguito di guasti che si potrebbero riparare in mezza giornata, ma che necessitano di relazioni tecniche, approvazioni degli enti addetti, bandi di gara, affidamento, esecuzione, collaudi. Di edifici ultimati ma non consegnati perché mancano ancora gli ultimi permessi. In una sorta di osceno gioco allo scaricabarile ciascuno di quelli a cui si chiede una firma cerca di scaricare la responsabilità su qualche altro. Ci sono poi le leggi, quelle sulla sicurezza, che impediscono al muratore di lavorare con i sandali, al salumiere di tagliare i prodotti senza guanti e berretto, per non parlare dei ridicoli controlli aeroportuali, dove si arriva a certe forme di sadismo, comprese quelle di togliere le scarpe con le borchie o la cintura per passare il controllo. O più raffinate le richieste di modifica di un progetto, della sua approvazione dietro spinte, conoscenze o pagamenti di tangenti con insormontabili ostacoli in mancanza di questi. Per non parlare del rilascio di abitabilità o di licenze commerciali, per cui si richiedono norme, calcoli, condizioni di igienicità, abilitazioni e soprattutto tasse, marche da bollo, versamenti. Per contro tutti sanno, ma nessuno controlla la condizione dei commessi e delle commesse dei vari negozi, dei manovali dei vari cantieri, degli apprendisti nelle officine, dei giornalieri nelle campagne, costretti a lavorare in modo massacrante per salari sotto il minimo della sopravvivenza e costretti a dichiarare, in caso di rari controlli, di ricevere una paga sindacale tre volte più alta di quella che incassano. Le montagne della burocrazia prolificano all’università, tra iscrizioni, esoneri, statini, libretti, crediti, certificazioni, tasse, bolli, diventano montagne dentro i tribunali, dove le cause si accavallano, i ricorsi presentati dagli avvocati allungano i tempi, le sentenze dei giudici occupano centinaia, se non migliaia di pagine, ai sensi della sentenza x, dell’articolo y, del comma z. Per Asterix e Obelix la fatica più grande tra quelle poste da Cesare, fu di chiedere un certificato presso gli uffici della burocrazia romana. Seguono economisti, ragionieri, contabili, costretti a fare i conti con circolari che quasi mensilmente aggiornano i parametri di calcolo con i quali registrare un bilancio o versare un’imposta. In questo caso, dopo le rapine di Equitalia la palla è passata all’agenzia delle entrate che ti viene a rendere conto delle mille lire che non hai pagato nel lontano 1990 e che sono diventate centomila lire Per non citare i controlli della finanza, che va a spulciare anche l’ultimo pelo del culo del malcapitato che cade sotto le sue grinfie. Oddio, è anche vero che la banda dei “furbetti” conosce strade, viottoli e trazzere da dove svicolare per pagare cifre irrisorie rispetto alla mole dei guadagni, o, per aspettare la sanatoria di turno, alla faccia di coloro che hanno regolarmente pagato quanto dovuto. Nel ’68 si era soliti gridare: “Il mondo sarà libero quando l’ultimo dei burocrati sarà impiccato con le budella dell’ultimo dei borghesi”. Per la verità nella frase originale si diceva “l’ultimo dei preti”, ma tant’è, i commi del diritto canonico, il certificato di battesimo, il corso di catechismo, la prima comunione, la cresima, il corso matrimoniale ecc. non hanno nulla da invidiare alle prescrizioni civili. Theodor Adorno diceva: “La civiltà serve a rendere indispensabili le cose inutili”. E nel mondo dell’inutilità, gli esseri inutili non hanno limiti.

Foto © Imagoeconomica

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