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di Paola Lucino - Video e Foto
Le vedove Giuliani: “Agli assassini diremmo che non è tempo di tacere, troppo sangue versato”

Il libro di Giuliano Foschini e Carlo Bonini, giornalisti di Repubblica presentato a S. Chiara

Foggia. “Il libro si apre con l’epigrafe ‘hic sunt leones’ come davanti alla colonne d’Ercole. Sono stato qui dopo la strage di S. Marco in Lamis e ho visto qualcosa di ignoto. Parlavo con un poliziotto che mi raccontava di essere stato in altre regioni d’Italia e mi diceva ‘non sai dove sono finito’!”. Carlo Bonini, giornalista di Repubblica, illustra il libro scritto con Giuliano Foschini ‘Ti mangio il cuore, nell’abisso del Gargano’ (Ed. Feltrinelli). “Ma che cos’è quest’ignoto?” gli chiede il moderatore Giacinto Pinto: “Per capire la dimensione arcaica e psicotica di questa quarta mafia - “la bestia”, come la chiamano nel libro - si pensi a Ciavarella, al 41 bis, che sente le voci del padre dopo che si è vendicato uccidendo un’intera genia, e c’è ancora sangue che richiama altro sangue. Con questo libro abbiamo voluto guardare negli occhi, parlare al cuore della bestia. Se le cose che vivi non le sai raccontare non esistono, il libro è anche un mattoncino in più su un muro che speriamo attraversi territori liberi”.

La mattanza della “mafia dei pastori”
Con il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Bari Giuseppe Volpe, all’incontro a S. Chiara, c’erano anche Arcangela e Marianna Luciani, vedove della strage del 9 agosto 2017. “Questa mafia trova la sua forza nel negazionismo - ha detto Foschini - più immaginata che realizzata, secondo la Corte d’assise d’appello di Bari nel 2001, una mafia di pastori la cui mattanza ha fatto decine di morti”. Il resoconto intreccia atti giudiziari inediti, testimonianze di investigatori, magistrati e vittime di questo infermo. “Ogni agosto arriva qui un ministro perché c’è qualche strage. Noi siamo lì fuori in Prefettura e aspettiamo. Abbiamo deciso che prima dell’estate qualcosa dovevamo scrivere, un libro serve perché non accada più quello che è successo rompendo con la coazione, la coercizione a ripetere”.



La mafia che era ignorata
Tanti anni di morti, di stragi, da quella del Bacardi alle vittime delle pallottole vaganti, eppure, ad agosto 2017 si scopre che questa mafia esiste: “E’ stata ignorata per molto tempo dai media - ha osservato Volpe - e anche dalla magistratura. Ricordo un processo per estorsione in cui le parti offese si costituirono in associazione antiracket e ogni giorno seguivano il processo arrivando in pullman da Vieste a Foggia. Nella sentenza si scrisse che questa associazione non venne fatta per il principio di legalità ma per condizionare i giudici”.
Mafia ignorata, sottovalutata, ma adesso di vacanze sul Gargano non ne fanno alla Direzione distrettuale antimafia di Bari. Così scrivono sul finale di questo racconto.

Gatti: “La mafia antica e moderna”
Giuseppe Gatti, pm della Dda di Bari, descrive la sua stessa incredulità, pur essendo barese, quando arrivò al pool omicidi dopo Urbino: “In pochi mesi decine di morti, in Foresta Umbra, a Cerignola, sui tornanti fra Vieste e Mattinata. Proprio qui? Mi chiedevo. Questa è una mafia che isola, che mescola familismo e tradizione, la cui logica è cancellare non solo la vita ma il volto perché spara sulla faccia. E’ moderna, crea network con il narcotraffico albanese, dialoga con i colombiani ad Amsterdam, si infiltra nelle pubbliche amministrazioni, lavora con l’agro-mafia, il traffico dei rifiuti, ha un’incredibile capacità di penetrazione. Il pizzo si fattura, l’estorsione viene ormai pagata legalmente e all’imprenditore chiedono il 3% dopo aver costituito un consorzio. Si può vincere, può avere fine, si fonda sulla logica dell’io, della distruzione, della morte. Alla Direzione distrettuale antimafia si impara a lavorare in squadra, dobbiamo contrapporle il ‘noi’ anche se ognuno deve fare la sua parte”.


Arcangela e Marianna “sorelle nella lotta”
Arcangela e Marianna, le due vedove Luciani, “ci hanno fatto cambiare il punto di vista, sono lucide, straordinarie, calme e poi lanciano parole che sono fendenti” dice Foschini. Se avessi gli assassini davanti a te, cosa gli diresti? chiede Pinto ad Arcangela: “Direi che non è più il tempo di tacere, che è stato versato troppo sangue. Io non provo rabbia, la rabbia è già un sentimento, il mio pensiero è solo per mio marito che quel giorno ha avuto l’unica colpa di andare al lavoro invece di andare al mare”. Erano cognate, sono diventate “sorelle nella lotta” e non si sentono sole: “Vicino a noi c’è tantissima gente, ci sono i magistrati, le forze dell’ordine”.
Nei clan di una mafia che non ha nome, arcaica e feroce, dal dopoguerra ad oggi si conta un solo pentito. Fra il 2017 e il 2018, nella provincia di Foggia, ha fatto registrare la media di un omicidio a settimana, una rapina al giorno, un’estorsione ogni 48 ore. Così si legge nella prima pagina del libro.

Tratto da: statoquotidiano.it

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