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di Antonio Ingroia e Coordinamento Azione Civile
La crisi economica mondiale, che da tanti anni ormai ha distrutto milioni di posti di lavoro e diritti civili e sociali, non ha messo in crisi un solo settore economico: quello delle armi. Mentre i diritti dei più fragili della società venivano distrutti, cancellati ai lavoratori che troppo spesso sono diventati anche ex, mentre le iniquità sociali ed economiche hanno raggiunto le maggiori vette possibili, il mercato mondiale delle armi ha continuato ad espandersi costantemente. Nell’Italia che ha cancellato l’articolo 18 e altri diritti dei lavoratori, macellato le pensioni, cancellato o quasi i sussidi a malati e disabili, ogni giorno oltre 64 milioni di euro vengono investiti nel mercato delle armi. Armi che alimentano guerre in ogni parte del mondo. In Iraq, Afghanistan, Siria e Libia i trafficanti di morte tricolori fanno affari dall’inizio dei conflitti. E sono italiane, come denunciano da anni attivisti per i diritti umani e pacifisti, molte delle bombe che l’Arabia Saudita sgancia contro la popolazione in Yemen in un massacro continuo da anni. Almeno una volta al mese una nave statunitense della Global Logistics passa dal porto di Livorno nel silenzio della stampa e dei sindacati e carica armi, munizioni di vario genere e tanks che trasportano direttamente al porto di Gedda in Arabia Saudita.
Nelle scorse settimane portuali di Genova, e anche in Francia, hanno deciso di non prestarsi a questo mercato di morte rifiutandosi di lavorare a sbarco e imbarco di armi. Un gesto forte, sostenuto da manifestazioni pacifiste, che non ha avuto risonanza mediatica e politica nazionale. Quasi nessun mass media nazionale ha riportato la notizia. E, anche dai partiti politici che si definiscono di “sinistra” e “pacifisti” non sono venute grandi espressioni di sostegno. Il Coordinamento nazionale di Azione Civile sin dall’inizio ha seguito questa mobilitazione operaia, dandone notizia ai propri attivisti anche tramite le pagine face book, e si schiera interamente con loro. La Pace non è un concetto astratto, non può essere solo un’evocazione di principio. Va conquistata, difesa, perseguita. Denunciando gli interessi dei mercati di morte, delle multinazionali che lucrano sfruttando popolazioni e depredando interi Stati in Africa, Asia e America del Sud soprattutto. E ostacolandoli. Per questo stiamo con i portuali di Genova e francesi, auspicando che la loro azione possa essere replicata sempre più. Rendendo sempre più difficile il lucroso mercato delle armi e, magari, ponendo all’attenzione – così come il movimento per la Pace cercò di fare negli Anni Settanta e Ottanta – la questione della riconversione delle industrie belliche.

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