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macron may trump c apdi Karim El Sadi
Non ce la fanno. E' più forte di loro, quel desiderio quasi carnale di dover per forza sganciare qualche missile qua e là in territorio di guerra come per dimostrare a tutti che nulla avviene in questo mondo senza il loro consenso. Ad una settimana dai presunti attacchi chimici su Douma il presidente statunitense Donald Trump non ci sta e pieno di orgoglio e di quel senso di giustizia trasparente che lo caratterizza ha deciso di rispondere al crimine disumano del “mostro” Bashar Al Assad, come? Con la forza naturalmente. E così come quando si organizza una partita di calcetto, il “capitano”, il “n° 10” Donald J. Trump, si è affrettato a “chiamare” i suoi “amici” cercando possibili compagni con cui formare una “squadra” per la “partita” in campo siriano. Così ha avuto inizio, da qualche giorno ormai, il “giro di chiamate” del presidente statunitense e a rispondere alla richiesta sono arrivate tra le tante la Francia di Macron e la Gran Bretagna di Theresa May. Quest'ultima in particolare era talmente “contenta” di giocare un ruolo chiave in questa “partita” che non ha nemmeno consultato West Minister per discuterne. Anche l'Italia ha ricevuto la “chiamata”, la numero due dell’ambasciata degli Stati Uniti, Kelly Dignan si è recata a Palazzo Chigi per incontrare il consigliere diplomatico del premier Gentiloni. Per fare un sondaggio preliminare in modo da capire se gli Stati Uniti, nel caso di attacco alla Siria, avrebbero potuto contare sulle basi di Sigonella e di Aviano. La risposta del nostro Paese è stato un “ni”. Partiremo in “panchina”. La “squadra” è pronta e davanti possiede un “reparto offensivo” niente male: Francia e Inghilterra sulle “fasce” e gli Stati Uniti “centravanti”. Così alle 3 di questa mattina (ore italiane) la “squadra” ha fatto il suo primo “tiro in porta”, colpiti, dicono alcune fonti, tre obbiettivi legati alla produzione o stoccaggio di armi chimiche: un centro di ricerca scientifica a Damasco, un sito a ovest della città di Homs e un importante posto di comando. Il “tiro” è partito dalla “trequarti”, dalla portaerei americana nel Mar Rosso, che però, dicono i russi, è stato “deviato” dai sistemi di difesa di Damasco. Gran parte dei missili lanciati, infatti, sarebbero stati intercettati e distrutti. Purtroppo, però, come spesso accade, quando si bombarda, c'è una buona probabilità di colpire anche persone innocenti, secondo quanto riportato dalla Tv siriana, 3 civili sarebbero già rimasti feriti nell'attacco su Homs. A grandi linee questo è il grande quadro che ci viene raccontato dalla stragrande maggioranza dei mass-media, ma in realtà le “strategie di gioco” in questa “partita” sono diverse e ben camuffate. Innanzitutto bisognerebbe fare una premessa. Ad oggi sembrerebbe non esistano prove certe che in Siria sia realmente avvenuto un attacco chimico. Le stesse agenzie che riportano le notizie dal fronte ribelle - quindi non propriamente agenzie imparziali, per usare un eufemismo - non parlano specificamente di attacchi con il gas. Non si conferma neanche il numero di morti di cui si è parlato nelle prime notizie arrivate da Douma. Notizia ancora più preoccupante riguardo la legittimità di una risposta militare al Governo Assad riguarda le dichiarazioni di James Mattis, il capo del Pentagono. Non proprio l'ultimo arrivato insomma. Il quale afferma: “Ci sono stati diversi attacchi di questo tipo, non siamo coinvolti nel terreno lì, quindi non posso dire che abbiamo avuto prove, anche se abbiamo raccolto molte indicazioni sui social media e sulle reti che il cloro o il sarin sono stati usati - continua il generale - Credo che l'attacco chimico abbia avuto luogo e stiamo aspettando prove basate su fatti”. Traduzione, non sappiamo con certezza assoluta se l'attacco è avvenuto realmente o meno. Anche l'agenzia Reuters riporta una news scottante “Dopo una valutazione preliminare - si legge - Washington ritiene che non è stato possibile comprendere effettivamente se l’attacco sia stato opera dell’esercito siriano o di gruppi terroristici”. Se questo fosse vero andrebbe a confermare le dichiarazioni di completa estraneità del Governo Siriano sostenute naturalmente dal governo russo. E non sarebbe la prima volta che Bashar Al Assad viene additato come l'autore di attacchi chimici senza alcuna prova reale. Come non sarebbe la prima volta che gli Stati Uniti bombardano inavvertitamente la Siria per gli stessi motivi e in assenza di prove. Esattamente un anno fa a Idlib è avvenuto un bombardamento simile con armi chimiche dove sono state uccise 73 persone intossicate dal gas Sarin. “Gli Stati Uniti avevano risposto con il lancio di 59 missili Tomahawk, ma ad un anno di distanza l'America non ha ancora le prove che fosse stato Assad” a dirlo Alberto Negri, esperto corrispondente e membro del consiglio dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, intervenuto alla trasmissione Piazzapulita qualche giorno fa. Il rischio di escalation è elevatissimo come avvertono le autorità e i governi coinvolti e non in questa “partita nefasta”. Bisognerebbe ricordarsi cosa avvenne 15 anni fa in Iraq, quando il paese venne accusato di possedere testate atomiche che non sono mai state trovate. Per la cronaca le potenze che lo hanno invaso nel 2003 sono le stesse che hanno bombardato stamattina la Siria. Il dado è tratto. “La palla è al centro”, la Russia ha promesso che non resterà indifferente e il mondo intero sta sugli “spalti” a guardare il “match di sangue” sperando per il meglio.

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