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orsatti pietro c paolo bassanidi Pietro Orsatti
Quello che sta avvenendo in questi ultimi mesi in Italia in relazione alla questione accoglienza e immigrazione sancisce una spaccatura all'interno della società italiana ancora più profonda di quelle causate con l'intervento militare in Kosovo e Serbia e poi successivamente in Iraq e Afghanistan fra il 1999 e oggi. Che fra questi due passaggi (i Balcani e il Medio Oriente e l'Asia centrale) vi sia stato il tentativo, in gran parte riuscito, di annientare l'intero insieme dei movimenti sociali e dell'aria ecopacifista a Genova nel luglio del 2001, non è stato casuale. Da decenni quel movimento ampio, disorganizzato ma estremamente efficace sia nelle azioni concrete di supplenza nel settore del welfare (che da almeno vent'anni viene mortificato, attaccato e come ora criminalizzato) è stato progressivamente marginalizzato se non si adeguava a un rapporto parassitario-clientelare di sudditanza e dipendenza dalla macchina di finanziamento pubblica.
Questo tipo di distorsione del rapporto fra volontariato e welfare statale, fra reti sociali e apparati dello Stato, ha causato, ed è necessario ricordarlo, orrori come il sistema Buzzi a Roma e il CARA di Mineo.
Il mondo non solo del Terzo settore, ma anche del più difficilmente governabile insieme delle Organizzazioni non governative e dei progetti di mutua assistenza e delle reti sociali nazionali e internazionali, sono considerati da tempo un fastidio da parte delle istituzioni italiane fino ad arrivare oggi ad essere percepite come un nemico da abbattere o, ancor meglio, da sottomettere e normalizzare in una catena di comando-dipendenza che possa consentire il perpetuarsi di un sistema autoritario e clientelare (che, attenzione, non si basa solo sulla clientela economica) e di sudditanza attaccando quello che si ritiene un pericolosissimo non condizionabile insieme di dissenso politico-culturale a un processo di degenerazione del concetto di società di eguali.
Quello che sta avvenendo oggi con l'aggressione sistematica a tutte le organizzazioni non governative e alle rete di accoglienza, sostegno e volontariato sociale fino ad arrivare al truculento dibattito sullo ius soli di questi mesi, dimostra l'accelerazione di questo processo con l'avvicinarsi delle prossime elezioni politiche.
Tutto questo avviene contemporaneamente alla progressiva militarizzazione del territorio. Che va dalla presenza nelle aree urbane dell'esercito - la presenza di militari armati come a Kabul sta diventando parte del paesaggio - fino all'assorbimento nella "forza armata" dei Carabinieri della Guardia Forestale (forza dell'ordine "civile" che di colpo viene militarizzata). Per inciso, in tutti i paesi democratici - e grazie a una normativa europea che ovviamente l'Italia disattende da anni "in proroga" - non è consentito a una "forza armata" di ricoprire incarichi di ordine pubblico e polizia giudiziaria. Perché le regole, i metodi, le funzioni e soprattutto la catena di comando sono del tutto differenti da quelle di una forza di polizia "civile".
E' sconcertante assistere a una campagna trasversale di una violenza così imprevedibile come quella  messa in piedi negli ultimi mesi contro le Ong impegnate nel Mediterraneo in operazioni di soccorso e salvataggio. Lascia allibiti con quale violenza molti commentatori e "intellettuali" e politici di destra e sinistra passando per il M5S si siano lanciati in una progressione violenta di accuse spesso generiche e ancora più spesso immotivate che partendo da queste organizzazioni umanitarie si riproietta su tutto il sistema del Terzo Settore che, non bisognerebbe mai dimenticarlo, esercita una funzione fondamentale nel tenere in piedi quel poco che ha resistito di welfare nel ventennio del berlusconismo. E fa davvero rabbrividire come, "visto che questo dicono i pm" anche se poi non lo dicono, ci sia sia gettati a accusare di spregevoli reati come il commercio e la speculazione sulla vita degli esseri umani chi, in assenza di una politica coerente e seria e non prona ai meccanismi della necessità di seguire la pancia del pezzo più gretto della società italiana, sta facendo il lavoro - ogni giorno - di salvare vite in mare come impone la normativa internazionale. Questi nuovi censori sono arrivati ad accusare chiunque non si schieri immediatamente sull'attenti a difendere la terra patria dall'invasione da usare gli stessi mezzi e con le stesse dinamiche dei protagonisti del berluisconismo, di avere interessi occulti, di nascondere volontà speculative, di fiancheggiare il terrorismo.
Chi non si adegua immediatamente al giudizio popolare del censore di turno che interpreta un'indagine giudiziaria come una sentenza immediata è un complice dei terroristi e dei nuovi schiavisti che speculano sulla disperazione.
E le vite salvate? Se ne occupino i libici con loro campi di concentramento nel deserto. E chi mette a rischio la propria vita per salvarne altre? Criminali da mandare in galera e insultare e trattare non come banditi comuni ma come mafiosi. Perché così vuole l'intestino crasso del paese. Perché le elezioni sono alle porte. Perché che occasione ghiotta criminalizzare le Ong per coprire la propria incapacità di perfino pensare una strategia di gestione dei flussi migratori.
C'è qualcosa di profondamente sbagliato in questa campagna politica e di informazione. C'è la proiezione di un'idea di società fondata sulla paura e l'odio, dove non c'è spazio per nessun gesto di umanità se non regolato dalla logica del più forte. Dove se uno rifiuta l'introduzione di divise e soprattutto di armi a bordo delle navi (civili) impegnate nel salvataggio viene indicato come terrorista e complice dei nuovi mercanti di schiavi. Quando ogni logica e ogni esperienza passata, come quella accumulata da MSF che per la sua attività ha perfino ricevuto il Premio Nobel per la Pace, indica come la presenza delle delle armi in luoghi di cura e soccorso garantisce sia la sicurezza del personale umanitario sia che quelle armi e altre non vengano usate.
Un processo, quello avviato mesi fa e che ora sta diventando una campagna di deleggitimazione senza nessun fondamento se non quello di acchiappare consensi elettorali o vendere più copie di giornale, che dimostra come il nostro paese stia rischiando una deriva autoritaria, basata su una legalità sommaria determinata da chi ha lo slogan più violento da offrire al popolino pronto al linciaggio dopo mesi se non anni di informazione falsa e fake news fuorvianti, e prigioniero di un processo che vuole militarizzare e "depurare da ogni dissenso" la nostra già fragile democrazia. Per la gioia, quella si, di trafficanti di esseri umani, speculatori e schiavisti. E mafiosi.

Foto Copyright Paolo Bassani

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