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dalla chiesa setti 600di Alessandra Antonelli
Il gruppo AGENDE ROSSE “C. ALBERTO DALLA CHIESA e E. SETTI CARRARO” – ANCONA E PROVINCIA, in occasione della ricorrenza del 34° anniversario della morte, ricorda con infinita stima e immensa gratitudine il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, trucidato per mano di Cosa Nostra a Palermo, in Via Isidoro Carini, il 3 settembre 1982, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, nonché l’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo a seguito delle gravi ferite riportate nell’attentato.

“’Il generale di ferro’ lo chiamavano. Ottimo combattente, Dalla Chiesa era un po' diverso dai soliti nomi che capita di sentire quando si parla di lotta a Cosa Nostra. Egli non era siciliano, ma aveva avuto a che fare con la realtà dell'isola quando era ancora molto giovane, indagando, a Corleone, su Lucianeddu e la sua banda di "viddani", capeggiati Salvatore Riina. Dopo anni di esperienza in questo campo, il generale fu mandato ad eliminare un altro cancro del nostro Paese: il terrorismo delle Brigate Rosse. Ebbe un grandissimo successo e il suo contributo all'abbattimento di questo genere di criminalità organizzata fu essenziale. Poi, però, nell'82 lo Stato gli affidò un altro compito. Qualcosa di molto più delicato e spaventoso: la lotta a Cosa Nostra. Chi, in quegli anni, lo mandò nella terra maledetta, la Sicilia, era già consapevole della fine che avrebbe fatto. Sì, perchè un conto è fare la guerra ai terroristi, uomini spregevoli e folli che desiderano la caduta dello Stato, altra cosa è invece scontrarsi con il potere mafioso che con lo Stato ci stringe accordi. Le cose, come si nota, sono ben diverse. Il Governo aveva un serio bisogno di un uomo forte e capace come Dalla Chiesa per sconfiggere un'organizzazione che lo minacciava, ma non avvertiva la stessa necessità per combattere la mafia. Semplicemente il generale fu abbandonato in quella terra, fu gettato nelle fauci della belva, lasciato solo” (dall’articolo del 29.11.2009 di Serena Verrecchia e Angelo Garavaglia Fragetta apparso su www.19luglio1992.com).

La nostra vicinanza ed il nostro affetto vanno in questi giorni al Prof. Nando Dalla Chiesa, a Simona Dalla Chiesa e a Rita Dalla Chiesa, figli del Generale, che a noi piace ricordare con le parole dal medesimo pronunciate in un discorso pubblico il giorno 01.05.1982:
"Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle sue leggi; non possiamo oltre delegare questo potere nè ai prevaricatori, nè ai prepotenti, nè ai disonesti. Potere può essere un sostantivo nel nostro vocabolario ma è anche un verbo. Ebbene, io l'ho colto e lo voglio sottolineare in tutte le sue espressioni o almeno quelle che così estemporaneamente mi vengono in mente: poter convivere, poter essere sereni, poter guardare in faccia l'interlocutore senza abbassare gli occhi, poter ridere, poter parlare, poter sentire, poter guardare in viso i nostri figli e i figli dei nostri figli senza avere la sensazione di doverci rimproverare qualcosa, poter guardare ai giovani per trasmettere loro una vita fatta di sacrifici, di rinunzie, ma di pulizia, poter sentirci tutti uniti in una convivenza, in una società che è fatta, è fatta di tante belle cose, ma soprattutto del lavoro, del lavoro di tanti. E occorre che tutti, gomito a gomito, ci sentiamo uniti, perchè anche chi è animato da entusiasmo, anche chi crede, come crede colui che in questo momento vi sta parlando, ha bisogno di essere sostenuto, di essere aiutato, di sentire di vivere in mezzo a chi crede perché, tutti credendo, possiamo raggiungere la meta che auspichiamo: la tranquillità, la serenità"

Tratto da: 19luglio1992.com

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