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DSC 4936di Karim e Jamil El Sadi
Caro Vincenzo Agostino,
Siamo due fratelli, i nostri nomi sono Karim e Jamil e abbiamo rispettivamente 19 e 16 anni.
Volevamo scriverLe questa lettera in occasione della sua incredibile devozione nei confronti di noi giovani ragazzi e volevamo cogliere la sua disponibilità per dedicarle le nostre più profonde speranze perché un giorno Lei e sua moglie possiate finalmente sorridere sapendo che il nostro Paese vi ha restituito quella giustizia che dal fatidico 5 Agosto 1989 attendete con ansia. Siamo due ragazzi giovani, due studenti e, come tali, non riusciamo nemmeno minimamente a comprendere il dolore che avete subito nel perdere figlio, nuora e nipote in una caldissima giornata di Agosto. Un dolore talmente grande che ha causato una cicatrice così profonda nella storia del “Bel Paese” che se solamente ci fermassimo a comprenderla ci perderemmo in un infinito. Un infinito macabro, pieno di illusioni e di ombre senza fine. Se oggi noi ragazzi veniamo a conoscenza di una delle pagine più buie e misteriose della storia italiana, è solo per colpa di uomini meschini e vigliacchi che, con l'aiuto di una giustizia e di uno Stato i quali ci riesce difficile definirli tali, hanno commesso crimini e assassinii contro persone innocenti o eroi come suo figlio che ha dato la vita ad un Paese che gli ha girato le spalle. Come può intuire dai nostri nomi, non siamo italiani al cento per cento. Nostro padre è figlio di una terra martoriata, dimenticata da tutti. La Palestina, che come la Sicilia è in cerca di giustizia da tanto tempo, troppo tempo. Entrambi facciamo parte di un gruppo teatrale, costituito da ragazzi, che attraverso l'arte della danza, del canto e della recitazione denunciamo le ingiustizie che accadono ogni giorno nel mondo. In particolar modo quelle che succedono in Italia, in Sicilia. Dove avvengono estorsioni, soprusi, intimidazioni, corruzioni, omicidi e crimini di stampo mafioso all'ordine del giorno. Ci chiamiamo “Our Voice” che vuol dire la nostra voce. Un grido di gioventù e giustizia che emerge tra le acque placide di un mare taciturno e omertoso. Un mare dove regna il menefreghismo e l'indifferenza, altri fattori che alimentano la mafia. Noi siamo giovani e come tali stiamo scomodi in questa società, per questo urliamo resistenza e verità, per questo urliamo giustizia e speranza, perché sappiamo che rimanendo indifferenti le cose peggioreranno sempre. Noi giovani abbiamo capito che l'indifferenza è il mare in cui nuota il pesce cane mafia, anzi il polpo, ed è per questo che Le stiamo scrivendo, per manifestare la nostra completa solidarietà a Lei e a Sua moglie Augusta, perché noi la parola silenzio non la conosciamo. Abbiamo visto l'intervista e ci ha toccato molto quando ha rivelato le sue paure al giornalista delle Iene. Una paura enorme e assolutamente comprensibile, il timore di non riuscire a vivere abbastanza purché la sua famiglia ottenga giustizia. Deve sapere che anche noi, nostro padre e suo padre prima di lui abbiamo un timore simile. Lo nostra terra, la Palestina, è tutt'oggi mutilata, violentata e stuprata da uno stato con "la faccia da mostro" da oltre 60 anni e anche noi temiamo, conoscendo la potenza di Israele, di non riuscire ad essere sepolti in pace sapendo che la nostra terra ha ottenuta quella libertà che reclama dal lontano 1948. Una parola domina i nostri cuori e le nostre menti. La stessa parola spesso pronunciata da Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo. Una parola che al suo interno racchiude tutti i valori dell'umanità ; il coraggio, la forza, la solidarietà, l'amore, il sacrificio. Questa Parola è RESISTENZA.
Vorremmo dirLe un'ultima cosa per incoraggiarla nei momenti più tristi: "Il dolore non può essere più grande della vita, non  può portare via il cielo e le stelle e non può far sì che il sole non filtri oltre le nuvole".

P.S. Speriamo che un giorno possa tagliarsi la barba sapendo che l'Italia ha fatto il suo dovere.
Le auguriamo che il sole che scalda Palermo possa nuovamente accarezzarLe il viso...

Con affetto due suoi cari sostenitori
Karim El Sadi, Jamil El Sadi

Pesaro, Aprile 2016

Foto © Emanuele Di Stefano

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