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mostra-fotografica-violenze-mafieIntervista all'autore della mostra fotografica
Il "Centro Culturale Evangelico Giacomo Bonelli" di Palermo, in occasione della Festa della Donna, presenta la mostra fotografica di Tiziano Grillo “Scatti contro la violenza – Mettiamoci la faccia”, presso il Salone della Chiesa Evangelica Valdese - Via Spezio 43 Giorno.

7 Marzo (dalle ore 18,00 alle ore 22,00) esposizione della mostra fotografica

8 Marzo esposizione della mostra con dibattito “La violenza delle mafie contro le donne, la violenza del silenzio”.

Saranno presenti all’iniziativa:

Tiziano Grillo di Amantea (Cs) - autore della mostra fotografica
Peter Ciacco - Pastore della Chiesa Valdese
Vicenza Scardina -  Diritto di famiglia, Avvocato Penalista di Bagheria (Pa)
Alessandro Cacciato - Presidente dell’Associazione"Più Sicilia” di Agrigento
Daniele Palermo - Presidente del Centro Evangelico di Cultura Bonelli.

LA MOSTRA
“Scatti contro le violenze – Mettiamoci la faccia”, è una mostra fotografica che va oltre all’immagine. E' uno squarcio di vita quotidiana, una denuncia, il grido disperato di chi giornalmente subisce una violenza nel silenzio, anche in ambienti “familiari”, proprio ad un passo da noi, dalle nostre vite, dalle nostre relatà.

Violenze, come quelle che subiscono le donne di ‘ndrangheta che hanno spezzato il legame con la famiglia, ma anche donne e bambini che vengono maltrattati dai loro uomini, dai loro padri.

Tra i protagonisti della mostra ci sono cinque ragazze, Jessica Furgiuele, Laura Viola, Sabrina Caruso, Maria Viviana Lorelli e Chiara Del Pizzo, “I cinematici”,  che hanno deciso di smettere di tacere, di metterci la faccia, di lasciar parlare le immagini, i gesti e gli sguardi.

Tiziano Grillo è un fotografo di Amantea (Cs), ha 43 anni e sin da piccolo coltiva la passione per la fotografia. Ha frequentato corsi di fotografia a Firenze, specializzandosi in reportage, ma la sua fotografia si basa soprattutto sulla bellezza della vita, quella nascosta, quella che fa fatica ad emergere, quella che spesso si nasconde all’occhio umano. Il suo maestro è  il fotografo Robert Capa, che considera “una pietra miliare della storia della fotografia”.


Intervista a Tiziano Grillo a cura di Francesca Munno

Tiziano Grillo, fotografo di Amantea (Cs), ha realizzato una mostra fotografica contro le violenze. L’abbiamo intervistato per capire meglio il suo percorso, il suo viaggio fotografico che l’ha portato in questa drammatica realtà spesso dominata dall’indifferenza e dal silenzio. “Scatti contro le violenze”- Mettiamoci la faccia: una mostra fotografica che presenta il male degli ultimi temi, le violenze violenze: dallo stalking al bullismo, dalla violenza sulle donne a quella sui bambini, dal disagio giovanile alla violenza che subiscono le donne di ndrangheta che scelgono di rompere il silenzio e collaborare con lo Stato. Violenze che sono sotto gli occhi di tutti, ma che spesso vengono ignorate. Cosi come dice l’autore della mostra fotografica “la violenza esiste e non solo in luoghi lontani da noi, è sbagliata e soprattutto va denunciata. Far  finta di nulla, girarsi dall’altra parte è comunque una violenza, l’omertà è un’altra forma di violenza.”

D: Ciao Tiziano,com’è nata questa iniziativa, “Mettiamoci la faccia” – Scatti contro la violenza?
R: Un giorno ho sentito in tv dell’ennesimo stupro ai danni di una ragazza diciassettenne, ho pensato al fatto che ho una figlia di quell’età, e ho riflettuto su come avevo reagito altre volte che avevo sentito fatti simili, avevo sempre pensato che erano cose che accadevano altrove, in altri luoghi in altre città lontano dal mio mondo, dal mio quotidiano. Ma quella sera ho realizzato che così non è, che certe cose possono accadere ovunque. Mi sono chiesto “io che posso fare ?”. Alla fine facendo il fotografo mi è venuto naturale cercare di sensibilizzare attraverso le immagini.

D: Ultimamente si parla molto della violenza sulle donne, perché tu hai deciso di “mostrarci” vari tipi di violenze?
R: E’ vero la violenza sulle donne è la più discussa, ma ci sono vari tipi di violenza a volte anche più tremende come quelle sui bambini. Io credo che la violenza sia una delle cose più “democratiche” che esiste, può colpire tutti senza distinzioni di razza, sesso, età, religione, ideologia, estrazione sociale e culturale, le vittime ed i carnefici possono essere uomini, donne, bambini o anziani, musulmani o cristiani etero o gay, bianchi o neri. Ho deciso di trattarne il numero maggiore possibile perché mi sembrava giusto farlo, perche la violenza è violenza in qualsiasi forma si mostri, e il non parlarne non aiuta a contrastarla.

D: Cos’è la violenza? Sai dirmi che significato ha all’interno di una famiglia, di un gruppo e quali sono i “sintomi” che producono una violenza?
R: La violenza è tante cose ed ha mille facce. Va dalla violenza fisica a quella verbale e psichica, trova spazio ovunque, non esiste un luogo veramente sicuro, oramai la violenza è ovunque in famiglia a scuola in chiesa allo stadio per strada, è nella natura dell’essere umano. La violenza in famiglia credo sia la più devastante, sei a casa tua con la tua famiglia, dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo ma non sempre è così, subire una violenza da una persona che dovrebbe amarti e proteggerti, credo sia la cosa più brutta che possa capitare eppure la famiglia ha la percentuale più alta per fatti di violenza. Per quanto riguarda i sintomi che portano alla violenza, io credo che la violenza generi violenza, leggevo una statistica dalla quale emergeva che l’oltre il 60% dei bambini che subiscono violenza hanno la tendenza crescendo a trasformarsi da vittime in carnefici o a diventare autodistruttivi facendo violenza su se stessi o sugli altri.

D: Quando scatti una foto in cui si rappresenta la violenza cosa senti?
R: Sento la voglia di voler comunicare, la responsabilità del messaggio che vorrei dare. In realtà nel momento dello scatto, quando sono sul set i pensieri sono puramente tecnici: calcolare la giusta luce, l’inquadratura migliore, i dettagli dell’immagine, l’espressione dei soggetti. I pensieri in merito al messaggio contenuto negli scatti, di quello che vorrei dire con le foto, avviene in altre  fasi. Una prima fase è quello dello scatto, quando immagino la scena che voglio rappresentare, quando analizzo un fatto reale e cerco di immaginare come poterlo rappresentare con un singolo scatto, in questa fase l’emotività conta molto, devi cercare, anche se a fatica, di immedesimarti nelle vittime e nei carnefici e trovare un giusto equilibrio per restituire alla scena una sua dimensione più verosimile possibile. Poi c’è la fase in cui riguardo le immagini scattate, la scelta della foto da presentare, ed anche li le valutazioni sono sia tecniche che emotive. L’emozione e le sensazioni maggiori però si concentrano quando è tutto finito e condividi l’immagine. Come dico spesso io faccio il fotografo, cerco di trasmettere emozioni e sensazioni attraverso i miei scatti, non sempre ci riesco, ma sicuramente l’emozione più forte me la danno le persone che vedono le mie immagini, attraverso i loro sguardi, le loro espressioni realizzo se tutto il lavoro fatto in precedenza ha dato i suoi frutti.

D: Come reagisce la gente, i giovani, guardando questa mostra contro le violenze e perché hai scelto di mostrare le ferite, il dolore?
R: Comincerò a risponderti partendo dalla parte finale della tua domanda: perché mostrare le ferite, il dolore? Perché credo che non ci sia altro modo, perché non sopporterei che le immagini potessero essere lette in modo diverso da quello che invece vogliono rappresentare, perché la violenza lascia ferite e dolore, perché non voglio che chi guarda queste immagini mi dica “bella foto, mi piace” o “brutta foto non mi piace”, quello che spero e che le immagini trasmettano un messaggio, un aiuto a prendere coscienza del problema, mi basta tenere alta l’attenzione su un problema reale che, troppe volte, se non vissuto in prima persona, se visto dall’esterno si stenta a riconoscerlo. Nelle mie foto deve essere riconoscibile ciò che voglio mostrare, in questo caso cosa genera la violenza. Le reazioni di chi ha visto le miei immagini sono state svariate, come è naturale che sia, ognuno reagisce a modo suo, ognuno ha un’immagine che lo colpisce più di altre, che gli suscita emozioni particolari. Ho visto donne andar via dalla mostra con le lacrime agli occhi perché magari un’immagine le avevano colpite in modo particolare, magari risvegliando ricordi di esperienze personali o di persone a loro vicine; o altre persone che dopo aver guardato le foto hanno sentito il bisogno di raccontarmi le loro esperienze. I giovani si sono dimostrati molto sensibili all’argomento, la mostra è stata ospitata all’interno di un dibattito in una scuola superiore ed il riscontro è stato più che positivo. Inoltre va ricordato, e ci tengo a farlo, che in questa campagna fotografica ho coinvolto un gruppo di ragazze molto giovani "I Cinematici" che hanno realizzato la parte video di questa campagna contro le violenze. Stanno elaborando un cortometraggio sulle violenze, un ottimo lavoro, ma soprattutto la cosa che mi colpisce è la loro passione e la voglia di dare il meglio per questo progetto, che con il loro inserimento ha, a mio parere, accresciuto il suo valore comunicativo.

D: I protagonisti delle foto sono prevalentemente giovani. Come vengono preparati?
R: In realtà i protagonisti delle immagini vengono preparati poco, dopo aver avuto la loro disponibilità a metterci la faccia, qualche giorno prima degli scatti comunico loro il ruolo, ma non do indicazioni su come dovranno posare, non spiego loro la scena come l’ho immaginata, quello lo faccio direttamente sul set, in questo modo spero di riuscire a cogliere sul loro volto, nei loro occhi delle espressioni non troppo costruite che alla fine risulterebbero finte. A volte l’insicurezza, l’emozione, la sorpresa riescono ad essere complici nella resa dell’immagine finale.

D: Questa mostra fotografica rappresenta varie violenze. Secondo te potrebbe avere una finalità educativa?
R: La finalità come dicevo è quella di tenere alta l’attenzione, sul mostrare quello che può succedere e che succede nella vita di tutti i giorni. Far nascere la consapevolezza che la violenza non è lontana dal nostro quotidiano. Se la mostra sia educativa non lo so, la parola “educazione” è un termine molto complesso, diciamo che vorrebbe essere evocativa, vorrebbe tirar fuori da chi guarda le immagini, richiamare alla memoria dolori e anche vicende che magari conosciamo. La violenza esiste e non solo in luoghi lontani da noi, è sbagliata e soprattutto va denunciata. Far  finta di nulla, girarsi dall’altra parte è comunque una violenza, l’omertà è un’altra forma di violenza.” Ci tengo a ringraziare tutti quelli che hanno creduto in questo progetto, tutti gli interpreti delle foto che ci hanno messo la faccia, “I Cinematici “Viviana, Sabrina, Laura, Jessica e Chiara per la loro passione e sensibilità, e tutte le persone come te che ci aiutano dando risalto a quello che facciamo.
D: Grazie a te Tiziano.

Francesca Munno