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parlate-di-mafiaGiovedì 18 luglio alle ore 17.00, presso Sala delle Carrozze in Villa Niscemi a Palermo si terrà l'incontro: "PARLATE DELLA MAFIA. PARLATENE ALLA RADIO, IN TELEVISIONE, SUI GIORNALI. PERO' PARLATENE" nel cercare risposte alle  domande di Rita Borsellino che non hanno ancora avuto risposta dopo 21 anni.

Rita Borsellino intervista:
Lirio Abbate (L’Espresso)
Giuseppe Lo Bianco (Il Fatto Quotidiano)
Francesco La Licata (La Stampa)
Anna Petrozzi (AntimafiaDuemila)

"Parlate di mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene". Questa frase fu pronunciata da Paolo Borsellino oltre vent'anni fa ma risulta più che mai attuale, anche se i media nel frattempo si sono evoluti non hanno comunque cambiato la loro funzione: informare. Anche per non dimenticare. Sono tante le domande che in questi anni hanno riempito i giornali e le aule di tribunale eppure le risposte sono talvolta vaghe o tardano ad arrivare. Come la verità, quella 'vera' sulle motivazioni che portarono alla strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992. Domande e risposte mai esaurite, che tornano ad ogni anniversario; stavolta a farle non saranno i giornalisti né i magistrati ma Rita Borsellino, sorella del giudice, oggi eurodeputato e presidente fondatrice del movimento Un'altra Storia, rivolgendosi ai giornalisti. Un'inversione dei ruoli alla vigilia del 21esimo anniversario della strage di via D'Amelio per parlare della trattativa Stato-mafia oggi oggetto di un processo che si celebra tra Palermo e Caltanissetta.

L'OBBLIGO DELLA VERITA'
di Rita Borsellino

[…] L'Italia ha bisogno di conoscere il suo passato e di elaborare il suo presente per potere costruire il suo futuro. Ha bisogno di verità, di coraggio, di assunzione di responsabilità. E questo riguarda tutti, ognuno di noi. Quando ho cominciato, già a settembre del '92, a parlare ai ragazzi, nelle scuole o altrove, la mia era soprattutto una testimonianza su ciò che era accaduto. Le circostanze, i tempi, i fatti. Come reagire, come fare in modo che tutto ciò che era accaduto potesse aiutare a costruire un futuro diverso, attraverso la conoscenza, la consapevolezza e l'assunzione di responsabilità. Sembrava che tutto ciò fosse a portata di mano.

Ma il troppo entusiasmo non è sempre utile. Talvolta trae in inganno, porta a prestare attenzione ai particolari più appariscenti e non ad una visione di insieme più critica, più obiettiva.

Chi ha approfittato di questo?
Chi ha trasformato i collaboratori di giustizia in "pentiti" poco credibili dal punto di vista del senso comune dell'etica?
Chi ha cominciato a demonizzare la magistratura, creando un senso di diffidenza generalizzato sul loro ruolo e sulle loro scelte?

E mentre il dibattito si allargava e si politicizzava e le idee dell'opinione pubblica si confondevano, c'era chi, con grande abilità, si affrettava a svolgere un ruolo parallelo e perverso: la manipolazione della verità, i depistaggi!
Chi ha operato tutto questo ma soprattutto perché e per chi lo ha fatto? A chi serviva? A chi e a che cosa è servito?
E' questo che dobbiamo pretendere di sapere. Chi ha cercato di prendersi gioco di noi, del nostro impegno, del nostro dolore?
Chi è responsabile e complice di tutto questo?
Cosa sa la classe politica, e non solo quella di vent'anni fa (anche perché troppo spesso coincide con quella di oggi) di patti inconfessabili e di trattative?

Quali vite si sono volute risparmiare in nome di una inconfessabile ragion di stato, sacrificando chi per la propria rettitudine e coerenza si sapeva di non potere comprare?

Troppi buchi neri nella nostra democrazia che continua ancora ad indebolirsi!