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aula-tribunale0di AMDuemila - 15 dicembre 2014
Caltanissetta. Carlo Greco, sul banco dei testi dopo la deposizione di Pietro Aglieri, è tornato a parlare di un'ipotesi di "desistenza" da Cosa nostra. "Ho avuto un colloquio con l'allora procuratore antimafia Vigna, accennammo alla desistenza ma non a dissociazioni o pentimenti. Poi non lo vidi più", ha dichiarato. Il capomafia palermitano ha ricordato di un colloquio, intercettato, avuto con il fratello e il cognato quando era latitante. "Si parlò - ha detto - della dissociazione di Salvatore Cucuzza commentando un articolo di giornale. Gli spiegai che dissociato è chi si autoaccusa di crimini non tirando in ballo altri. Aggiunsi che comunque era meglio farsi dissociato che farsi pentito. Ma che, secondo me, era sbagliata anche la dissociazione. Questa nostra conversazione fu totalmente equivocata da chi la ascoltava e si disse che io avevo detto agli affiliati di dissociarci una volta che fossimo stati arrestati".
Di seguito Greco ha poi confermato le dichiarazioni di Aglieri in merito al falso pentito Vincenzo Scarantino, imputato al processo per il depistaggio delle indagini, il quale era totalmente inaffidabile. "Era una nullità perché Secondo i due boss era incomprensibile che Scarantino fosse ritenuto responsabile dagli investigatori del furto della 126 imbottita di tritolo e usata per la strage. "Certo che ci chiedevamo - ha detto - perché la polizia e La Barbera (Arnaldo La Barbera, ex capo della Squadra Mobile di Palermo, ndr) avessero diretto le indagini da una certa direzione''. "Certo La Barbera su di me non ha fatto un bel lavoro - ha continuato - Poi se era un altro che gli diceva di prendere questa strada io non lo so".
Successivamente è intervenuto il boss Salvino Madonia per fare delle dichiarazioni spontanee, nello specifico lamentando l'impossibilità di leggere le sentenze su supporto informatico per mancanza degli strumenti idonei. "Manca un lettore - ha detto - ma io devo essere messo in condizione di difendermi". Il presidente della corte Antonio Balsamo ha quindi richiesto una relazione al Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria) sulla vicenda e ha invitato l'istituto di pena in cui Madonia è detenuto affinchè gli metta a disposizione i mezzi per consultare i provvedimenti. Il processo è stato rinviato al 22 dicembre per l'interrogatorio degli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno.

Fonte ANSA

Borsellino quater; Aglieri, “dissi di non 'toccare' Scarantino”
di Aaron Pettinari - 15 dicembre 2014
“Quando Scarantino lasciò la località protetta e tornò a casa venimmo informati. Io dissi che nessuno doveva toccarlo perché era solo un povero diavolo che si era trovato in mezzo a una cosa più grossa di lui. Come si sia accusato di cose che non stavano né in cielo né in terra non lo so. I suoi familiari dissero che veniva sottoposto a pressioni fisiche e psichiche e chi c'è passato so a cosa mi riferisco”. Lo ha detto il boss Pietro Aglieri deponendo al processo Borsellino quater sulla strage di via D'Amelio. "Nonostante le pressioni lui resisteva - ha aggiunto - Pare che chi lo interrogava gli dicesse: 'mentre sei qua tua moglie ti tradisce'. Credo sia stato questo il motivo che gli fece cambiare atteggiamento. Infatti la prima cosa che chiese fu di vedere i figli''. "Scarantino raccontò ai familiari - ha spiegato - che più di una volta era stato chiamato in carcere da gente in borghese che voleva indurlo a collaborare". Il capomafia della Guadagna ha anche specificato che gli fu subito chiaro, dopo l'arresto di Scarantino, che le indagini "avevano preso una piega che faceva acqua da tutte le parti" e che l'allora capo della mobile di Palermo Arnaldo La Barbera "era in mala fede". Rispondendo alla domanda del pm Gozzo se avesse mai parlato con Riina che vi fosse qualcuno che costruiva prove contro di loro Aglieri ha specificato: “Attenzione, io voglio specificare che io non ho parlato ne con Riina ne con chicchessia. Io non posso parlare con qualcuno di questo perché altrimenti darei per scontato che lui sa qualcosa”.


Borsellino quater: Aglieri, “Non parlai di dissociazione ma di desistenza”
di Aaron Pettinari - 15 dicembre 2014
“Non ho mai pensato di dissociarmi o di collaborare con la giustizia. Ebbi un colloquio investigativo con l'allora procuratore nazionale Vigna. E gli dissi esplicitamente che non volevo né collaborare né dissociarmi. Allora lui mi chiese cosa si poteva fare per questa nostra terra e io risposi che non potevo prendere certe decisioni per gli altri e che casomai se c'era una possibilità era che ciascuno singolarmente dicesse 'desisto dal continuare ad andare contro lo Stato e a delinquere'". Rispondendo alle domande dei pm il boss Pietro Aglieri ha poi aggiunto: "Con Vigna non si intavolò una trattativa. Io gli dissi che forse, come prevedeva la legge sul terrorismo, si poteva parlare di desistenza. La desistenza doveva servire a desistere dall'associazione, anche perché siccome dopo il mio arresto ebbi un altro colloquio investigativo e mi dissero che nella zona di mia influenza le estorsioni erano aumentate, il mio principale interesse era quello di non associare il mio nome a queste nuove situazioni che contrastavano col mio modo di pensare. Chiunque avesse accettato la desistenza doveva anche cercare di fare opera di persuasione per evitare cose che andavano contro il popolo. Ripeto questo è un mio parere personale”. Durante la deposizione innanzi alla Corte d’assise di Caltanissetta il capomafia della Guadagna non ha usato quasi mai il termine di Cosa nostra ed hai pm ha aggiunto: “Mai chiesi che ci venisse tolto il 41 bis. Casomai parlai di applicazione dei benefici carcerari che valevano per i singoli detenuti". Se sulla Desistenza avesse già un’opinione agli inizi degli anni novanta il capomafia si è avvalso della facoltà di non rispondere.


Borsellino quater; Aglieri, “Giuffré sbaglia, nostro interesse sostenere l’alibi di Scarantino”
di Aaron Pettinari - 15 dicembre 2014
“C’è un collaboratore di giustizia che commette una grave contraddizione. Come coimputati il nostro interesse poteva essere fornire un alibi a Scarantino, non il contrario”. Il boss Pietro Aglieri non lo nomina inizialmente e rispondendo all’avvocato Sinatra dice di non conoscerlo ma secondo la sua versione dei fatti il collaboratore di giustizia Nino Giuffré avrebbe totalmente confuso alcuni fatti. L’ex braccio destro di Bernardo Provenzano, poi diventato collaboratore di giustizia, rivelò di aver avuto da Pietro Aglieri o dal suo vice Carlo Greco l’incarico nel ’93 di cancellare le tracce di una presenza di Scarantino all’hotel Lido Vetrana di Trabia (Palermo), la domenica della strage, dove l’operaio della Guadagna aveva detto di essersi intrattenuto con una donna. Il favore sarebbe stato chiesto a Giuffrè per far sparire un importante riscontro alle parole di Scarantino. Provenzano, dando a Giuffrè il via libera, così gli parlò del picciotto della Guadagna: "Questo cornuto, se non lo fermiamo in tempo, ci rovina tutti". Oggi in aula Aglieri è tornato sull’argomento: “Noi verificammo se vi fosse la presenza in quell’hotel, ma non risultò in alcun modo. Anche l’albergatore disse che non si ricordava. Nostro interesse poteva essere che risultasse presente perché in quella maniera sarebbe stato scagionato. Poi quando iniziò la collaborazione tutto questo interessamento decade non c’era motivo di interessamento”. Alla domanda su come il Greco possa essere venuto a conoscenza di certi elementi il boss della Guadagna si è avvalso della facoltà di non rispondere.


Borsellino quater; Aglieri, “Scarantino non aveva a che fare con il furto della 126, prove contro di noi costruire”
di Aaron Pettinari - 15 dicembre 2014
“Che lo Scarantino non fosse coinvolto nella situazione (nella strage, ndr) era assodato dall’inizio. L’unico dubbio era se potesse in qualche maniera aver rubato la macchina, quindi che fosse involontariamente coinvolto”. A parlare è il  boss Pietro Aglieri deponendo come testimone assistito, al processo Borsellino quater, in corso a Caltanissetta. Il capomafia della Guadagna sta rispondendo alle domande dei pm Nico Gozzo e Stefano Luciani. “Dopo le verifiche, da quello che ne so, al cento per cento lui mai si trovò coinvolto nel furto di qualsiasi auto - ha aggiunto - Noi eravamo tranquilli che su di noi non ci fosse alcun proseguimento giudiziario. Poi però vedendo la piega che prendevano le indagini dopo l’arresto di Scarantino era intuibile che qualcuno stesse costruendo, e lo ribadisco, delle prove contro di noi, e non soltanto mi interessai personalmente ma anche a Carlo Greco chiesi di verificare. Avevamo accertato da diverse fonti all’interno della borgata ma anche dal Profeta e dai familiari dello Scarantino l’esclusione dello stesso in questa situazione”.


Boss Aglieri: "non sono mai stato coinvolto nella strage"
di AMDuemila - 15 dicembre 2014
"Non sono mai stato coinvolto nella strage di via D'Amelio né direttamente, né indirettamente." Il boss di Cosa nostra Pino Aglieri, durante la deposizione al processo Borsellino quater, nega di essere stato coinvolto nell'uccisione di Borsellino e degli uomini della scorta.  "Quando arrestarono Scarantino - aggiunge - capii che qualcuno stava costruendo prove contro di me e i miei: per questo chiesi di accertare che Scarantino, che conoscevo in quanto viveva nella mia borgata, non era coinvolto nel furto della 126 (auto usata per la strage ndr)". Avendo accertato che Scarantino fosse escluso da questa faccenda, Aglieri era "tranquillo che non sarei stato tirato in mezzo all'inchiesta. Cosa che poi invece accadde".
Rispondendo poi alla domandase avesse mai parlato con Totò Riina delle accuse di coinvolgimento nell'eccidio rivolte a uomini del suo mandamento Aglieri ha dichiarato: "Certo non potevo andare da Riina a fare domande perché avrei dato per scontato che lui sapeva qualcosa. Ma a me di questa strage nessuno mi aveva parlato, quindi come avrei potuto dare per presupposto che lui aveva informazioni?".

Fonte ANSA


Borsellino quater; Aglieri, mai dato incarichi a Scarantino
di AMDuemila - 15 dicembre 2014
Caltanissetta. "Conosco Scarantino. Era della mia stessa borgata, quella della Guadagna. Lo incontravo quasi giornalmente. Eravamo vicini di casa. Posso ribadire quanto già detto in precedenza: Scarantino non poteva essere investito da me di alcun incarico per commettere azioni rilevanti. Escludo che io nella mia posizione abbia dato confidenza a gente simile". A parlare è il  boss Pietro Aglieri deponendo come testimone assistito, al processo Borsellino quater, in corso a Caltanissetta. Imputati per la strage di via D'Amelio i capimafia Vittorio Tutino e Salvo Madonia e per calunnia aggravata i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta.
Il boss Aglieri è la prima volta che depone in un processo e non essendo sentito come  imputato di procedimento connesso  può solo parzialmente avvalersi della facoltà di non rispondere. Il dibattimento, che nasce dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, sta facendo luce sul clamoroso depistaggio messo in essere da Scarantino e altri falsi collaboratori di giustizia costato l'ergastolo a 7 innocenti.

Fonte ANSA

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