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palermo-collaboratoreL'udienza è terminata. Il processo è stato rinviato al 30 gennaio
La Barbera al Processo Stato-Mafia: "Per Grasso era pronto l'esplosivo"
23 gennaio 2014 - Ore 12.32
Il collaboratore di giusitizia davanti alla Corte d'Assise di Palermo ha dichiarato che Cosa nostra era "ottimista sulla sentenza della Cassazione e le stragi iniziarono dopo le condanne al maxiprocesso".  Sull'omicidio di Salvo Lima: "Si doveva dare una lezione allo Stato"
Nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo si tiene la diciottesima udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia. Sul banco dei testimoni, davanti alla Corte d'Assise di Palermo, c'è il collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera che parla delle stragi decise da Cosa nostra. Il pentito rivela che per l'attuale presidente del Senato Pietro Grasso vent'anni fa la mafia decretò la condanna a morte con una bomba. Secondo La Barbera "C'era già l'esplosivo e il telecomando. Grasso doveva venire a Monreale, e lì doveva avvenire l'attentato. Facemmo un sopralluogo, ma poi non se ne fece più nulla, ma ci fu un problema tecnico. Rischiavamo che scoppiasse prima del passaggio e non se ne fece più nulla".

Le stragi dopo le condanne al maxiprocesso
La Barbera spiega che le stragi sono state decise dope le condanne del maxi processo: "In Cosa nostra c'era un certo ottimismo prima della sentenza della Cassazione. Quando però furono confermate le condanne del maxiprocesso, avallando il teorema Buscetta, fu decisa strategia di attacco allo Stato, con le stragi. Iniziammo con Falcone, che era sempre stato un nostro nemico dichiarato - riferisce La Barbera - e si proseguì con Borsellino".

La lista dei politici da colpire
La Barbera parla della lista di politici da colpire che, sempre nell'ottica del piano di guerra ordito da Totò Riina, la mafia aveva stilato. "L'obbiettivo era anche colpire la Democrazia Cristiana:  tra gli obiettivi c'erano Salvo Lima e i cugini Salvo". Nell'elenco delle persone da eliminare c'era anche l'ex ministro Calogero Mannino. La Barbera ricevette l'indicazione da Salvatore Biondino, uomo di fiducia di Riina. "Si parlò anche di colpire i figli di Andreotti - dice confermando quanto rivelato da altri pentiti - perché il padre non aveva fatto nulla per Cosa nostra, si era disinteressato del 41 bis, non l'aveva fatto togliere e non aveva fatto tornare tutto come prima".
"Prima di essere arrestato - aggiunge La Barbera - Brusca mandò il genero di Nino Salvo, Gaetano Sangiorgi, a Roma per capire se Claudio Martelli era un facile obiettivo. Sangiorgi studiò dove abitava e tornò dicendo che viveva sulla via Appia. Forse era stato scelto peché si era fatto tanto per procurargli i voti - spiega - e lui parlava male di Cosa nostra ed era stato uno dei protagonisti della legge sul 41 bis".

L'omicidio di Lima
La Barbera nella sua deposizione spiega anche il presunto motivo dell'omicidio del parlamentare Salvo Lima: "Si doveva dare una lezione allo Stato - dice -  tutti quelli che avevano fatto delle promesse e che poi non avevano mantenuto, si dovevano uccidere". La Barbera continua: "Nell'estate del '92 Cosa nostra decise che si dovevano fare dei danni perché non erano state mantenute le promesse fatte".

"Gli ordini arrivavano di Riina"
Alla domanda del pm Francesco Del Bene su quali fossero queste promesse, La Babera replica: "Quella che il maxiprocesso in Corte di Cassazione andasse bene. Si sperava in qualcosa di buono per Cosa nostra, come era successo nei tempi passati, ma questo non era successo e quindi si è deciso di commettere omicidi, come Salvo Lima e Ignazio Salvo, ma anche attentati. L'ordine veniva da Totò Riina, a noi lo riferiva Bagarella che faceva da ambasciatore".

rainews.it


Processo Trattativa, La Barbera su Lima ed Andreotti: "Tutti quelli che avevano promesso senza mantenere si dovevano uccidere"
di Statomafia.it - 23 gennaio 2014 - Ore 12.23
Del Bene: "Fra gli esponenti politici vi erano altri obiettivi, oltre Lima, di quella strategia?"
La Barbera: “Io mi recavo spesso da Salvatore Biondino, una sera mi diede un'ambasciata da comunicare a Bagarella, riguardo del vino che andava trasportato all'abitazione dell'onorevole Mannino.“
Del Bene: "A cosa alludeva questo vino?"
La Barbera: "...Ad attenzionarlo per fargli un attentato"

Pm Del Bene: "Lei ha compreso le ragioni dell’uccisione dell’onorevole Lima, dell’omicidio Salvo?"
La Barbera: "Si doveva dare una lezione allo Stato, tutti quelli che avevano promesso senza mantenere si dovevano uccidere. Si è deciso di fare questi omicidi, questi attentati, perché l’importante era andare contro lo stato e i politici attuali"

Del Bene: “Perché fu scelto Martelli come altro obiettivo da eliminare?“
La Barbera: “Era uno dei primi che aveva cominciato a parlare di cosa nostra. Si era fatto tanto per procurargli voti e questo invece continuava a parlare male di cosa nostra.“

Del Bene: “Perché furono indicati come obiettivi anche i figli di Andreotti?"
La Barbera: "Il padre era un difficile bersaglio, ma si poteva fare qualcosa ai figli per punire il padre. Andreotti non aveva fatto più niente per cosa nostra. Non c’era stato più interessamento per togliere il 41bis... Tutti se ne fregavano e quindi erano da ammazzare.“

Del Bene: "Tra obiettivi della strategia di ritorsione di cosa nostra c’erano anche degli agenti di polizia penitenziaria?"
La Barbera: "Ricordo che dopo il trasferimento di alcuni detenuti al carcere di Pianosa ci arrivarono delle lamentele dei parenti. Qualcuno aveva già individuato qualche guardia da ammazzare che lavorava in quel carcere. I detenuti ricevevano percosse e andavano presi provvedimenti."

Tratto da: facebook.com/statomafia


Mafia: pentito La Barbera, omicidio Lima? Non aveva mantenuto promesse
23 gennaio 2014 - Ore 11.53
Palermo. L'omicidio dell'eurodeputato Salvo Lima? "Si doveva dare una lezione allo Stato, tutti quelli che avevano fatto delle promesse e che poi non avevano mantenuto, si dovevano uccidere". Lo ha detto il pentito Gioacchino La Barbera, deponendo in videoconferenza al processo per la trattativa tra Stato e mafia, davanti alla Corte d'assise di Palermo. "Nell'estate del '92 Cosa nostra decise che si dovevano fare dei danni perche' non erano state mantenute le promesse fatte". E alla domanda del pm Francesco Del Bene su quali promesse faccia riferimento, La Barbera replica: "Promessa come quella che il maxiprocesso in Corte di Cassazione andasse bene. Si sperava in qualcosa di buono per Cosa nostra, come era successo nei tempi, passati ma questo non era successo e quindi si e' deciso per fare questi omicidi, come Salvo Lima e Ignazio Salvo ma anche attentati. L'ordine veniva da Toto' Riina, a noi lo riferiva Bagarella che faceva da ambasciatore".

Adnkronos



Nuova udienza giovedì 23 gennaio alle 9.30 del processo per la trattativa Stato-mafia, per la quale è previsto l'esame del collaboratore di giustizia Gioacchino La Barbera.
Nel processo, di competenza della Procura di Palermo, i pubblici ministeri dovranno accertare le responsabilità di chi è accusato di aver aperto un dialogo con Cosa nostra, al fine di far cessare la strategia stragista messa in atto nei primi anni ’90. Tra gli imputati, oltre a boss mafiosi (Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà) figurano anche collaboratori di giustizia (Giovanni Brusca), ex politici (Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri), ex ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno) e Massimo Ciancimino.
Del processo si occupano i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi.

E' possibile seguirlo in diretta/audio streaming qui!

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