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brusca giovanni (L'udienza è terminata. Riprenderà domani mattina, 12 dicembre, alle ore 9,30)

Mafia: Brusca, Riina contentissimo di papello, si sono fatti tutti sotto
11 dicembre 2013 - Ore 16.48
Milano. Totò Riina parlò a Giovanni Brusca del 'papello' "in una riunione in cui eravamo da soli" ed era "contentissimo e ottimista, convinto di aver ottenuto un risultato. Mi disse 'si sono fatti tutti sotto e io gli ho fatto un papello così'". E' quanto afferma Giovanni Brusca nella sua deposizione al processo per la trattativa Stato mafia, spiegando di aver inteso che gli interlocutori di Riina fossero "soggetti politici".

Adnkronos


Mafia: Brusca, parlai di Mangano e Dell'Utri dopo incontro con Rita Borsellino
11 dicembre 2013 - Ore 14.49
Milano. "Parlai di Mangano e Dell'Utri" dopo l'incontro con Rita Borsellino, "lo feci per poter contribuire alla sua sete di giustizia e per i familiari delle vittime". A spiegarlo, il pentito Giovanni Brusca nel corso della sua deposizione al processo per la trattativa Stato-mafia oggi a Milano. Ai magistrati che gli contestavano il perché non avesse parlato dell'ex senatore Marcello Dell'Utri (imputato al processo, ndr) all'inizio della sua deposizione, Brusca ha raccontato di non averlo fatto per essersi "irrigidito" dopo pressanti richieste su mandanti occulti delle stragi di cui "non sapevo nulla".
Il motivo per cui Brusca aveva contattato Vittorio Mangano, sostiene, era "per arrivare a Dell'Utri e ottenere benefici carcerari".

Adnkronos


Stato-mafia: Brusca, strage Capaci per impedire Andreotti a Colle
11 dicembre 2013 - Ore 14.45
Milano. Totò Riina decise di colpire prima l'eurodeputato adreottiano Salvo Lima e poi Giovanni Falcone con il fine di stroncare la corsa alla presidenza della Repubblica di Giulio Andreotti, definito "terminale" delle richieste di Cosa Nostra. Lo ha sostenuto il pentito Giovanni Brusca deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia nell'aula bunker di Milano. Il collaboratore di giustizia ha ribadito la sua versione sulla stagione di sangue delle stragi del '92, sostenendo che "Perchè Lima? -ha detto Brusca rispondendo ai Pm- perchè si vociferava che Andreotti aspirava a diventare presidente della Repubblica, e l'omicidio di Lima, vicino ai cugini Salvo, lo avrebbe messo in difficoltà. Si è trattato di una vendetta con effetto politico". Secondo Brusca, infatti, Riina era determinato a vendicarsi dopo che le richieste avanzate ai referenti di Cosa Nostra nella Dc non avevano sortito alcun risultato. "Nel '91 Riina nel corso di una riunione disse che dovevano morire tutti, che i politicanti lo stavano tradendo.
Fece i nomi di Falcone, che era un suo chiodo fisso fin dai tempi dell'omicidio Chinnici, e poi di Lima, di Mannino, di Purpura, di Martelli". In particolare, secondo Brusca, Riina imputava al fatto che Falcone fosse stato spostato a Roma dall'allora ministro della Giustizia Claudio Martelli con l'incarico di dirigere la sezione Affari Penali del ministero una serie di nuovi colpi a Cosa Nostra, e quindi il mancato rispetto di accordi preso precedentemente con la politica. "Si parlò anche -ha affermato Brusca- di 'rompere le corna' ad Andreotti, ma non nel senso di ucciderlo, quanto di ostacolare la sua corsa alla presidenza". Il pentito ha riferito che nei primi mesi del '92 si muoveva a Roma una squadra di Cosa Nostra incaricata di trovare il modo di uccidere Falcone: "Era un'idea di Provenzano - ha raccontato - ma Riina quasi lo trattò a pesci in faccia e disse che Falcone doveva morire in Sicilia. Allora mi diede l'incarico, era la seconda decade di marzo. Con la strage di Falcone abbiamo definitivamente messo fuori gioco Andreotti, con Lima era ancora in discussione, ma con la strage di Capaci l'effetto è stato definitivo", ha detto ancora il collaboratore di giustizia.

AGI


Mafia: Brusca, io per sbaglio in attentato Falcone
11 dicembre 2013 - Ore 14.33
Milano. "Io nell'attentato di Giovanni Falcone, nel suo piano esecutivo, ci sono entrato per sbaglio". E' quanto racconta il pentito Giovanni Brusca, a Milano, nel corso della sua deposizione al processo per la trattativa Stato Mafia ripercorrendo le tappe che hanno portato all'omicidio del magistrato siciliano e l'inizio della strategia stragista per eliminare i nemici di Cosa Nostra.

Adnkronos


Brusca racconta la sua mafia: "Riina disse: devono morire tutti"
Il feroce boss di Cosa nostra depone al processo sulla trattativa. E racconta la sua carriera criminale.

11 dicembre 2013 - Ore 13.30
Milano. "Da adolescente portavo i viveri al latitante Leoluca Bagarella, poi la mia partecipazione in Cosa nostra è stato sempre un crescendo. Sono stato affiliato formalmente nel '75 prima dell'omicidio del colonnello Russo al quale ho partecipato. La mia 'combinazione' ha seguito le regole tradizionali del rito dell'affiliazione: hanno bruciato la santina, Riina mi ha punto il dito. Lui era il mio padrino. Mi hanno insegnato che prima veniva Cosa nostra, poi il resto. Io questa regola l'ho seguita".

Comincia raccontando la sua carriera criminale Giovanni Brusca, il pentito che sta deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia in trasferta a Milano proprio per la testimonianza al dibattimento del collaboratore di giustizia. Brusca è teste, ma anche imputato nel procedimento in cui è accusato di minaccia a corpo politico dello Stato. Stessa imputazione per gli ex ufficiali del Ros Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, per i boss Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà e l'ex politico Marcello Dell'Utri. Risponde invece di falsa testimonianza l'ex ministro Dc Nicola Mancino, mentre Massimo Ciancimino è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il pentito sta parlando della gestione di Cosa nostra da parte di Riina e del ruolo del boss Bernardo Provenzano. "Perseguivano obiettivi comuni", ha detto riferendosi alla guerra di mafia e all'eliminazione dei nemici di Cosa nostra.

"Nel corso di una riunione, nel '91, Totò Riina disse che dovevano morire tutti, che si voleva vendicare, che i politicanti lo stavano tradendo. Fece i nomi di Falcone, che era un suo chiodo fisso, di Borsellino, di Lima, di Mannino, di Martelli, di Purpura. Disse 'gli dobbiamo rompere le corna'. Tutti ascoltavano in silenzio. Per amore o per timore". Lo ha raccontato il pentito Giovanni Brusca che sta deponendo, nell'aula bunker di Milano, al processo sulla trattativa Stato-mafia. Mentre Falcone e Borsellino andavano eliminati in quanto nemici dei clan, secondo Brusca i politici come l'eurodeputato Salvo Lima e l'ex ministro Calogero Mannino, dovevano pagare il non avere fatto gli interessi di Cosa nostra. "Mannino, ad esempio - ha detto - doveva morire perché non aveva aggiustato, tramite il notaio Ferraro, il processo per l'omicidio del capitano Basile. Riina mi diede l'ordine di ucciderlo e io chiesi tempo per studiarne le abitudini".

"Si parlò anche di Andreotti - ha spiegato - ma non nel senso di ammazzarlo, bensì di non farlo diventare presidente della Repubblica. Politicamente c'era tutta la volontà di metterlo in difficoltà". "Per l'eliminazione di Martelli, invece, che era concreta - ha proseguito - facemmo dei piani veri. Mandai degli uomini a studiarne le mosse". Brusca ha negato che si fosse mai parlato, invece, della volontà di ammazzare l'ex ministro Dc Vincenzo Scotti. "La priorità degli omicidi - ha spiegato - la decideva Riina. Ad esempio si cominciò con Lima perché si vociferava delle aspirazioni di Andreotti alla presidenza della Repubblica e noi sapevamo che con quel delitto avremmo condizionato quella vicenda. Per questo si decise di ammazzarlo allora: in realtà nella lista di Cosa nostra Falcone e Borsellino venivano prima".

(Fonte ANSA)

Tratto da:
livesicilia.it


Brusca, ho sempre seguito regole mafiose

''Da adolescente portavo viveri a latitante Bagarella''
11 dicembre 2013 - Ore 12.08
Milano. "Da adolescente portavo i viveri al latitante Leoluca Bagarella. Sono stato affiliato formalmente nel '75 prima dell'omicidio del colonnello Russo al quale ho partecipato. Mi hanno insegnato che prima veniva Cosa nostra, poi il resto. Io questa regola l'ho seguita". Comincia raccontando la sua carriera criminale Giovanni Brusca, il pentito che depone al processo sulla trattativa Stato-mafia in trasferta a Milano proprio per la testimonianza al dibattimento del collaboratore di giustizia.

ANSA



Si riapre l'11 dicembre a Milano il processo per la trattativa Stato-mafia. Nel processo, di competenza della Procura di Palermo, i pubblici ministeri dovranno accertare le responsabilità di chi è accusato di aver aperto un dialogo con Cosa nostra, al fine di far cessare la strategia stragista messa in atto nei primi anni ’90. Tra gli imputati, oltre a boss mafiosi (Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà) figurano anche collaboratori di giustizia (Giovanni Brusca), ex politici (Nicola Mancino, Marcello Dell’Utri), ex ufficiali del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno) e Massimo Ciancimino. Del processo si occupano i pm Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi.
Previsto l'esame del collaboratore di giustizia - nonchè imputato al processo - Giovanni Brusca, che si protrarrà anche nei giorni 12 e 13 dicembre. Giovanni Brusca, di San Giuseppe Jato, è stato il mandante dell'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo. Responsabile di oltre un centinaio di omicidi, fu mandante anche della strage di Capaci nonchè suo esecutore materiale: appostato nei pressi dell'autostrada azionò la bomba che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Sarà possibile seguirlo in diretta/audio streaming qui!


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