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francesco-padre È oggi necessario che la comunità conosca e faccia propri i timori per le sorti dell’inchiesta sul Francesco Padre. La verità, affiorata dopo la riapertura del caso, deve riemergere.
C'è bisogno di condividere con la città i passi fatti e quelli da farsi perché questa vicenda non sia nuovamente riconsegnata al dubbio.
Un pomeriggio per raccontare la lunga storia del Francesco Padre che coinvolge tutti. Per impedire l’archiviazione definitiva del caso.

La vicenda del Francesco Padre ha inizio nella notte del 4 novembre del 1994: il peschereccio della marina molfettese affondò a causa di un’esplosione. Dei 5 marinai solo il corpo di uno fu ripescato nei giorni seguenti. Gli altri non riemersero né furono più recuperati. I soccorsi, come anche le indagini, fin dal primo momento lasciarono dei buchi neri.
Di fatto l’inchiesta, condotta dalla Procura di Trani, fu chiusa la prima volta con una archiviazione. Una ipotesi avanzata ma non confermata dalle prove ritrovate era quella che il peschereccio trasportasse armi (erano gli anni del contrabbando delle armi dal Montenegro) e che l’esplosione fosse avvenuta a bordo, nel vano motore.
Una serie di reperti e riprese effettuate sul fondo del mare dove il Francesco Padre nei mesi successivi era ben visibile e recuperabile, mostravano segni inquietanti: fori, presumibilmente di proiettili, il vano motore con una scala che indicava chiaramente la traiettoria dell’esplosione: dall’esterno all’interno. L’archiviazione, fondata sul sospetto delle armi a bordo non confermato né smentito da prove, di fatto ha fatto cadere per anni la vicenda nell’oblio della comunità, impedito alle vedove di ricevere alcuna pensione o assicurazione, ai corpi di trovare sepoltura.
Nel 2009 le edizioni la meridiana pubblicano l’inchiesta del giornalista Gianni Lannes: “Nato: colpito e affondato. La tragedia insabbiata del Francesco Padre”. L’ipotesi del libro è che il peschereccio quella notte fosse casualmente finito in una zona in cui la NATO stava facendo esercitazioni militari non conosciute alla nostra marina militare. Casualmente mitragliato, sia stato poi fatto affondare per nascondere le prove. La tesi è documentata e provata da perizie e prove anche presentate durante le indagini della prima inchiesta archiviata. I fili messi insieme, riannodati anche negli scenari internazionali, gettano una nuova luce su quanto accadde quella notte e nei mesi successivi.
Il Francesco Padre è un’altra Ustica. L’obiettivo della pubblicazione era quello di riaccendere l’attenzione sulla vicenda sperando che si riaprisse il caso. Così è stato.
La procura di Trani ha non solo riaperto il caso ma ha lavorato di intesa con i familiari e le autorità perché si acquisissero nuove prove. Grazie a finanziamenti della Regione, del Comune di Molfetta, della Marina è stato possibile fare nuove ispezioni subacquee che, seppure non hanno permesso il recupero del relitto e dei corpi, hanno mostrato prove che rendono la tesi del libro provata.
Il Francesco Padre cioè fu colpito da armi da fuoco e fu poi fatto affondare. Le operazioni di salvataggio e recupero andarono a rilento non per imperizia.
Caduto anche il segreto di stato sulla vicenda, per decorsi termini di tempo, la Procura ha avviato una serie di rogatorie internazionali per acquisire documentazione relativa ai responsabili delle operazioni in corso quella notte, perché è indubbio che qualcuno decise quella notte come procedere.
Alle rogatorie internazionali sino ad ora non c’è stata risposta. In mancanza di risposte, c’è un tempo tecnico oltre il quale la Procura sarà costretta ad archiviare ancora una volta, e questa volta per sempre, il caso.

Per questo le edizioni la meridiana insieme al Comitato Francesco Padre: verità e giustizia hanno promosso per il 6 settembre una giornata di mobilitazione civica della città per far conoscere la verità rispetto alle indagini, per evitare il rischio di una archiviazione e richiedere che la diplomazia nazionale e internazionale si faccia carico di muovere le esitanze opportune e necessarie perché si arrivino a individuare i responsabili.
La giornata prevede diversi momenti con un coinvolgimento attivo dell’Amministrazione Comunale nella persona del Sindaco Paola Natalicchio, della Giunta e del Consiglio comunale, della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi nella persona del vescovo mons. Luigi Martella, dell’Associazione Armatori.

Una giornata aperta al contributo di tutti per dire e chiedere verità.

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