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Embraco di Torino, l’Azienda ha mandato a quel paese il Governo confermando i licenziamenti e il Ministro Calenda va su tutte le furie: per Giulietto Chiesa, giornalista in campo in queste elezioni con la Lista del Popolo per la Costituzione, raggiunto da Lo Speciale, il ministro “è caduto dal pero” e “ha scoperto l’acqua calda”. Calenda ha definito “irresponsabili i vertici di Embraco che hanno risposto picche alla richiesta del Governo di bloccare i 500 licenziamenti previsti. Non solo, l’esponente del Governo è arrivato a definirli “gentaglia”.

Leggi l’articolo de lo speciale che spiega la vicenda

Chiesa, Calenda è su tutte le furie per il comportamento dei vertici di Embraco. Li ha definiti “gentaglia”. Anche secondo lei il Ministro si è “svegliato” fuori tempo massimo?

“Direi che Calenda è caduto dal pero. E’ come se fino ad oggi fosse vissuto su un altro pianeta”.

Non è anche colpa dell’euro, delle politiche monetarie, del rigore imposto da Bruxelles per rispettare gli odiosi parametri economici, se il costo del lavoro è stato svenduto e oggi un’azienda può permettersi il lusso di mandare al diavolo un governo?
“Ma è ovvio. I governi italiani che si sono succeduti hanno ceduto alle logiche dei mercati finanziari ed internazionali che hanno posto i lavoratori italiani in competizione con quelli del resto del mondo lasciandoli senza alcuna tutela. La logica dei mercati è quella di abbassare il costo del lavoro e di precarizzarlo e in Italia abbiamo fatto di tutto per affermare questo folle principio ,fino a violare palesemente la Costituzione italiana. Questa infatti recita che compito dello Stato è creare lavoro e rimuovere le disuguaglianze sociali fra cittadini. Abbiamo invece avuto dei governi che in vent’anni non hanno fatto altro che stracciare la Costituzione per soddisfare le richieste dei mercati e trasformando l’Italia in una società per azioni. E’ evidente che in uno scenario del genere i lavoratori hanno perso le armi a propria difesa e oggi si ritrovano in balia di burocrati che accettano le regole del mercato invece che quelle della società civile”.

Tutta colpa del neoliberismo dunque?
“Il neoliberismo ci ha imposto le leggi del mercato come fossero leggi naturali. In realtà sono leggi imposte sulla base dei rapporti di forza politici. Se ci mettiamo nelle mani delle banche, ci troveremo costretti a sottostare ad una legge imposta dalle banche. Non esiste alcuna legge naturale in grado di stabilire che dobbiamo pagare un debito di 2300 miliardi di euro che non esiste. Le leggi del mercato hanno stabilito che siamo debitori e ci hanno anche detto che, sempre sulla base di ciò che hanno deciso loro, continueremo ad esserlo sempre di più. Queste leggi apparentemente hanno la forma della legalità, ma in realtà sono violazioni delle regole democratiche su cui ogni Stato dovrebbe fondarsi”.

Il fatto che i lavoratori il più delle volte non si fidano più dei sindacati rifiutando di affidargli carta bianca nelle vertenze, che sta a significare?
“I sindacati negli ultimi vent’anni hanno ridotto molto la loro storica funzione, rinunciando ai contratti nazionali e lasciando il lavoratore da solo in balia del proprio datore. Lo Stato solo apparentemente difende il principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Ma poi all’atto pratico, davvero possiamo pensare che il lavoratore di un’azienda è uguale ai componenti del consiglio di amministrazione? Non è vero, il lavoratore è solo, e anche i sindacati purtroppo hanno ceduto alle logiche del mercato annacquando spesso il loro ruolo”.

Calenda sembra anche aver scoperto che l’imprenditore è ormai diventato soltanto un cercatore di profitto. Ma anche questo non è un fallimento dello Stato? Non dovrebbe essere il Governo con la forza delle leggi a far sì che il datore del lavoro non insegua soltanto la logica del profitto?
“Dobbiamo distinguere fra piccoli e medi imprenditori e multinazionali. Il piccolo e medio imprenditore ha bisogno dell’accesso al credito per lavorare e le leggi europee sono tali che la distribuzione del denaro creato dalla Banca centrale europea va alle banche e non agli imprenditori che chiedono prestiti. Se comprare e vendere il debito diventa più redditizio che investire sulla produzione dei beni materiali, è ovvio che le banche non avranno alcun interesse a sostenere il piccolo e medio imprenditore che gli renderebbe una resa inferiore rispetto a quella speculativa. L’economia così è totalmente paralizzata: da un lato abbiamo la piccola e media impresa bloccata, dall’altro le multinazionali che non pagano le tasse in nessun paese facendo diminuire le entrare dello Stato e aumentare la mancanza di liquidità. Quando ci dicono che dobbiamo restituire 60 miliardi l’anno per ripagare il debito, significa che lo Stato ha abdicato alla sua funzione di tutela del cittadino”.

E’ la prova quindi che l’economia detiene ormai il primato sulla politica?
“Più che di primato dell’economia parlerei di primato della finanza, visto che è la finanza a governare e ad imporre le sue politiche agli stati. Siamo finiti in un sistema oligarchico molto ristretto che ha trasformato l’Italia in una colonia sia dal punto di vista militare che da quello economico”.

Tratto da: lospecialegiornale.it

Foto © Ansa

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