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g7 REUTERS jonathan ernstdi Giulietto Chiesa
La presidenza italiana di turno del G-7 di Taormina ha scelto un tema insolitamente sincero: “Costruire le fondamenta di una nuova fiducia”.

Infatti la fiducia reciproca  c'è sempre meno, anzi non c'è. Le fondamenta esistenti, quelle che hanno retto fino a ieri, erano appoggiate  sull'idea che il XXI secolo sarà americano. I più lungimiranti dei leader europei credo comincino a capire che il XXI secolo non sarà il secolo americano. L'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti ha improvvisamente posto all'ordine del giorno un interrogativo aggiuntivo: vogliono gli Stati Uniti essere al comando di una coalizione almeno formalmente di "uguali"? Oppure lo slogan di tutti i tempi, quello dell'America insostituibile, quello dell'America uber alles, sarà sostituito da un'"America  first", che si sente ormai così forte da poter fare a meno di tutti gli altri?

Un'America decisa a andare avanti da sola, senza neanche guardare indietro alla fila sgranata dei partners che, faticosamente cercheranno di restarle agganciati?  Le battute preparatorie che Trump ha "twittato" verso gli alleati, attraverso le tappe di Riyadh, Tel Aviv, Roma, Vaticano, Bruxelles e di nuovo Roma, sono state volte a rassicurarli: non vi abbandonerò al vostro destino. Anzi, inaspettatamente il discusso capo dell'Impero ha chiesto (e ottenuto immediatamente dagli alleati, quasi con un sospiro di sollievo collettivo) di coinvolgere la Nato, tutta la Nato, nel groviglio medio-orientale.

Sappiamo che gli alleati erano già inclusi, e fino al collo: i servizi segreti inglesi, francesi, tedeschi, olandesi, turchi, hanno preso parte e continuano a farlo, alla guerra di Siria contro il suo governo legittimo e il suo presidente. Adesso anche L'Italia, e tutti gli altri, saranno chiamati a combattere teoricamente, il "terrorismo islamico". E la baraonda si farà ancora più complicata e ingestibile. Tanto più che con Assad c'è Putin. Ma il significato politico dell'offerta di Washington è stato colto con piacere dagli europei, come un segno, appunto, di "fiducia".

Il problema è che non è chiaro cosa significhi, per Donald Trump, "combattere il terrorismo". Dai colloqui con i sauditi e con Israele, è parso di capire che il "capo" è stato convinto a continuare sulla linea di Barack Obama.  Anzi, con un rincaro della dose per il futuro: l'attacco contro l'Iran — che ha fatto andare in sollucchero il sovrano Saudita e il premier Netanyhau — indicato come il protettore del terrorismo. Insomma: come Obama, peggio di Obama.

E qui, non basterà neanche tutta la buona e supplice volontà dei vassalli per comprendere dove stanno per essere trascinati. Verso una guerra con l'Iran? Non basta quella che c'è? E potrà la discussione sul "Gender" essere condotta in modo soddisfacente per gli europei, con un presidente che sembra essere più che disinteressato, scettico, verso una tale questione?

E che ne sarà delle posizioni sullo stato dell'economia mondiale, o dei mutamenti climatici, quando il G-7 è ormai ridotto ad essere esclusivamente l'Occidente e un Occidente che conta sempre meno? Papa Francesco non sarà a Taormina, ma non sorrideva affatto — lui che è sempre sorridente — durante l'incontro con Trump in Vaticano

L'offensiva "globalizzatrice" di Xi Jinping, con la fascinosa "Una cintura, una strada" sarà a Taormina il convitato di pietra. Vassalli sì, ma l'entusiasmo è ridotto. E la "fiducia" manca. Molti dei capi di Stato e di Governo che si riuniscono a Taormina si troveranno vicino alla fermata occidentale della "Via della Seta". Sarà difficile dissuaderli dall'entrare  nel negozio.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © REUTERS/ Jonathan Ernst

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