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not-televiseddi Paolo Bartolini e Giulietto Chiesa - 7 marzo 2013
Il risultato straordinario del Movimento 5 Stelle non può essere ricondotto esclusivamente al diffuso spirito anti-casta che serpeggia trasversalmente tra gli italiani da alcuni anni. La capacità di attrarre voti e di incanalare l’insoddisfazione popolare, al di là dell’ottimo marketing messo in opera dal duo Grillo/Casaleggio, è dovuta piuttosto ad un aspetto qualificante del MoVimento, ovvero il fatto di essere compiutamente al di là della dicotomia destra-sinistra. Questo non vuol dire affatto, come vorrebbero alcuni neofascisti, che il Movimento 5 Stelle possa diventare il luogo di riciclo dell’estrema destra e delle sue parole d’ordine. Difatti l’orizzonte culturale del MoVimento, piaccia o meno, rappresenta un’evoluzione post-ideologica di molti valori della sinistra, finalmente adattati al presente e scollegati dal dogma che associa automaticamente il progresso umano alla crescita economica.

La critica dello sviluppo economico fine a se stesso, l’attenzione per la decrescita, l’interesse per una graduale riterritorializzazione dell’economia, la difesa dell’ambiente, la lotta contro le grandi opere, questi e molti altri temi denotano la capacità del Movimento 5 Stelle di intercettare lo scontento per le vecchie soluzioni di sinistra e di proporre una via d’uscita dal pantano nel quale si rivoltano, irrimediabilmente, la lotta anticapitalista e le pretese riformistiche di stampo socialdemocratico.

Il superamento delle opposizioni novecentesche (destra/sinistra, rivoluzionarismo/riformismo) non può però tradursi – e questo è un rischio a cui il MoVimento si espone – in una specie di qualunquismo ipermoderno, miope rispetto alla storia e ai concreti rapporti di forza planetari.

Quali sono le posizioni del M5S sulle questioni della politica internazionale, della guerra, del passaggio di fase che le società umane stanno affrontando nel pieno della crisi del capitalismo globale? Ci sarà tempo per valutare con adeguato senso critico le intenzioni di Grillo e soci rispetto a questi problemi enormi, dai quali però dipende fortemente la politica nazionale e locale. La fine ormai sicura, per i nostri tempi, di una possibile egemonia di “sinistra” può essere salutata con favore solo se ad essa seguirà una nuova egemonia che sappia rilanciare una cultura del limite e della solidarietà, consapevole dei suoi compiti e della effettiva composizione delle classi sociali alla soglia del terzo millennio.

Può a questa egemonia nascente mancare un’adeguata politica della comunicazione-informazione? Il mito della Rete, a cui certo il M5S deve larga parte del suo successo, non può e non deve oscurare la centralità di una lotta per un nuovo sistema radio-televisivo realmente democratico.

Solo mediante un controllo popolare che si eserciti anche e soprattutto sulla televisione, sarà possibile promuovere un’ampia educazione di massa che prepari milioni di individui a liberarsi dal modello consumistico e dal feticismo della merce/denaro per costruire nuove forme di convivenza sostenibili. Un fulgido esempio di riforma radicale dei media è quello dell’Argentina (leggi QUI e anche QUI).

Ecco da dove dovrebbe partire la lotta 2.0 del Movimento 5 Stelle. Sarebbe l’inizio di una rivoluzione culturale senza la quale non si darà nessuna politica di giustizia sociale e ambientale nei prossimi anni.

Tratto da: megachip.info
  

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