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di Giulietto Chiesa
Davvero curiose molte reazioni alla visita in Italia di Xi Jinping. A parte la villania di Salvini che non va alla cena di benvenuto di un ospite sicuramente importante

È arrivato in Italia per farci delle proposte. Non si vede cosa ci sia di male. È arrivato per fare gli interessi del suo paese. Ma chi si aspettava che venisse per fare i nostri interessi? A quanto pare molti commentatori hanno idee ben strane delle relazioni internazionali. Mi sono sorbito una trentina di talk-show, ma davvero pochi, pochissimi, hanno mostrato un realismo elementare.
Ma, dicono in molti, la Cina è “troppo grande per noi”. Oppure è “troppo potente”. Come faremo a resistere alle sue lusinghe? La risposta a questo lancinante interrogativo non spetta a Xi Jinping. Spetta a noi. Possiamo sempre rispondere che la Cina non ci interessa. Nessuno ci obbliga. Ma, verrebbe da chiedere, quali vantaggi ne ricaveremmo? A me pare nessuno. Xi Jinping non è venuto a visitarci a bordo di una portaerei carica di bombardieri. Questo mi pare il punto cruciale. Ma, dicono quelli a libro paga di Washington, “e domani?”.
Preoccupazione legittima, ma le minacce non si vedono, almeno per ora. Forse, chissà, tra qualche tempo emergeranno. E allora vedremo il da farsi per fronteggiarle. Certo non da soli, perché non saremo comunque in grado di farlo. Ma non è questo l’ordine del giorno che abbiamo di fronte a noi.
Dunque guardiamo le cose per come stanno. Xi Jinping arriva con un ricco portafogli di potenziali investimenti. L’essenziale è usare ciò che serve a noi. Quegli investimenti sono lavoro per i nostri giovani, e noi ne abbiamo un grande bisogno. Non vogliamo essere comprati? Molto giusto, dobbiamo evitare questa eventualità. Ma uno si può comprare solo se si mette in vendita. Non siamo obbligati a niente. Se saremo capaci di difendere la nostra sovranità nazionale non ci sarà modo di togliercela. Anche questo problema non è dei cinesi, ma nostro. L’Italia è già stata largamente privatizzata; le proprietà dello Stato, cioè dei cittadini, sono state, e continuano ad esserlo, svendute a privati stranieri. Non erano cinesi: erano e sono europei, francesi, tedeschi, inglesi, americani. E quando erano italiani, i proventi delle privatizzazioni andavano comunque all’estero. L’esempio dei Benetton, al netto del Ponte Morandi, dice che la difesa dell’interesse nazionale non è stato il nostro forte, fino a ieri.

A partire dall’approdo del Britannia nel porto di Civitavecchia. Allora teniamo a mente il problema e cambiamo registro, proprio a partire dai nostri rapporti futuri con la Cina.

Ai sepolcri imbiancati (molti dei quali, lo ripeto, sono troppo sfacciati per non essere a libro paga) che diventano improvvisamente strenui combattenti per la sovranità nazionale, bisogna ricordare che noi siamo da settant’anni una colonia degli Stati Uniti. Con il loro plauso ed entusiasmo (dei sepolcri imbiancati). Non facciamo le verginelle. È arrivato l’ordine di Washington e loro scattano sull’attenti. Anche Salvini è scattato sull’attenti. Come mai? Non perché Xi Jinping ci vuole sottomettere. La ragione vera è che Xi Jinping non si sottomette agli Stati Uniti, i quali non vogliono prendere atto che il mondo è cambiato. Per questo si preparano a impartire alla Cina lezioni che la Cina non è disposta ad accettare. Il che significa che si preparano a colpirla con tutti i mezzi a loro disposizione, come stanno facendo con la Russia e con l’Iran.
Da noi gli USA vogliono sudditanza e, com’è sempre avvenuto, trovano legioni di servi pronti a concederla, anche contro l’interesse nazionale (che poi vuole dire contro l’interesse della gente, cioè contro l’interesse del popolo). Allora, per coprire le loro respondabilità passate e per assicurarsi la benevolenza del padrone, i servi nostrani invocano la necessità di agire di conserva con l’Europa. Il che sarebbe, in astratto, molto giusto, perché ci darebbe più forza contrattuale nel negoziato con Pechino. Se non fosse che i due partners europei più importanti, Germania e Francia, hanno già impostato i loro affari con la Cina, assicurandosi una bilancia commerciale in ottimo stato. Comunque molto migliore della nostra, che è in rosso nei confronti dei cinesi. E non vogliono concorrenti, in base al ben noto criterio di competizione europea che abbiamo visto in funzione in questi anni (si veda l’esempio greco).

Ma Xi Jinping non è venuto in Italia solo per venderci la sua produzione: è venuto anche per comprare. Per esempio la nostra produzione agro-alimentare. Sarebbe un grande respiro per il futuro del sud, in primo luogo. E non solo non metterebbe a repentaglio la nostra sovranità, ma ci darebbe introiti di cui l’Italia ha bisogno per rilanciare la nostra economia in generale.

In poche parole: chi vuole tenere lontana la Cina vuole soltanto mantenere l’Italia in posizione subalterna, sia rispetto agli Stati Uniti che rispetto all’Europa.

Tratto da: it.sputniknews.com

Foto © Imagoeconomica