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grimaldi-fulvioL'INTERVISTA
di Aaron Pettinari

Intervista al documentarista Fulvio Grimaldi, che presenta il suo ultimo lavoro: “L'Italia al tempo della peste”
Da Lampedusa, all'Ilva, passando per l'Expo, il Mose o le basi militari in Sardegna ed in Friuli. Sono questi gli argomenti su cui si concentra Fulvio Grimaldi (in foto), giornalista e documentarista, già inviato BBC e Rai, nel suo ultimo documentario “L'Italia al tempo della peste - Grandi Opere, Grandi basi, Grandi crimini”, in uscita a partire dal prossimo primo maggio. Un viaggio lungo l'intera penisola per denunciare alcune delle più significative aggressioni, "civili" e militari al territorio Nazionale figlie di un “disegno” più grande che vede l'Italia, come altri Paesi, assoggettata a logiche di potere Internazionali. Un lavoro che dà seguito al docufilm “Fronte Italia-Partigiani del 2000” dove già si raccontavano certe storie ed in particolare la resistenza dei No Tav e dei No Muos di fronte a certi scempi.

Dottor Grimaldi, senza anticipare troppo i contenuti del documentario qual’è il quadro che ne esce?
Da Lampedusa al Friuli abbiamo percorso l'Italia intera per far luce su storie reali che vengono totalmente ignorate dal grande pubblico. Il quadro che ne esce è quello di un Paese sottoposto ad una violenza aggressiva in vari termini e vari piani. Siamo partiti da Lampedusa perché si tratta del centro di accoglienza massimo del flusso migratorio e, andando sul posto, osservando tutta quella gente che va lì, che mette a rischio la propria vita in questi viaggi, ci si accorge di una verità che va oltre alla sorte di questi disperati. Parlo della fortissima militarizzazione dell'Isola, di cui nessuno parla, che coinvolge le nostre forze armate ma anche la Nato. Una militarizzazione che si allarga su tutto il territorio Nazionale con la costruzione di basi militari, porti, aeroporti, radar e quant'altro. E' così che siamo poi passati a raccontare la condizione che vive il popolo sardo in una Regione, la Sardegna, che è stata totalmente devastata in termini che non possiamo neanche immaginare. Il 60% del demanio militare italiano è concentrato in Sardegna ed il carico di inquinamento è oramai insopportabile. Lì hanno realizzato poligoni, campi di prova di addestramento e di ricerca delle forze Nato. In quelle terre hanno condotto esperimenti ed esercitazioni che hanno avvelenato il territorio con l'esplosione di missili, con l'utilizzo di uranio, napalm e dei defoglianti, fra cui l'agent orange (agente arancione). E in tutto quel territorio vi sono impennate impressionanti di malattie tumorali, sarcomi, linfomi e così via. Una vera ecatombe che ha portato anche alla sottrazione del benessere biologico e del territorio alla popolazione. Lo stesso che si verifica anche in Friuli, dove siamo stati ad Aviano, a La Spezia e al Camp Darby di Pisa. Quest'ultima base americana, dove è presente il più grande arsenale detenuto all'estero dagli Usa, era una delle principali basi strategiche di Gladio/Stay Behind ed è stata anche utilizzata per l'addestramento di gruppi neofascisti preparandoli ad attentati e a un eventuale colpo di Stato.

In parallelo nel suo documentario parlate anche dei disastri ambientali e delle grandi opere.
Tra questa militarizzazione del territorio e certi interventi c'è sicuramente convergenza e nasce dallo stesso principio e dalla stessa visione del mondo, quello dei rapporti tra i vertici e la popolazione, che porta all'aggressione dell'ambiente, della comunità e della salute. L'Ilva di Taranto, in tal senso, è un enorme bubbone. Il Governo italiano ha deciso, di fatto, di non risolvere nulla e così si continuano a perpetrare delitti contro la popolazione di Taranto. Scandali ambientali che proseguono da nord a sud mascherandoli sotto il nome di Grandi opere che poi portano con sé enormi scandali e ruberie. Penso ad esempio all'Expo che ci sta rendendo e ci renderà ridicoli di fronte all'intera Comunità internazionale. Ma poi si può andare avanti con la realizzazione a tutti i costi del gasdotto TAP (Trans-Adriatic Pipeline). Si tratta di un progetto volto alla costruzione di un nuovo gasdotto che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia, nella provincia di Lecce permettendo l'afflusso di gas naturale proveniente dall’area del Mar Caspio (Azerbaigian) in Italia e in Europa. Ciò comporterà alla realizzazione di uno squarcio che parte dalle belle coste del sud italiane, devastandole, per poi arrivare fino al nord Italia. Un accordo assurdo, in quanto noi di gas ne riceviamo già a sufficienza, con conseguenze ambientali di altissimo rischio oltre che di devastazione. E' noto che il nostro è un territorio sismicamente incerto e traballante e con tutta quella pressione a cui saranno sottoposti gli impianti i rischi saranno maggiori. Che ne dicano ciò comporterà anche conseguenze sul piano turistico (difficile immaginare a bagnanti che vorranno frequentare una spiaggia che può essere soggetta ad esplosioni improvvise) oltre che all'ambiente con l'abbattimento di 1900 ulivi millenari. Senza considerare che per la realizzazione di questo Ecomostro la gestione sarà italiana negli ultimi mille chilometri su quattromila il che darà vita alla solita corsa per accaparrarsi appalti e contrappalti in vista di profitti miliardari con grandi interessi per i soliti noti (mafie in testa, ndr). A chi dobbiamo dire grazie per questo progetto? Sempre agli Stati Uniti dobbiamo guardare. Tutto ciò per sostituire quei rifornimenti che provenivano dalla Russia e che, tra l'altro, sarebbero anche a minor costo.

Un altro capitolo è dedicato alla realizzazione del Mose a Venezia.
La laguna veneziana, uno dei più fragili e suggestivi ecosistemi del Mondo, è enormemente minacciato non solo dai danni fatti dal complesso petrolifero e petrolchimico. Ora vogliono attivare il Mose, un'opera su cui si è aperta un'inchiesta che ha portato all'arresto di diversi notabili, e resta apertissimo il problema delle Grandi navi. Il premier Renzi, alla faccia delle mobilitazioni popolari che si sono tenute, ha nuovamente autorizzato il passaggio di quest'ultime senza tener conto della minaccia che questo comporta alle fondamenta di Venezia con lo spostamento di milioni di tonnellate d'acqua. Azioni irrazionali così come irrazionale appare la soluzione, per placare la rivolta dei veneziani, di una nuova grande opera: la realizzazione di un nuovo canale alternativo per permettere a queste enormi imbarcazioni di entrare a Venezia. Un'opera che porterà nuovo inquinamento sulla Laguna e le sue coste.

Tornando al tema dell'immigrazione, particolarmente attuale viste le recentissime “stragi” nel Mediterraneo, lei ha recentemente parlato di grande ipocrisia.
Ascoltando il tam tam mediatico che si è generato nel merito io credo che siamo di fronte ad un uragano di ipocrisia e ad un fiume di lacrime false. Nessuno sta parlando della base del problema dell'immigrazione. Astrattamente ci si indigna per le persecuzioni, sulle dittature da cui fuggirebbero e si ragiona su eventuali interventi da eseguire senza andare guardare alle radici. Ciò equivale a buttare piccoli secchi d'acqua in una casa che va a fuoco e non intervenire contro chi invece butta la benzina sulla porta. E questi non è altro che la Nato. Quella gente scappa dalle bombe che sono partite da Sigonella. L'immigrazione è un effetto strettamente legato a quelle guerre portate in Iraq, in Siria, in Libia, in Afghanistan. Il nostro intervento in tutti questi paesi ha provocato quello che si voleva provocare: far muovere, migrare esseri umani in eccesso non interessanti per il sistema capitalistico perché non dediti al consumismo. grimaldi-doc-litaliaaltempodellapesteEd è così che si tolgono di mezzo milioni di persone con un duplice obiettivo e questo l'ho sottolineato anche al recente convegno al Senato. La Nato attraverso le sue guerre, determinate dalla volontà di una Cupola che ha a capo gli Stati Uniti d'America ed il mondo anglosassone, porta avanti la finalità di togliere di mezzo gli stati sovrani per condurre questa globalizzazione militare e rapinare le risorse. Dietro a questo scopo primario si verifica poi il fenomeno dell'immigrazione, che diviene poi tragedia infinita. Chi fugge dalla Libia dalla Siria, dalla Somalia, dall'Afghanistan fugge perché vede le proprie case colpite dai nostri bombardamenti, fuggono perché sono devastati e distrutti dalla miseria prodotta dai modelli economici e sociali occidentali, fuggono a causa del cambio climatico e della desertificazione prodotta dai nostri interventi. Loro sono nostre vittime e per questo parlo di grande ipocrisia. Pertanto credo che ci sia una precisa strategia occidentale-americana.

In che cosa consiste questa strategia?
Credo che sia una strategia per indebolire l'Europa. Si può avere e si deve avere tutta la cura umanitaria, ma non si deve dimenticare chi l'ha provocata, e a provocarla sono stati gli USA, è stato la Nato siamo stati noi con Sigonella. Arrivano da noi e non possono non creare lacerazioni sociali, oneri finanziari in un paese indebolito, ma tutto questo serve a mantenere l'Europa in una situazione di subalternità, per condizionarla alle serie di imprese che gli Usa ha intenzione di condurre verso la Russia, ma anche la condizione per continuare al modello neo-liberista che il nostro premier Matteo Renzi segue bene. E il nostro Paese è assoggettato a questo schema da tanto tempo addietro. Mi riferisco, ad esempio, allo sbarco degli americani in Sicilia, durante la seconda guerra mondiale, che ha portato la mafia a sedere al tavolo dei potenti. Da allora l'Italia, il nostro assetto economico, sociale e culturale è stato integralmente fagocitato dagli Usa.

Lo scorso 21 aprile, al Senato della Repubblica, si è tenuta la conferenza stampa per la presentazione del disegno di legge costituzionale n. 1774, promosso dalla senatrice Paola De Pin. Secondo lei quante sono le speranze che il Parlamento recepisca questa proposta?
Questo non possiamo dirlo, anche perché la sfida è su più livelli. E’ per questo che è stata aperta la campagna #NoGuerra #NoNato, con cui si stanno raccogliendo le firme per l'uscita dal Patto Atlantico per un paese neutrale. Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali. L’appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.
Se uscissimo dalla Nato non avrebbero più quegli strumenti per le guerre infinite che fin qui hanno condotto e che non servono, appunto, i nostri interessi, distruggendo popoli, ecosistemi, ambienti.

Quale potrebbe essere la conseguenza di un'eventuale fuoriuscita dalla Nato?
Certo, qualunque Stato che si 'chiami fuori' è ovvio che andrà incontro a rappresaglie ma questo non vuol dire che sia meglio restare all'interno della Nato e farsi coinvolgere nelle avventure criminali e psicopatiche di questi signori della guerra. Ultimamente Obama ha deciso di investire un trilione di dollari nell'ammodernamento delle armi nucleari. A cosa servirebbe questo ammodernamento se poi le stesse non vengono usate? Ciò significa che nelle intenzioni c'è anche il pensiero di poter arrivare ad usare queste armi dando vita a quella terza guerra mondiale che, come illustra bene Giulietto Chiesa, sarebbe la fine di tutte le guerre. Tutto questo dovrebbe alimentare le coscienze per uscire dalla Nato. Uscendo da quest'organo si costruirebbe un fronte più vasto della Nato stessa considerato che chi ha aderito a questo patto rappresenta solo il 17% dell'umanità”.

Un'ultima domanda sul caso del giorno, la morte dei due cooperanti, l'americano Warren Weinstein, 73 anni, e l'italiano Giovanni Lo Porto. L'aver saputo del loro decesso solo mesi dopo l'operazione d'intelligence è l'ennesima dimostrazione di quanto il nostro Stato sia soggetto all'ingerenza americana?
Gli Stati Uniti d'America sapevano da tre mesi della morte di entrambi ed ora i fatti ci vengono raccontati in diretta televisiva dal Presidente degli Stati Uniti, Obama. Quel suo dispiacersi arriva come uno 'schiaffo in faccia' e personalmente mi chiedo se veramente si sia trattato di un errore o se non dovevano essere messi a tacere per qualcosa che avevano visto e capito. Che abbiano visto qualcosa che non dovevano vedere su come la Cia e gli Stati Uniti alimentano il terrorismo Taliban di Al Quaeda? Domande che mi sorgono spontanee e che forse non avranno risposta. Detto questo aggiungo anche che, in merito alle Ong, generalmente nutro tutte le diffidenze possibili ed inimmaginabili. Diverse, di queste Ong, sono affiliate e legate a quegli interessi strategici ed economici di coloro che conducono le guerre e presto attenzione al fatto che Weinstein lavorava con una società collegata a Usaid, un'agenzia Usa per lo sviluppo internazionale che è una delle peggiori e più criminogene che abbiano mai operato per destabilizzare i governi nei Paesi Latino Americani. Il povero Lo Porto lavorava per una Ong privata tedesca, la Welt Hunger Hilfe, sicuramente più trasparente e che operava anche in zone dove altre Ong generalmente si rifiutavano di andare. Ciò che dà più fastidio però è che finora, né Obama, né Renzi o altri Capi di Stato, abbiano mai detto una parola di rammarico sulle decine di migliaia di vittime civili uccisi dagli stessi droni utilizzati per certe operazioni. Di questi è meglio non parlare no?

(25 aprile 2015)

VIDEO IL TRAILER DEL DOCUMENTARIO
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