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maduro nicolas bandieradi Giulietto Chiesa
A prima vista il destino del governo giallo-verde sembrerebbe legato a quello di Maduro. Il Movimento 5 Stelle ha affidato al sottosegretario Manlio di Stefano il compito di “fermare” l’Europa, la quale ha benedetto l’autoproclamato Guaidò come futuro Presidente del Venezuela, eletto da nessuno. Difficile scommettere sull'"eroico" tentativo di Di Stefano. Specie dopo che niente meno che il Presidente Mattarella si è pronunciato, con una dichiarazione inequivocabile: L'Italia deve accodarsi all'Europa ("linea condivisa con i nostri partner") nella condanna "della violenza e della forza" (leggi Maduro). Bisogna scegliere "la volontà popolare" (leggi Guaidò) e "non ci può essere incertezza né esitazione". Di fatto una altissima funzione di supplenza per riempire con un tuono un silenzio fragoroso. Infatti sarebbe toccato parlare al ministro degli esteri. Ma Moavero Milanesi non ha aperto bocca. Come se non ci fosse. Nemmeno il premier Conte ha aperto bocca. Dunque che ne sarebbe stato dell'Europa?

In realtà due bocche si sono aperte. Matteo Salvini, vice-premier, ha esclamato sconfortato: "Stiamo facendo una brutta figura". Due giorni prima aveva apostrofato Maduro, definendolo "dittatore" (ma dimenticando la parola "sanguinario") e augurandosi una cosa molto precisa: "prima se ne va, meglio è". L'altra bocca che si è aperta è stata quella di Di Battista, che ufficialmente non è nessuno, salvo Di Battista, ma che, quando parla, sembra essere un ministro del governo giallo-verde. Anche lui autonominatosi come Guaidò.

Di Battista ha detto che "bisogna avere il coraggio di dirsi neutrali". Cioè non dalla parte di Maduro (che rappresenta, fino a prova contraria, la legalità), ma neanche dalla parte di nessuno (leggi Guaidò). Non è granché, ma esprime un desiderio genuino di evitare spargimento di sangue, sebbene sia molto probabile - se le cose continuano così - che potrebbe proprio esserci uno spargimento di sangue. Poi, sempre Di Battista, per conto di Di Battista, ha aggiunto che "l'Europa dovrebbe smettere una volta per tutte di seguire sempre gli ordini americani". In tal modo non solo precludendosi ogni possibilità futura di carriera in Italia, ma anche criticando indirettamente il leader del Movimento 5 Stelle, e vice premier Luigi Di Maio. Insomma un bel guaio.

Quindi, sebbene alcune agenzie internazionali abbiano parlato di un "veto italiano" alla decisione europea di seppellire Maduro, - con una delle più inequivocabili ingerenze negli affari interni di un paese straniero dell'intera storia moderna della cosiddetta "comunità internazionale" - non risulta alcun veto ufficiale del governo italiano. C'é stato in realtà un veto del Presidente della Repubblica al governo italiano in carica, che sarà molto difficile aggirare.

Un veto che, nello stesso tempo, ha dato ragione a Matteo Salvini, e torto alle due voci finora "quasi" espressione del Movimento Cinque Stelle. Quindi rendendo chiara la frattura all'interno del governo. Nel frattempo i "nostri partner" - Francia, Germania, Svezia, Spagna, Austria, cui si è aggiunta la Gran Bretagna che è nostro partner ormai solo nella Nato - hanno immediatamente precisato la loro decisione di riconoscere Guaidò come presidente ad interim. In tal modo annullando ogni possibilità di influenza negoziale al "gruppo di contatto" della signora Mogherini, che parrebbe voler convincere Maduro a indire nuove elezioni presidenziali a breve termine.
Ma cosa può fare un gruppo di contatto in queste condizioni? Chi potrebbe accettare proposte da una rappresentante dell'Unione Europea che ha dietro le sue spalle i grossi calibri che hanno già sparato ad alzo zero con il Presidente venezuelano in carica, scegliendo il suo avversario? L'Italia, per altro - come ha annunciato la Mogherini - dovrebbe fare parte del "gruppo di contatto". Ma chi andrà a rappresentare l'Italia in quel gruppo di kamikaze? E con quale mandato? Lo si vedrà nelle prossime ore. Nel frattempo le agenzie internazionali riferiscono che il comandante dell'esercito degli Stati Uniti, generale Mark Stammer, insieme con l'ambasciatore degli USA Kevin Whitaker, è arrivato in Colombia nella zona di frontiera di Cicuta. Il Presidente Trump, via twitter, ha ribadito che non esclude l'uso della forza. La cosa si spiega con il fatto che l'esercito colombiano non è sufficiente a fronteggiare, da solo, l'esercito venezuelano (che è ancora con Maduro, a quanto sembra). Ci vorrebbe anche il Brasile.

Ma il Presidente Bolsonaro è in ospedale, sottoposto a (pare) tre operazioni. Non uscirà presto. E i suoi generali non sembrano entusiasti di entrare in combattimento contro Caracas.

Dunque bisognerà mandare i marines a cercare una "Baia dei Porci" venezuelana.

Tratto da: it.sputniknews.com