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corsa stati uniti cina verso intelligenza artificialedi Michele Crudelini
Troppo costose e troppo poco remunerative, le missioni alla scoperta del cosmo hanno lasciato il posto ad un nuovo “eldorado”. Si tratta dell’Intelligenza Artificiale. Molto più concreta e terrena.

“La competizione tra Stati Uniti e Cina per l’Intelligenza Artificiale sarà come la corsa verso lo spazio degli anni ‘50”. Così si è espresso Jim Breyer, fondatore di Breyer Capital, in un’intervista rilasciata alla CNBC. Non è più lo spazio ad essere la nuova frontiera da conquistare.

Dallo spazio all’Intelligenza Artificiale, la nuova corsa all’oro dei giganti del mondo
Troppo costose e troppo poco remunerative, le missioni alla scoperta del cosmo hanno lasciato il posto ad un nuovo “eldorado”. Si tratta dell’Intelligenza Artificiale. Molto più concreta e terrena. Ma soprattutto meno costosa e più profittevole. Secondo il top manager intervistato, che lavora a contatto con le nuove tecnologie, la Cina “starebbe applicando il principio delle A.I. (Artifical Intelligence) su larga scala all’interno delle sue industrie”. Un modo per “raddoppiare o addirittura triplicare il business in soli 12-18 mesi”.

L’Intelligenza Artificiale serve esattamente a questo. Migliorare la pianificazione e il rendimento del lavoro al massimo della velocità. Il risultato così è scontato. Guadagni triplicati. Jim Breyer avverte però che gli Stati Uniti non stanno a guardare il rapido evolversi dell’industria A.I. cinese. Anzi. “Io penso che rimanga un alto livello di genialità e creatività nella Silicon Valley che continua e continuerà nel tempo”. Cina e Stati Uniti a confronto dunque in quello che sembra essere il comparto d’investimenti più attivo del momento. Ma tra i due giganti chi è realmente in vantaggio in questa nuova corsa all’oro?

La Cina punta a diventare leader nel settore entro il 2030
Lo scorso luglio 2017 la Cina annunciava al mondo la propria volontà di diventare leader internazionale nel settore A.I. Xi Jinping e il suo apparato hanno varato dunque un piano d’investimenti che possa coprire i prossimi tredici anni, sino al 2030. Pechino investirà 1 trilione di yuan, che equivalgono a 147,7 miliardi di dollari, nel settore dell’Intelligenza Artificiale. Come in tutte le pianificazioni economiche tipiche dei regimi socialisti, anche per le A.I. il piano è stato già puntigliosamente definito.

Nella prima parte, fino al 2020, gli investimenti saranno indirizzati verso il comparto “teorico” delle A.I. Ciò vuol dire che i migliori cervelli cinesi verranno utilizzati per sviluppare standards, politiche e codici etici in modo da regolare un settore altrimenti facilmente soggetto a incontrollabili derive. Il secondo step arriva fino al 2025 e sarà invece incentrato sul concreto sviluppo dell’Intelligenza Artificiale e la conseguente trasformazione dei comparti industriali.

Il terzo e ultimo passaggio, che arriva appunto al fatidico 2030, si pone come obiettivo il raggiungimento del primato mondiale cinese nel comparto delle A.I. C’è ambizione dalle parti di Pechino e un’attenta pianificazione statale con l’aiuto di colossi dell’high-tech come Alibaba e Baidu può davvero lanciare la Cina verso il nuovo “spazio”.

Start-up e libertà d’azione sono i principi negli Stati Uniti
D’altra parte gli Stati Uniti rappresentano un modello di sviluppo in A.I. molto differente rispetto alla Cina. Gli USA sono il Paese che ha dato i natali alle prime ricerche e conquiste del settore e la Silicon Valley rappresenta appunto il centro nevralgico di questo universo. Se il modello cinese è fatto di pianificazione e grandi imprese, quello americano si basa su start-up e un’ampia libertà d’azione.

Il portale d’informazione Quora elenca 34 tra le principali start-up americane predilette dagli investitori. Queste “piccole” realtà diventano poi il motore delle grandi compagnie americane. Facebook, Google, Amazon e Tesla sono le aziende statunitensi leader del settore e comprano idee e brevetti proprio dalle piccole start-up.

Negli Stati Uniti manca una comune visione d’intenti
A livello governativo la precedente amministrazione Obama aveva pubblicato nell’ottobre 2016 il “Piano Nazionale Strategico per la Ricerca e lo Sviluppo nell’Intelligenza Artificiale”. All’interno di questo veniva data molta enfasi ai pericoli che le A.I. potessero portare nel comparto del lavoro. Licenziamenti su larga scala e progressivo inutilizzo delle risorse umane. Il report proponeva dunque una coabitazione permanente tra uomo e A.I. C’è dunque una mancanza di visione comune tra le grandi imprese high-tech americane, che spingono per una diffusione a 360 gradi delle A.I., e l’amministrazione, che ha un atteggiamento più prudente.

Un fattore che, come riportato dal Foreign Policy, ha portato molti talenti americani delle A.I. ad emigrare in Cina. Se ci fosse dunque una bilancia ideale per rappresentare la corsa tra Cina e Stati Uniti, questa penderebbe sicuramente verso est. “Chiunque diventi leader in questo settore dominerà il mondo”, aveva dichiarato Vladimir Putin. Saranno dunque i prossimi quindici anni a sancire questa supremazia.

Fonte: occhidellaguerra.it

Tratto da: megachip.globalist.it

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