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trump donald con papa francesco c osservatorio romanodi Giulietto Chiesa
Prima di sparare 59 missili su un aeroporto siriano, Donald Trump aveva detto e ripetuto, enfaticamente, di essere "flessibile". Nella sua missione al di qua dell’Atlantico, passando per l’Arabia Saudita, Israele e Palestina, indi per l’Italia, poi a Bruxelles, infine al G-7 di Taormina, ha ampiamente confermato la sua stupefacente "flessibilità".
O, forse, ha viaggiato da Washington a Riyadh, e oltre, tenendo conto che in patria i suoi nemici gli stanno preparando una "festa" molto speciale. Fatto sta che - come qualcuno ha scritto - è sembrato più preoccupato di cancellare le sue promesse pre-elettorali che di confermarle. In ogni caso ai sauditi e a Netanyhau ha portato esattamente ciò che si aspettavano: armi per oltre 100 miliardi che serviranno a Riyadh per annientare lo Yemen; e a Israele (ma anche a Riyadh) la speranza che, prima o dopo, l'America si deciderà a colpire l'Iran.
Ha alzato il dito ammonitore contro i sauditi, dicendo che i primi a dover fermare il terrorismo sono proprio loro ma, nello stesso tempo, ha accusato Teheran di terrorismo, sebbene non vi sia traccia in Europa di terrorismo scita.

Qui il suo retroterra repubblicano lo segue senza problemi, essendo i repubblicani tutti schierati con Israele. Dunque l'avvertimento a Rohani, uscito da una strepitosa vittoria "moderata", è chiaro: smettetela di aiutare la Siria e Hezbollah, altrimenti vi lasceremo a soffrire sotto le nostre sanzioni.

Rohani dovrà dunque fare altre concessioni all'America, ma in una situazione interna che potrebbe diventare di nuovo turbolenta. Infatti gli sconfitti di Tehran erano già molto irritati per la giravolta americana dopo la conclusione dei negoziato sul nucleare. E ora non saranno certo più tranquilli.
La "flessibilità" si è fatta ancora più evidente a Roma. A quanto pare la Nato è diventata di nuovo importante agli occhi del nuovo presidente americano. In un primo tempo si era pensato che volesse visitare il quartiere generale di Bruxelles solo per intimare a tutti gli alleati nuove spese, fino al 2% del PIL. Ma a Roma aveva già cambiato registro. Adesso la Nato va potenziata e deve essere sempre più presente per "proteggere" l'Europa dalla "minaccia" russa.

Infatti a più riprese ha ricordato di avere fatto presente agli interlocutori russi di "non dimenticare" le loro responsabilità nella crisi ucraina del 2014 e successivi. Il che fa pensare che, nei colloqui brussellesi - dove troverà il bellicoso Macron a fianco della non meno bellicosa Angela Merkel - la richiesta italiana di riesaminare le sanzioni (cosa che Gentiloni gli aveva detto a Washington) difficilmente troverà un consenso.

Qualche voce dell'entourage americano ha fatto circolare l'idea che al G-7 potrebbe venire fuori la proposta di un ritorno della Russia in un G-8 futuro. Ma Tillerson ha fatto subito presente che Putin dovrà accettare "condizioni" - lasciandone imprecisato il contenuto - prima di essere riaccolta.
Dunque si va piuttosto verso un faccia a faccia Europa-Russia niente affatto tranquillizzante. La Nato ne esce più forte, anche nei sondaggi d'opinione dominati dai media mainstream, che riflettevano il timore di un Trump indifferente ai destini degli alleati. Ora, sotto l'ombrello della Nato, riaperto in tutto il suo splendore, tutti sono più contenti.

La "flessibilità" (ma si pensa solo diplomatica) Donald Trump l'ha mostrata anche a Francesco, assicurandogli, al momento del rapido congedo, di voler "attentamente riflettere" sul messaggio che il Papa gli ha consegnato in esplicito senso di sfida, regalandogli una copia delle sue considerazioni sui cambiamenti climatici e sul trattato di Parigi.

Forse Donald lo leggerà "attentamente", ma è molto problematico che preferisca la letteratura religiosa in materia di salvaguardia dell'ecosistema ai conti economici che gli presenteranno le grandi corporations americane. Ridurre la produzione di Co2 costa troppo all'economia americana.

Tratto da: 
sputniknews.com

Foto © REUTERS/ Osservatore Romano

 

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