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NEWS 261273di Giulietto Chiesa
In Bulgaria e Moldavia il fascino europeo evapora come un profumo di Chanel senza coperchio. Un ripensamento di massa coinvolge tutto l'Est Europa.

In Bulgaria (paese Ue) Radev ha stravinto contro la Tsacheva, portavoce di tutti i filo-Bruxelles, ed è ora presidente. In Moldavia (paese che l'Ue voleva impalmare) Dodon ha chiuso la carriera politica della pallida Sandu. E non perché la Sandu è pallida per natura, ma perché la signora è stata portata alla candidatura dalle forze pro-europeiste.

Il fascino europeo sembra, anzi è, evaporato come un profumo di Chanel lasciato senza coperchio. In Bulgaria (paese dell'Unione) Rumen Radev ha stravinto contro la Tsacheva, portavoce di tutti i filo-Bruxelles, ed è ora presidente. In Moldavia (paese che l'Unione voleva impalmare) Igor Dodon ha chiuso la carriera politica della pallida Maia Sandu. E non perché la Sandu è pallida per natura, ma perché la signora è stata portata alla candidatura dalle forze pro-europeiste.

È in corso un ripensamento di massa che coinvolge tutta l'area est-europea e che arriva fino a Budapest e a Praga e, per altri aspetti, coinvolge Varsavia e Podgoriza, Belgrado e Skopje. E la spiegazione è chiara: il potere di attrazione dell'"european way of life" è drasticamente diminuito. La crisi economica europea è solo in parte responsabile di quanto sta accadendo. Pesa l'assenza di una leadership europea; pesa la politica aggressiva di questa Europa verso la Russia; pesano gli eventi di Ucraina, dove l'Unione Europea si è accodata e ha partecipato attivamente alla Euromaidan, per tornarsene a Bruxelles con le pive nel sacco e con 40 milioni di speranze che non potranno essere soddisfatte.

L'Unione Europea ha appoggiato regimi corrotti e incapaci, purché antirussi. E ha incentivato la corruzione, invece che combatterla, rovesciando sulle capitali dell'ex Patto di Varsavia centinaia di milioni di dollari e di euro che sono andati a finire in gran parte nelle tasche dei suoi amici. Sia di quelli che già sono entrati - come appunto la Bulgaria - sia di quelli che, tramite una aggressiva politica di "buon vicinato", erano destinati a entrare. La Moldavia in testa alla lista, insieme ovviamente all'Ucraina.

Emerge ora un imponente malcontento popolare, unito a una buona dose di nostalgia. Il benessere non è arrivato, e nemmeno è arrivata la democrazia, lo stato di diritto, le libertà civili. La globalizzazione tanto attesa è rimasta fuori dalla porta a Sofia e a Chisinau, e negli spiragli aperti soffia il vento della tensione militare che contrappone la Nato alla Russia.
Il bilancio del "cambio di campo" non è positivo e gli elettori se ne sono accorti da tempo.
Non è per caso che sia Radev che Dodon hanno impostato la loro campagna elettorale annunciando espressamente la loro intenzione di un riavvicinamento multilaterale con Mosca.
Ma la crisi è più profonda di quanto appaia. E non c'è dubbio che "l'effetto Trump" abbia contribuito al suo precipitare, coniugandosi con lo scetticismo anti-europeo che ormai serpeggia anche in Europa occidentale.

È il progetto globalizzatore, violentemente omogeneizzatore, che non piace più. Specie se non porta lavoro e costringe a emigrare per trovarlo. Bruxelles dovrà ripensare la sua "politica di buon vicinato", che sta fallendo sotto gli occhi di tutti.

Fonte: it.sputniknews.com

Tratto da: megachip.globalist.it