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Risposta al ''Ribelle''
12 maggio 2010
Alessio Mannino, su www.ilribelle.com del 6 maggio scorso, ha scritto una nota che qui riportiamo integralmente con il titolo “Giulietto Chiesa vuole ‘andare oltre’, ma sceglie i giornali meno adatti”. Giulietto Chiesa gli risponde.


Giulietto Chiesa vuole "andare oltre", ma sceglie i giornali meno adatti


Nel giorno in cui il «Manifesto» annuncia di avere una nuova direttrice, Norma Rangeri, sul «Fatto» di ieri il mai domo Giulietto Chiesa si appella al “quotidiano comunista” e al giornale di Travaglio per proporre di fare “trincea comune” tra tutti coloro che si oppongono al regime berlusconiano. Non un cartello raccogliticcio di partiti, né l'ennesimo “tavolo” di concioni fumose e chiacchiere senza seguito, ma uno “strumento per parlare con l'opinione pubblica democratica e mobilitarla”, una Rai per una notte di tutti i giorni. E' il pallino di Chiesa: un medium che faccia controinformazione sbugiardando la pravda ufficiale di Raiset, così come la stampa asservita ai poteri economici. Lui ci prova da anni su internet, unico spazio rimasto sostanzialmente libero, col sito Megachip e più di recente con la web-tv Pandora (Pandoratv.it).

L'ottica in cui ragiona Chiesa è sempre quella di un marxista, per quanto intelligente: il frontismo di sinistra. Ma proprio lo spessore intellettuale che contraddistingue l'ex europarlamentare lo porta a mettere un punto fermo che ci interessa molto. Dice Chiesa: prima di ogni ipotesi politica bisogna elaborare dei contenuti. I contenuti di una “alternativa di sistema”, intesa nel senso più ampio. Per farlo occorre superare l'”incomprensione della crisi generale del mondo” che condanna il pensiero critico all'irrilevanza e all'impotenza.

Che quello che ancora si autodefinisce “di sinistra” , proprio per l'ostinazione a voler essere realmente tale, sia realmente critico, lo dubitiamo. Tuttavia la constatazione di Chiesa – chi si oppone non ha un bagaglio di idee attuali e penetranti rispetto alla realtà – è sottoscrivibile in pieno. In termini più prosaici, Chiesa sostiene una verità che è sotto gli occhi di tutti: contro l'ideologia unica del mercato e della globalizzazione che genera le devastanti crisi che subiamo, c'è il nulla. Prima dell'azione, perciò, deve venire il momento, necessariamente lungo, del pensiero.

Ciò di cui non ci raccapezziamo è come un Chiesa, che non è nato ieri, si illuda di affidare una battaglia culturale di tale respiro a due testate di cui una, il «Fatto», non ha nemmeno una “terza pagina” degna di questo nome; e l'altra, per quanto d'indole eretica, è pur sempre inchiodata ai polverosi schemi di Marx e epigoni vari.

Chiesa fa parte di quella chiesa, d'accordo. E si capisce perché accomuni i due giornali: lui scrive abitualmente sul «Manifesto» (perennemente agonizzante). Ma le sue invettive contro la cupola bancaria mondiale (fino a citare l'innominabile signoraggio), le sue accuse allo sviluppismo, la lucida requisitoria nei confronti del dominio imperiale statunitense, la denuncia dei centri di potere che manovrano nell'ombra, sono tutti elementi che lo alzano una spanna al di sopra del legalismo travaglista, dell'antiberlusconismo radical-chic dei Furio Colombo e pure dell'operaismo manifestardo.

Come può pensare, Giulietto, di dibattere lì i contenuti che lui sogna? Al massimo si può aprire qualche varco, accendere una luce, osare il controcanto (come fa il nostro Massimo Fini sulle colonne dirette da Padellaro, tanto per essere chiari). Magari anche, perché no?, mettersi in gioco in mirate iniziative comuni. Ciononostante, purtroppo – o per fortuna – una seria, coraggiosa e onesta ricerca della idee per un domani diverso la si può intraprendere solo con chi si ribelli all'antropologia modernista del “consuma, produci, crepa”. Non pare proprio che Padellaro e la Rangeri, tutti presi da Berlusconi e dalla falce&martello, rispondano a questo identikit. Per andare oltre bisogna prima di tutto volerlo.

Alessio Mannino

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La risposta di Giulietto Chiesa


Alternativa ha cominciato, se non ancora a volare, a rullare sulla pista. Proponendo le idee che l'hanno messa in moto non mi facevo illusioni che avrei potuto schiodare, d'un colpo e in breve, una situazione del tutto anchilosata.

Ma qualcosa si muove e presto, io credo, potremo fare un bilancio collettivo, anche grazie all'afflusso di adesioni “dalle basi” (il plurale è molto importante) superiore alle aspettative. Tra le cose che si muovono c'è proprio quello che mi premeva: attenzioni e segnali che vengono da settori diversi della galassia che si trova ora senza più rappresentanza nelle istituzioni.


Io ho definito questa galassia come una parte della “grande voragine” in cui diversi milioni di persone si trovano senza una “maniglia” cui aggrapparsi.


Alessio Mannino mi dà atto, condividendole, di alcune cose che ritengo molto importanti per tutti.


In primo luogo la questione cruciale che contraddistingue Alternativa da tutto il panorama attuale italiano: cioè, come scrive appropriatamente Mannino, che, “prima di ogni ipotesi politica” si debba “elaborare i contenuti di una «alternativa di sistema», intesa nel senso più ampio”. E che, “per farlo, occorre superare «l'incomprensione della crisi generale del mondo» che condanna il pensiero critico all'irrilevanza e all'impotenza”.


Meglio non si sarebbe potuto riassumere ciò che penso. Aggiungo solo che io sono consapevole che questa è impresa immensa, alla quale nessuno può giungere da solo: né uomini, né partiti, né movimenti. Chi avesse la presunzione di farlo si condannerebbe appunto all'irrilevanza.


E questo mi consente di replicare, tentando di correggere un'idea sbagliata: quella secondo cui io avrei in mente una riedizione del “frontismo di sinistra”. Non è quello che penso.


Alternativa non sarà né una organizzazione di sinistra, né un cartello, o fronte, di sinistra. In primis perché non credo che le sinistre attuali siano il luogo, al termine di una penosa parabola, dove trovare il meglio del pensiero critico. Io mi guardo attorno a 360 gradi, esplorando la “voragine”, ormai convinto che la crisi travalica i confini delle vecchie categorie di contraddizioni e di classi che ormai sono state stravolte e ricomposte in un nuovo puzzle, dove sono irriconoscibili (anche se esistono).


Io pongo il problema della sopravvivenza. Chiamo a vedere la crisi non come una delle tante, ma come una svolta senza precedenti nella storia del genere umano. Io pongo il problema di un partito che sia partito, nel senso tradizionale, con un programma di alternativa radicale di sistema, e che si faccia “media”, perché se non è tale non sarà “trasmesso” e resterà senza voce. E soprattutto perché bisogna invertire il movimento della Grande Fabbrica dei Sogni e delle Menzogne per combattere la mutazione antropologica dell'homo videns.


Ha di nuovo ragione Mannino, invece, là dove dice che il momento del pensiero è necessariamente lungo. Così è. La cosa difficile per tutti è che la crisi arriva a ritmi assai più stringenti, per cui dobbiamo sbrigarci.


Ma se si ritiene che quello che propongo “è pienamente condivisibile”, allora perché non si decide di tentare insieme, senza preclusioni, questa via nuova del pensiero e dell'azione?


Io sono pronto e, per questo, creo il contenitore di Alternativa: a disposizione di tutti quelli che vogliono fare un discorso comune all'altezza dell'emergenza in cui ci troviamo. Qualcuno potrebbe dire: e perché dovremmo venire con te? Perché non vieni tu noi?


Rispondo semplicemente: se vi fosse una proposta in grado di affrontare l'emergenza democratica e informativa che abbiamo di fronte, lo farei. Ma questa proposta non c'è. Non viene da nessuna parte. Vedo invece mille velleità settoriali che non sono capaci di elevarsi al livello della politica. E, infatti, nessuno chiama a raccolta. Per questo nasce Alternativa: perché vedo soltanto piccoli drappelli in rotta. O c'è qualcuno che pensa che stiamo vincendo, trionfando?


Io penso che così non vinceremo più e che la crisi si rovescerà su di noi in modo impietoso e violento.


Infine non è questione di chi va con chi. So benissimo che nessuno dei leader dei mille movimenti è disposto a fare un passo verso un'azione comune. Si chiacchiera da anni di azioni comuni, che non sfociano mai in nulla. E la ragione è, ancora una volta, la stessa. Se non si vede la radice della crisi non si può costruire una politica comune.


Io mi propongo, caparbiamente, di cambiare la rotta.


Mannino si sbalordisce perché io propongo al «Fatto» e al «Manifesto» di “farsi carico insieme”. E' molto difficile che lo facciano . «Il Manifesto», su cui ho scritto tante volte, non ha nemmeno pubblicato la mia proposta. E non ha nemmeno sentito il bisogno di spiegarmi perché non la pubblicava.


So che sono gli stessi che, con il loro silenzio e disinteresse hanno lasciato affondare la proposta di Pandora TV.


Ma so anche che di gran lunga non tutti i loro lettori la pensano in quel modo. So che la questione dell'informazione-comunicazione è ormai compresa da molti, che sono anche (non soltanto) i lettori di quei giornali. In ogni caso altri giornali “migliori” purtroppo non vedo.


E dunque, pur non illudendomi, faccio politica. Propongo, a chi vuole, di “mettersi in gioco” con iniziative comuni.


Se si capisce la portata di ciò che propongo, la sua inevitabilità (se si vuole risalire la china, naturalmente), allora non si dovrebbe temere di stabilire un contatto con Alternativa. Non abbandonando il proprio campo – cosa che non chiedo a nessuno – ma portando questa esigenza dentro il proprio campo, e portando il proprio campo dentro Alternativa.


Questo vale anche per Alessio Mannino, che ha capito cosa voglio fare, che lo condivide. E dal quale mi aspetto dunque che venga con noi per tentare insieme.


Giulietto Chiesa

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