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di Danilo Lollobrigida - 18 gennaio 2011
L’accordo FIAT di Mirafiori è stato imposto ai lavoratori con il peggiore ricatto: scegliere tra la possibilità di mantenere il posto di lavoro...
   




...e la difesa dei propri diritti.

Una scelta impossibile tra due diritti irrinunciabili. Tra le molte clausole, quelle che appaiono le più antidemocratiche ed anticostituzionali sono quelle relative alla rappresentanza sindacale. L’accordo impedirà ai lavoratori dello stabilimento le elezioni democratiche delle RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria) e li costringerà a subire l’esclusiva rappresentanza RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale), che potranno ottenere le sole organizzazioni sindacali firmatarie dell’accordo.

Le organizzazioni sindacali che non firmeranno l’accordo non avranno quindi alcun diritto di rappresentanza e non potranno tenere assemblee ed alcuna attività sindacale, indipendentemente dal numero di iscritti e dall’effettivo seguito tra i lavoratori.

Tutto questo con il plauso del Governo e di una parte dell’ipotetica opposizione.

Viene conseguentemente riproposto da molti commentatori lo stretto accostamento tra i contenuti di questo accordo e quanto voluto da Mussolini nel 1925 per il sindacato corporativo e conciliativo del periodo fascista.

Seppure sia evidente il possibile rischio di uno scenario di questo tipo, il riferimento agli anni ‘20 non risulta del tutto appropriato. Sulla questione RSA e sulla democrazia sindacale in genere, i sindacati confederali, inclusa la CGIL, hanno infatti alcune responsabilità storiche, anche recenti.

In realtà, l'utilizzo delle RSA in sostituzione delle RSU non costituisce una novità o un ritorno alle normative fasciste. Le RSA sono infatti previste nell’articolo 19 della legge 300/70, lo Statuto dei Lavoratori.

Tale Statuto prevede che possano essere costituite delle RSA ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, “nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva”.

In effetti, in questi anni vi sono state diverse sedi lavorative nelle quali i sindacati confederali CGIL CISL e UIL non hanno indetto le elezioni delle RSU, e vi sono stati anche diversi casi in cui le RSU si sono sciolte e non sono state effettuate nuove elezioni. In tutti questi eventi ogni organizzazione sindacale ha quindi eletto una propria RSA, in cui alcuni sindacati hanno deciso di eleggere con scelta verticistica i rappresentanti da loro preferiti, mentre altri li hanno fatti decidere dai propri comitati degli iscritti (il metodo abituale della CGIL). Quindi, la nomina degli RSA è un atto solitamente poco democratico, in quanto nel migliore dei casi il diritto di scelta è limitato ai soli iscritti al sindacato e altre volte avviene per nomina diretta da parte delle strutture sindacali.

fiatottocento

Il problema è che costituendo le RSA l’azienda può decidere di non riconoscere tutte le organizzazione sindacali o di riconoscere maggiore importanza ad alcuni sindacati rispetto ad altri, indipendentemente dal numero di iscritti e di effettivo seguito tra i lavoratori. Una delle regole possibili è ad esempio quella di interpretare in maniera restrittiva lo Statuto dei Lavoratori e di privilegiare o addirittura di riconoscere esclusivamente le RSA dei sindacati firmatari del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) di riferimento.

Considerando che, anche dietro pressione degli stessi sindacati confederali, risulta piuttosto difficile poter accedere al tavolo di trattativa di un CCNL e di averne un minimo spazio contrattuale, questo può essere un sistema per poter tagliar fuori una parte di rappresentanza dei lavoratori. Magari proprio quella che tende ad avere un approccio più “conflittuale” e meno “concertativo”, parola d’ordine dei sindacati confederali dall’accordo quadro del 1993 in poi.

Si nota in questo una notevole somiglianza con quanto riportato nell'accordo FIAT di Mirafiori.

Il meccanismo per il quale l'azienda decide di restringere il numero di RSA riconosciute e quindi di sigle sindacali con le quali parlare è nei fatti stato quasi sempre implicitamente accettato anche dalla CGIL. In quanto firmataria di tutti i CCNL, la CGIL veniva sempre inserita tra i sindacati con i quali trattare (seppure alle volte con meno “simpatia” rispetto a CISL e UIL).

In tutti questi casi la CGIL non si è mai stracciata le vesti perché i sindacati autonomi o i comitati di base venivano tenuti fuori dal tavolo delle trattative e della rappresentanza.

Laddove le RSU non venivano costituite e quindi i rappresentanti sindacali non venivano eletti dai lavoratori, la non elezione delle RSU permetteva ai sindacati confederali di garantirsi l’egemonia delle trattative sindacali tramite le proprie RSA, indipendentemente dalla presenza o meno dell’appoggio della maggioranza dei lavoratori.

Inoltre, anche il meccanismo di elezione delle RSU è stato appositamente studiato per favorire sensibilmente i sindacati firmatari del CCNL rispetto alle altre sigle.

Negli anni ‘80 le rappresentanze aziendali dei lavoratori erano costituite dai CdF (Consiglio di Fabbrica) e dai CdD (Consiglio dei Delegati), alle cui elezioni si poteva candidare individualmente qualunque lavoratore. Ogni elettore poteva indicare un certo numero di preferenze e i candidati che prendevano complessivamente più preferenze venivano eletti. Un metodo facile e democratico: i più votati venivano eletti.

Nei primi anni ’90 CGIL, CISL e UIL si sono accordate con le aziende e costituito le RSU. Mettendovi una serie di paletti per garantire la presenza di propri candidati e possibilmente raggiungere la maggioranza.

Con questo metodo non è più possibile candidarsi al di fuori di una lista sindacale. Un singolo lavoratore indipendente non può candidarsi. E' obbligatorio presentarsi all'interno di una lista di una sigla sindacale, anche autonoma, che si può anche costituire ex-novo, però tramite atto notarile (con relativi costi) e sostenuta da una certa percentuale di firme di lavoratori. Il fine evidente è quello di limitare e vincolare i possibili candidati indipendenti.

Come secondo vincolo, un terzo dei delegati eletti vengono riservati esclusivamente ai sindacati firmatari del CCNL (incluso un meccanismo di solidarietà tra le OOSS), indipendentemente dal peso reale di tali sigle sindacali in quel luogo di lavoro. Mentre gli altri due terzi vengono eletti tra tutte le sigle sindacali che si presentano alle elezioni.

E' anche importante valutare che il meccanismo di conteggio delle preferenze è proporzionale, e prevede il recupero dei resti.

Con questi tre meccanismi CGIL CISL e UIL si sono complessivamente garantite:

• di avere almeno un rappresentante eletto, persino nelle sedi lavorative dove hanno seguito praticamente nullo;

• di poter ottenere la maggioranza anche nelle sedi dove la rappresentanza delle sigle autonome sarebbe in realtà maggioritaria.

Quindi, le RSA hanno potuto costituire un meccanismo utilizzato congiuntamente dalle aziende e dai sindacati confederali (anche con la complicità della CGIL) per escludere o per limitare fortemente la rappresentanza locale dei sindacati autonomi e dei comitati di base. Mentre le RSU sono state un’applicazione della democrazia sindacale limitata, vincolata e deformata, ancora a vantaggio dei sindacati confederali.

In questi ultimi anni alle aziende ha cominciato a far comodo far fuori anche la CGIL e quindi si è prima arrivati all'accordo separato sulle regole di contrattazione e oggi agli accordi FIAT. Usando, in maniera estensiva, più o meno gli stessi metodi con i quali in precedenza sono stati limitati il ruolo e il potere dei sindacati autonomi e di base.

E' ovvio che l'estromissione della CGIL dal tavolo nazionale sulle regole con le quali costituire i contratti collettivi di lavoro, risulta essere una violazione della democrazia estremamente più grave rispetto alle singole limitazioni locali ai Cobas e a qualche sindacato autonomo, perché la CGIL è a livello nazionale il sindacato ampiamente più votato nelle RSU, il più seguito e con maggiori iscritti. Altrettanto grave la decisione di estromettere la FIOM, che è il sindacato di categoria della CGIL assolutamente maggioritario tra i lavoratori metalmeccanici, con differenze di iscritti e di sostegno tra i lavoratori assai rilevanti rispetto alle altre sigle. Si tratta quindi di due forzature gravissime ed inaccettabili.

Però, il principio degenerativo antidemocratico era già stato ampiamente applicato.

Seppure appaia particolarmente ingiusta la ricaduta sulla FIOM, la categoria sindacale CGIL certamente più rappresentativa e probabilmente dall’approccio più democratico.

La CGIL, rilevando il proprio crescente isolamento nei confronti degli altri sindacati confederali, sempre più orientati a una radicale variazione di ruolo da sindacato di rappresentanza a sindacato di servizio, negli ultimi anni ha finalmente cominciato a sostenere con sempre maggiore convinzione la necessità di sviluppare una legge sulla rappresentanza sindacale, che garantisca che i sindacati siano presi in considerazione sulla base della loro reale rappresentatività tra i lavoratori.

Gli avvenimenti degli ultimi anni e di questi ultimi giorni hanno reso tale esigenza assolutamente prioritaria. E’ infatti necessaria la realizzazione di una valida legge sulla democrazia sindacale, nella quale:

• Tutti i delegati sindacali aziendali devono venire eletti direttamente dai lavoratori, sulla base delle stesse regole valide per tutte le sigle sindacali. Senza possibilità di nomine dirette da parte di segreterie territoriali e senza percentuali di delegati garantite per alcuni sindacati in base a criteri precostituiti.

• Le sigle sindacali devono venire riconosciute dalle aziende e dal governo in base alla loro rappresentanza reale tra i lavoratori, misurabile tramite i risultati delle elezioni RSU e tramite la certificazione del reale numero degli iscritti.

• Le piattaforme di trattativa devono sempre essere discusse preventivamente con i lavoratori e successivamente ogni ipotesi di accordo deve essere valutata dai lavoratori prima di poter essere applicata. Nessun sindacato deve arrogarsi il diritto di trattare senza averne il mandato e di decidere qualcosa senza l’approvazione dei lavoratori.

Con tale legge i lavoratori avrebbero l’opportunità di recuperare un ampio controllo dei propri rappresentanti e della conseguente attività sindacale, riducendo sensibilmente il potere discrezionale delle strutture sindacali, e rendendo difficile la possibilità che qualche sindacato più o meno minoritario possa firmare accordi contro la volontà e l’interesse di chi lavora.

Tratto da: megachip.info



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