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di Alessio Mannino - 13 maggio 2010
Giulietto Chiesa risponde al mio articolo di giorni addietro relativo alla sua proposta chiamata "Alternativa" sul suo sito Megachip (la risposta, qui).
  




Del che ringraziamo, perché del dialogo, da queste parti, facciamo un vessillo. Cosa non comune alla maggior parte delle altre realtà che, in pratica, invece, dialogano solo con se stesse.

A quest'ultimo proposito, valga la citazione che trovate qui, nella nuova sezione del nostro sito dedicata proprio alle citazioni utili (e Ribelli).

E ora "Alternativa" e Giulietto Chiesa, dunque, parliamone. Il mio appunto al voler fare del Fatto e del Manifesto un tandem organico per sostenere questo abbozzo di “Alternativa” non era diretta alla finalità, ribadisco sottoscrivibile, di dare una vita ad una palestra di pensiero critico. Era l’appellarsi al solo campo di sinistra al quale i due giornali si rivolgono, che mi puzzava dell’ennesima operazione-ghetto. Al quotidiano comunista l’invincibile tendenza all’autoreferenzialità si conferma ancora una volta, come prova la mancata pubblicazione dell’appello. Il Fatto, meno condizionato ideologicamente, si dimostra più aperto.

Sulla diagnosi, Chiesa ha ragione al cento per cento. Settarismi, velleitarismi, orticelli e gare a chi ci mette il cappello: questa è la malattia, ormai senile, del mondo “anti-sistema”. Se ci aggiungiamo poi la incrostazioni reduciste di chi è fermo con la testa al secolo scorso, abbiamo chiare le ragioni per cui ogni gruppo d’opinione va per conto suo. Questa zappa sui piedi, almeno, Chiesa non se la dà più. Dice chiaro e tondo che non sogna una “cosa” di sinistra. Vuole guardare a 360 gradi. Ottimo: qui lo seguiamo. Gli steccati superati dalla realtà non hanno più senso, tutto è nuovamente in gioco, e per elaborare una visione della società - e della vita! - radicalmente opposta all’ideologia dominante servono immaginazione, spregiudicatezza, realismo e idealismo fusi insieme.

Lo seguiamo meno, invece, quando pensa ad un vero e proprio partito. Se Chiesa crede che un contenitore-apparato sia necessario subito per farne venir fuori il contenuto-idee, non siamo d’accordo. Il motivo lo spiega lui stesso: «Se non si vede la radice della crisi non si può costruire una politica comune». Scriviamole insieme, le nuove tavole di valori per una politica comune. Noi del Ribelle partiamo dal Manifesto dell’Antimodernità di Massimo Fini. Perché oggi si fa politica solo se ci si sforza di pensare il domani. E proprio perché la «mutazione antropologica» richiede una contro-antropologia - una cultura che rimetta al centro l’Uomo al posto dell’economia – proprio per questo bisogna invertire i tempi. Prima il pensiero, poi l’azione. Altrimenti, si finisce col mettere in piedi il milionesimo partitino per strappare un’ospitata da Santoro e finire nel mucchio degli anti-berlusconiani frustrati. Con sommo scoglionamento finale che volentieri vorremmo risparmiarci.

Sul dialogo, e sull'intervenire al dibattito, come sempre, siamo più che pronti. Abbiamo chiesto proprio oggi, anzi, una intervista a Chiesa (che avevamo raggiunto anche anni addietro in occasione della pubblicazione di alcuni suoi libri). Speriamo di poterla offrire a tutti i lettori al più presto.

Alessio Mannino


Tratto da: megachip.info

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