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di Aaron Pettinari
Cade l'accusa di calunnia a danno di Gianni De Gennaro

Lo scorso 10 febbraio c'era stata la richiesta formale degli avvocati Roberto D'Agostino e Claudia La Barbera oggi lo ha deciso la Corte d'Assise d'Appello: Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Vito, accusato e condannato in primo grado ad otto anni di carcere per la calunnia contro Gianni De Gennaro, esce definitivamente dal processo trattativa Stato-Mafia. Infatti la Corte, presieduta da Angelo Pellino (a latere Vittorio Anania) ha dato ragione ai due legali che avevano chiesto il "non doversi procedere" per intervenuta prescrizione già prima della pronuncia della sentenza di primo grado. D'Agostino e La Barbera avevano evidenziato come i giudici della Corte d'Assise avessero commesso un errore nel calcolo dei tempi delle sospensioni della prescrizione sul numero delle astensioni degli avvocati.
Una questione puramente tecnica.
Oggi la Corte, nell'udienza stralcio, ha emesso dunque la sentenza "di non doversi procedere essendo il reato prescritto per intervenuta prescrizione il 2 aprile 2018". Per effetto di questa decisione vengono revocate anche le statuizioni civili accessorie alla condanna inflitta in primo grado. La decisione è giunta dopo circa due ore di camera di consiglio. Ciancimino jr nei giorni scorsi è stato scarcerato per fine pena, ma non era presente in aula.
"Siamo soddisfatti della decisione della Corte che ha riconosciuto corretto il nostro calcolo dei termini di sospensione della prescrizione - hanno commentato i legali - Ci dispiace che il 20 aprile 2018 sia stata diffusa in tutti i tg e i giornali nazionali la notizia che Ciancimino era stato condannato alla severa pena di 8 anni quando invece il reato a quella data era già prescritto come riconosciuto oggi in sentenza".
Massimo Ciancimino nel corso del processo è stato sicuramente una figura importante, anche se per i giudici di primo grado la sua testimonianza ha assunto un valore "neutro" per giungere alle condanne degli altri imputati.
I giudici avevano ritenuto, nelle motivazioni della sentenza, "che non si possa e debba attribuire alcuna valenza probatoria alle dichiarazioni di Massimo Ciancimino per la sua verificata complessiva inattendibilità che ne impedisce qualsiasi uso, ma senza che, però, da ciò possa e debba farsi derivare una valutazione negativa sulla reale esistenza di fatti e accadimenti solo perché gli stessi siano stati eventualmente inseriti nel più ampio racconto dello stesso Ciancimino”.
Inoltre al figlio di don Vito veniva riconosciuto il merito del “risultato di avere stimolato il ricordo di testi fino ad allora silenti”. Un input, di fatto, indiscutibile, che ha portato anche a dichiarazioni straordinarie ed inaspettate (ad esempio Violante, Martelli e Ferraro, per citarne alcuni), che in diversi contenuti confermavano la versione data da Ciancimino jr.
Ed è anche grazie a questi elementi che oggi sappiamo qualcosa in più su quanto avvenne in quei primi anni Novanta di stragi e "dialoghi" a colpi di bombe.

Foto © Giorgio Barbagallo

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