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di Aaron Pettinari
Saranno sentiti Palmeri ed i pentiti calabresi su caso Mormile
Stralciata la posizione di Massimo Ciancimino

Si riapre l'istruttoria dibattimentale del processo trattativa Stato-mafia. La Corte d'Assise d'Appello di Palermo, presieduta da Angelo Pellino (giudice a latere Vittorio Anania), oltre ad aver acquisito una serie di documenti presentati da accusa e difesa, ha accolto le richieste dei sostituti procuratori generali, Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, per approfondire alcuni temi come la vicenda della "Falange Armata", l'omicidio dell'educatore carcerario Umberto Mormile (il primo fatto che fu rivendicato dalla misteriosa sigla), il coinvolgimento dei servizi segreti nelle stragi, e gli accertamenti sulla detenzione di Totò Riina a Rebibbia nell'estate del 1993.
Così, dovranno essere sentiti quattro collaboratori di giustizia calabresi (Vittorio Foschini, Salvatore Pace, Antonino Fiume ed Antonino Cuzzola), ed il pentito alcamese, Armando Palmeri.
Quest'ultimo, ex boss di Alcamo e factotum del capomafia Vincenzo Milazzo (ammazzato per vendetta dai corleonesi nel luglio del 1992), già sentito nel processo nisseno contro Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992 ed anche al processo 'Ndrangheta stragista, ha raccontato in quelle udienze degli incontri che vi sarebbero stati nell'estate 1992, con uomini dei servizi che "volevano mettere in atto una strategia di destabilizzazione dello Stato con bombe e attentati".

Delitto Mormile e Falange Armata
I collaboratori di giustizia calabresi, invece, dovranno essere sentiti su punti specifici di cui hanno parlato proprio a Reggio Calabria nel procedimento che vede imputati Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, in particolare sul movente ed i mandanti dell'Omicidio Mormile.
"Quanto alla loro pertinenza e conoscenza rispetto ai fatti di causa - ha detto il presidente Pellino leggendo l'ordinanza -, val rammentare che una parte cospicua dell'istruttoria dibattimentale di primo grado è stata dedicata all'approfondimento del tema di un possibile coinvolgimento di soggetti appartenenti agli apparati di sicurezza o di intelligence in vicende che fanno da sfondo o che intersecano quelle più specificamente oggetto del presente giudizio, e alla verifica dell'ipotesi che terzi ignoti possano avere concorso al reato di minaccia a corpo politico dello Stato per cui qui si procede: e ciò per le possibili ricadute sulla posizione di alcuni degli odierni imputati, accreditati di avere legami con apparato o esponenti qualificati dei Servizi, o addirittura attinti, direttamente o indirettamente, da propalazioni che li vorrebbero in contatto con esponenti di spicco di Cosa nostra per favorire l'avvento di nuovi scenari politico-istituzionali (strategia nella quale s'inserirebbero i fatti qui in contestazione), o legati ad ambienti interessati a quei nuovi scenari".
Nello specifico si deve ricordare che, così come avevano sintetizzato i Pg all'udienza del 9 dicembre, il collaboratore di giustizia Pace, coinvolto nell'omicidio dell'educatore carcerario Umberto Mormile, ha riferito del brindisi che uomini di 'Ndrangheta ebbero a fare in occasione delle stragi e delle morti di Falcone e Borsellino. Inoltre ha raccontato delle sinergie strette tra le organizzazioni criminali, Cosa nostra, 'Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita, in nord Italia, riunite in un organo denominato "Consorzio".
Il pentito Cuzzola ha parlato del coinvolgimento dei servizi segreti nell'omicidio Mormile, e del depistaggio su quelle indagini. Sempre dell'omicidio Mormile, di Falange Armata e Consorzio ha riferito anche Foschini il quale avrebbe inoltre appreso "nel dicembre 1992 che Bagarella e Brusca volevano porre in essere altri attentati terroristico mafiosi". Il collaboratore ha anche parlato dell'omicidio Scopelliti e degli accordi della 'Ndrangheta con i servizi di sicurezza per la copertura delle latitanze, in cambio della cessazione dei sequestri di persona. Il pentito Fiume invece, ha raccontato di rapporti tra gli esponenti apicali della famiglia De Stefano ed i Servizi, degli investimenti su Milano 2, delle stragi e delle attività del Consorzio.

La detenzione di Riina e l'informativa sul "telefonino"
Con il rinnovamento dell'istruttoria sarà approfondita la vicenda dell'informativa per cui Riina, nei giorni di agosto 1993, sarebbe stato in possesso di un telefonino cellulare, durante la sua detenzione presso il carcere di Rebibbia. Un dato emerso nel corso del processo durante l'audizione dell'ex funzionario del Dap Andrea Calabria, oggi presidente titolare della Corte d'Assise d'Appello di Roma.
Questi aveva raccontato dell'esistenza di una segnalazione riservata del ministro dell'Interno con una nota del Capo della Polizia in cui si ipotizzava che Riina, con l'ausilio di alcuni agenti penitenziari, avesse a disposizione un telefonino per parlare con l'esterno. E al contempo l'aveva relazionata all'esigenza di trasferire Riina dal carcere di Roma.
L'intera vicenda è stata approfondita dalla Procura generale che ha chiesto ed ottenuto di sentire Franco Battaglini, autore di quell'appunto Sisde e il capo centro del Sisde di allora, Maurizio Navarra che, sentito dalla Procura generale, avrebbe sollevato dubbi sul documento riferendo di non aver mai appreso una notizia simile.
Battaglini, da parte sua, avrebbe anche indicato alla Procura generale i nomi delle possibili fonti che, sentite a loro volta, avrebbero negato di aver mai riferito un fatto simile. Una vicenda particolarmente intricata.
Per approfondire tutti i contorni della vicenda saranno anche ascoltati Andrea Calabria, Carmelo Cavallo, Giovanni Salomone, Antonino Cosentito e Pietro Folena (ex segretario regionale Pds).
Inoltre la Corte ha anche disposto la citazione d'ufficio di Enrico Ragosa, ex direttore della struttura del Dap, per riferire anche dei suoi rapporti con Francesco Di Maggio, e sui contrasti all'interno del Dipartimento nel periodo tra luglio e novembre 1993.
Sono stati acquisiti anche i verbali di interrogatorio dei collaboratori di giustizia individuati come detenuti a Pianosa, all'epoca in cui era presente Giuseppe Graviano, nonché le documentazioni sulla vicenda della detenzione dei fratelli Graviano al carcere di Milano-San Vittore.
Ugualmente sono stati acquisiti i documenti presentati dalle difese di Mario Mori e Giuseppe De Donno come i verbali di interrogatorio e manoscritti di Vito Ciancimino, ma anche i documenti concernenti attività investigative condotte da De Donno, "nell'ottica difensiva utili per dimostrare che la collaborazione avviata con i carabinieri prima - e poi sviluppata con la Procura di Palermo - aveva contenuti e finalità diverse da quelle indicate dalla pubblica accusa". E poi ancora documenti sulla programmazione delle sedute in Commissione Parlamentare antimafia nel mese di ottobre 1992.
Verrà inoltre acquisita agli atti anche l'inchiesta sul misterioso suicidio in carcere del mafioso Antonino Gioè, la sua lettera - testamento, che suscitò i commenti dell'ex consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio e dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino e gli accertamenti sui suoi legami con Paolo Bellini, l'uomo vicino agli ambienti di estrema destra che tentò una trattativa con i boss per il recupero delle opere d'arte rubate.

Stralcio Ciancimino
La Corte d'Assise d'Appello ha anche disposto lo stralcio della posizione di Massimo Ciancimino, imputato per calunnia e condannato ad 8 anni in primo grado, accogliendo la richiesta della difesa.
In particolare i due legali, Roberto D'Agostino e Claudia La Barbera, avevano chiesto sentenza di non luogo a procedere "per intervenuta prescrizione". La Corte d'Assise ha deciso che lo "stralcio" sarà trattato nell'udienza del prossimo 16 aprile.

Foto © ACFB/Imagoeconomica

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