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di Aaron Pettinari
Oggi la richiesta ufficiale presentata nel processo d'appello

Lo avevano annunciato da settimane ed oggi i legali di Massimo Ciancimino, condannato in primo grado per calunnia nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro ad otto anni di detenzione, hanno chiesto alla Corte "di emettere sentenza di non doversi procedere ai sensi dell'art. 129 c.p.p." in quanto il reato si è "stinto prima della sentenza di primo grado". Sul punto gli avvocati Claudia La Barbera e Roberto D'Agostino, già nel ricorso in appello, avevano presentato un prospetto delle sospensioni della prescrizione che rappresenta un calcolo differente rispetto a quello che è stato presentato dai giudici della Corte d'Assise in primo grado. Ed oggi hanno argomentato il punto, anche aprendo alla richiesta di stralcio, davanti alla Corte d'Assise d'Appello presieduta da Angelo Pellino (Vittorio Anania, giudice a latere).
Il figlio di don Vito, sindaco mafioso di Palermo, per motivi di salute ad oggi non ha mai partecipato alle udienze. In primo grado, nell'aprile 2018, era accusato anche di concorso esterno in associazione mafiosa, imputazione da cui fu assolto.
Nel documento depositato i due legali hanno puntato duramente il dito contro i giudici di primo grado proprio per quel calcolo delle astensioni non valutato, a loro modo di vedere, in maniera corretta: "Le astensioni non si usano strumentalmente per interrompere i termini di prescrizione di un reato, né da parte degli avvocati - che d'altronde non potrebbero utilizzarlo come strumento dilatorio vista la sospensione dei termini di prescrizione a cui sottostiamo giustamente - ma nemmeno da parte dei giudici che devono sospendere i termini di prescrizione quando vi è un'udienza che si celebra nel giorno in cui è stata proclamata l'astensione e vi è una dichiarazione degli avvocati che aderiscono alla stessa". "D'altronde - proseguono - non vi è motivo di ritenere che la Corte di primo grado non conoscesse la norma del codice di autoregolamentazione che prevede che l'adesione all'astensione deve essere formalizzata in udienza o fuori dall'udienza con atto scritto e ciò si evince dal prospetto depositato dalla stessa Corte d'Assise - dice l'avvocato La Barbera - Giusta è infatti la sospensione dei termini dal "23/3 al 30/3/2017" perché la Corte dà atto che l'avvocato Di Peri aveva depositato dichiarazione formale di adesione all'astensione. Non è invece corretta la sospensione che va dal 4/5 all'11/5/2017, non essendovi in atti alcuna adesione formale dei difensori all'udienza del 28/4/2017 seppur riportata nel prospetto". Per l'avvocato "l'adesione infatti deve essere dichiarata (personalmente o tramite sostituto) all'inizio dell'udienza o in alternativa comunicata prima con atto trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero oltreché agli avvocati costituiti, almeno due giorni prima della data stabilita".
"Rispetto però all'atto di appello depositato nel settembre del 2018, è stato depositato in cancelleria nel dicembre del 2018, dalla Corte d'Assise di Palermo, che ha emesso la sentenza di primo grado, il prospetto delle sospensioni della prescrizione e dunque rispetto ai calcoli che avevamo fatto noi nell'atto di appello, vi sono dei giorni computati in maniera differente - ha denunciato La Barbera - Devo dire che il prospetto ci ha spiazzato non poco essendo state conteggiate tutte le astensioni indette dalle camere penali dal 2015 al 2018". "Nel processo di primo grado, in virtù dello spirito di collaborazione, abbiamo sempre cercato di organizzare i nostri impegni professionali, garantendo sempre la nostra presenza per assicurare lo svolgimento più celere possibile e per quanto fosse possibile, atteso che si trattava pur sempre di un processo particolarmente gravoso - ha aggiunto - Per tale ragione, molto spesso, come si fa d'altronde in tutti i processi, abbiamo cercato di organizzare in anticipo il calendario delle udienze ogni mese e cercavamo di limitare il più possibile gli impedimenti da parte nostra - e parlo di tutti gli avvocati - facendo enormi sacrifici. Leggendo il prospetto della Corte d'Assise di Palermo si evince - sorprendentemente - che allorquando era stata indetta un'astensione, questa udienza anche se non si svolgeva, anche se nessuno aveva formalmente dichiarato di aderire, è stata computata come dies a quo per far decorrere la sospensione della prescrizione fino alla successiva data dell'udienza che effettivamente si celebrava, fino ad arrivare ad un periodo totale di sospensione di 129 giorni". Ed infine ha concluso: "Ma dunque la mia domanda è: se l'udienza non veniva calendata perché in quel giorno era già prevista l'astensione, per quale ragione a far data da quell'udienza, che non si svolgeva, partiva il decorso del termine di sospensione della prescrizione fino al giorno in cui poi l'udienza si celebrava?".
Sul punto la Procura generale, rappresentata da Sergio Barbiera e Giuseppe Fici si pronuncerà sulla richiesta di prescrizione alla prossima udienza. Ugualmente la Corte d'Assise, sentite le parti sulle precedenti richieste di acquisizione nuove prove e richieste di audizioni ex art.507, dovrà pronunciarsi. Ancora oggi le difese hanno presentato delle richieste anche opponendosi a quelle della Procura generale in merito ad una serie di accertamenti che hanno riguardato, tra le altre cose, il presunto utilizzo di un cellulare da parte di Totò Riina mentre era detenuto al carcere di Rebibbia e il mancato trasferimento del boss al carcere di Solliciano a Firenze nell'estate del 1993. E ancora, le vicende relative alla doppia gravidanza delle donne di Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Brancaccio, avvenute mentre questi ultimi erano detenuti al 41 bis nel carcere Ucciardone di Palermo.
La difesa di Dell'Utri (avvocati Francesco Centonze e Francesco Bertorotta) ha preliminarmente ritenuto irrilevanti e tardive le richieste del pg, tuttavia non si è opposto all'acquisizione di alcuni dei documenti e verbali di sit (sommarie informazioni) prodotte.
Gli avvocati Basilio Milio e Francesco Romito, legali dei carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, oltre ad aver compiuto differenti valutazioni sull'episodio del mancato trasferimento di Riina hanno chiesto l'acquisizione di una serie di documenti inerenti i verbali di Vito Ciancimino, rilasciati alla procura di Palermo, la sentenza d'Appello Mannino sulla trattativa Stato-mafia, ed una serie di articoli di giornale, tra cui un'intervista ad Antonio Di Pietro. La corte d'Appello, scioglierà ogni riserva alla prossima udienza che si terrà il 2 marzo prossimo.