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Domani previste le richieste di pena
di Lorenzo Baldo e Aaron Pettinari
Giuseppe Graviano con le sue dichiarazioni è assolutamente genuino e spontaneo e privo di stimoli esterni”. Ne è assolutamente certo il pm Francesco Del Bene che alle esternazioni del boss di Brancaccio ha dedicato diversi passaggi dell’ultima parte della sua requisitoria. “Graviano - ha ricordato il magistrato rivolgendosi alla corte d’Assise - non parla a beneficio di telecamera o microspia. Abbassa spesso il tono della voce e il 19 gennaio del 2016 allude ad un’intesa con Berlusconi quando riferisce che l’imprenditore milanese, una volta vinte le elezioni, aveva preso le distanze ed era divenuto un traditore perché aveva reso definitivo il 41 bis”. Secondo i pm che rappresentano l’accusa del processo trattativa Stato-mafia “le parole del boss di Brancaccio evocano un rapporto di natura paritaria con Berlusconi” ed hanno ricordato le intercettazioni del 10 aprile 2016. “In quelle intercettazioni tutti i riferimenti portano a Berlusconi, una persona che aveva deciso di entrare in politica - ha ribadito Del Bene - Graviano dice che Berlusconi nel 1992 voleva scendere in politica tramite Dell’Utri, e poi ancora dice ‘ci vorrebbe una bella cosa’ e ‘mi ha chiesto sta cortesia’. Nel proseguo Graviano dice che a causa del suo arresto non hanno potuto definire gli accordi”.
Del Bene ha anche evidenziato le parole del boss del 22 gennaio 2016 quando al compagno d’ora d’aria diceva: “A gente non sapeva che cosa c’era di mezzo... si è fermato tutto... vergogna... occorreva un altro passo...”. “In quelle parole - ha detto il pm - si parla di un’altra stagione di stragi che non si è realizzata, ma l’ordine non è mai stato revocato”.

La montagna
Nella sua esposizione ha anche evidenziato un altro passaggio dell’intercettazione del 10 aprile 2016. Un passaggio ritenuto poco chiaro. “Avendo compreso che la discesa di Berlusconi aveva riportato il Paese nella normalità Graviano si era convinto a continuare quella stagione per avere più vantaggi per Cosa nostra - ha ricordato Del Bene - Si dovevano accordare. Gli interlocutori non volevano più le stragi ma lui voleva e quello ‘della montagna’ lo trovava eccessivo. Non siamo riusciti a capire questo passaggio”. Il sostituto procuratore nazionale antimafia ha anche indicato il riferimento ad una “fonte non identificata, quando andò a Milano 3 per mantenere i patti… non doveva essere un contatto diretto”. E sempre in quelle intercettazioni Graviano, seppur ristretto al 41 bis, cerca di dare l’incarico ad Adinolfi per trasmettere nuove minacce, parlando dei canali per far arrivare questi messaggi.

graviano giuseppe videoconferenza dailfatto

Giuseppe Graviano in videoconferenza durante un'udienza


La sinergia con la ‘Ndrangheta
Secondo l’accusa, inoltre, “gli attentati contro i carabinieri, i delitti di Reggio Calabria, l’attentato all’Olimpico rientravano nell’attacco alle istituzioni con l’obiettivo di generare una spirale di paura e tensione e determinare cedimenti. E’ Spatuzza a dire che in quel periodo Cosa nostra e ‘Ndrangheta avevano lo zenit di forza economica e criminale ed erano portatrici di interessi comuni. La loro sinergia si riverberava nella ricerca di nuovi referenti politici. E le organizzazioni mafiose, tramite le stragi, stavano facendo politica”.

Le parole di Cucuzza
Durante la requisitoria Del Bene ha anche parlato delle dichiarazioni di Cucuzza che di fatto ribadiva il ruolo di mediazione di Dell’Utri tra Cosa nostra e Berlusconi. Cucuzza aveva raccontato degli incontri tra Mangano e Dell’Utri e del tentativo di correzione del decreto Biondi, con l’inserimento sottobanco di disposizioni che favorivano Cosa nostra. Un intervento in pieno governo Berlusconi, che avviò un’accesissima reazione da parte di Roberto Maroni. “Le notizie sul decreto Biondi, in base al racconto di Mangano a Cucuzza, venivano date in anteprima proprio durante gli incontri con Dell’Utri a Como. Ed anche altri come Galliano hanno parlato dell’intervento di Mangano. Serviva per ricordare a Dell’Utri, e Berlusconi, la pressione di Cosa nostra”. Il processo è stato poi rinviato all’udienza di domani quando la Procura di Palermo concluderà la requisitoria e procederà alle richieste di pene.

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