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bisignani luigiIl faccendiere teste oggi al Processo trattativa Stato-mafia

di Aaron Pettinari

“Ho saputo che il Copasir vorrebbe parlare di quella cosa che... niente... il nostro (sembra dire) amico... non l'amico mio... ecco perché ci sta quel casotto al Copasir... Cioé praticamente... il presidente del Consiglio..”. E' l'otto ottobre 2010 quando Giuseppe Pecoraro, ex prefetto di Roma, telefona a Luigi Bisignani, l'ex giornalista e faccendiere implicato nell'inchiesta P4 (vicenda per cui ha patteggiato una pena a un anno e 7 mesi di reclusione). A Bisignani, dall'altro lato del telefono, bastano queste poche parole per dire “Sì, sì, ho capito perfettamente”.

A spiegare l'oggetto della telefonata intercettata nell'ambito dell'inchiesta sulla P4, il 23 febbraio 2011, era stato lo stesso prefetto, ascoltato dai magistrati napoletani a cui disse: “Io e il Bisignani facciamo riferimento alla vicenda inerente alle dichiarazioni del figlio di Ciancimino su De Gennaro e su Narracci, e cioé al fatto che il Ciancimino avesse detto che il signor Franco di cui si parlava nel noto papello era il mio amico Gianni De Gennaro; nella conversazione io dico al Bisignani di aver appreso che il Copasir avrebbe trattato e messo all'ordine del giorno tale argomento”. 
Ed è più o meno questa anche la spiegazione che ha dato Bisignani, chiamato oggi in aula come teste al processo trattativa Stato-mafia, su richiesta del difensore di Massimo Ciancimino, Roberto D'Agostino. Rispondendo alle domande del legale ha esordito negando qualunque appartenenza a logge massoniche (“Non ho mai fatto parte della P2, ero pure troppo giovane, allora c'era il vincolo di età”) per poi sminuire quella conversazione telefonica come un semplice commento su cose note e lette sui giornali. Quindi ha dichiarato di aver parlato di certi fatti solo in quella occasione e che, appunto, “il riferimento era alla vicenda siciliana del signor Franco e Ciancimino jr, sul fatto che al Copasir, alla cui presidenza c'era D'Alema, esprimevano preoccupazione e per evitare ogni forma di destabilizzazione... Pecoraro era legato a De Gennaro ed era dispiaciuto delle dichiarazioni di quel che stava succedendo. Ma io non mi sono mai interessato. Lui mi chiedeva spesso altri commenti su notizie di cronaca che c'erano sui giornali”.

Tuttavia, così come hanno fatto notare i pm Vittorio Teresi e Nino Di Matteo al teste, la notizia delle dichiarazioni di Ciancimino che indicavano De Gennaro come il signor Franco, divenne pubblica solo in un secondo momento (nel dicembre 2010 con l'inchiesta per calunnia a carico del figlio dell'ex sindaco mafioso, mentre la telefonata è di ottobre). Dunque come è possibile che i due si riferivano specificatamente a quel fatto? Inoltre, come aveva fatto Bisignani ad aver compreso quel che l'ex braccio destro di De Gennaro volesse intendere se nella conversazione non aveva mai fatto alcun nome? "È la parola Copasir ad accendere la luce" ha detto rispondendo al pm Di Matteo. Poi il faccendiere ha aggiustato il tiro ammettendo di aver parlato anche precedentemente a quella telefonata di quegli argomenti e di aver anche saputo di quelle che poi erano state le dichiarazioni di Pecoraro sul punto. Al contempo ha ribadito di non sapere chi sia Narracci, di non aver mai avuto frequentazioni con De Gennaro e di non aver mai saputo quale fosse l'ordine del giorno del Copasir. Inoltre non è riuscito a chiarire il motivo per cui fosse stato cercato dal prefetto Pecoraro: “Io non ho un ruolo in questo. Credo che volesse sapere se avevo sentito qualcosa sui giornali. Lui voleva rendersi utile per il prefetto De Gennaro. Io non diedi importanza alla telefonata... Certamente io non scrivevo in quel periodo e non ho mai scritto di questi argomenti”. “Quindi neanche nel suo ruolo di giornalista si giustifica quella telefonata?” ha insistito Teresi. “No, voleva capire il sentore che c'era a Roma... Io avevo collegamenti sui giornali” ha risposto ancora Bisignani.

La risposta, forse, sta in quanto venne scritto dai pm nella richiesta di misure cautelari per gli indagati dell'inchiesta P4. La circostanza che il prefetto di Roma e Bisignani “si preoccupano di sapere e di informarsi sugli ordini del giorno delle sedute del Copasir riguardanti evidentemente persone loro vicine è emblematica del ruolo riconosciuto a Bisignani nella gestione di notizie e di dati più che riservati”. Un fatto ritenuto ancora più inquietante tenuto conto che Bisignani “è soggetto assolutamente estraneo alle istituzioni dello Stato”.
 Il processo trattativa, poi proseguito con il controesame del collaboratore di giustizia catanese Giuseppe Di Giacomo, è stato infine rinviato a domani quando è previsto l'esame, chiesto dalla difesa di Mori-Subranni e De Donno, dei testi Francesco Messina, chiamato a riferire sull'incontro con Paolo Bellini nel settembre 1992, e l'ex ministro Dc Calogero Mannino. Quest'ultimo è coimputato del processo trattativa Stato-mafia che si è però celebrato in abbreviato e che ha visto l'assoluzione in primo grado per “non aver commesso il fatto”.

Dossier Processo trattativa Stato-Mafia